Monsignor Renato Boccardo è guarito dal Coronavirus
Nel silenzio e nella solitudine ho avuto abbondantemente il tempo di percorrere con il pensiero e con i grani del Rosario…
GUARITO – L’arcivescovo di Spoleto-Norcia e presidente della Conferenza episcopale umbra, monsignor Renato Boccardo, in una lettera pubblicata sul portale della Diocesi di Spoleto-Norcia racconta i giorni trascorsi in ospedale a causa della positività al Coronavirus:
“Non ero preparato (…) mi sono trovato come catapultato, da un giorno all’altro, in una situazione nuova, fatta di solitudine, di lunghi silenzi, di riflessioni articolate, di tempi prolungati di ascolto della Parola di Dio e di preghiera. E anche di un po’ di sofferenza”.
Nel silenzio e nella solitudine
In quei momenti il pensiero del presule è stato per tutti i malati lontani dai loro familiari, per chi se ne prende cura con dedizione e competenza, per quanti affrontano il passaggio della morte “soli con se stessi senza il conforto di una presenza e di una mano amica”. “Nelle lunghe ore passate sdraiato sul letto in compagnia della maschera ad ossigeno – prosegue monsignor Boccardo – ho potuto rileggere con calma il cammino della mia vita (…) Nel silenzio e nella solitudine ho avuto abbondantemente il tempo di percorrere con il pensiero e con i grani del Rosario tutte le strade della Diocesi, compiendo un autentico ‘pellegrinaggio’ alle diverse comunità, quasi una visita pastorale virtuale”.
L’arcivescovo di Spoleto-Norcia spiega di aver bussato “idealmente all’uscio di tutte le famiglie, condividendo la fragilità di questo tempo sconnesso e la trepidazione per la sicurezza economica e lavorativa o la disperazione per il lavoro minacciato o perduto”; di essersi accostato con affetto alle persone anziane e sole; di avere rincorso i giovani, “sempre più estranei e assenti”; di aver provato ad immedesimarsi nelle varie situazioni di vita dei suoi fedeli.
Un filo rosso e l’ascolto
“Riconosco un ‘filo rosso’ che collega e tiene insieme i diversi capitoli della mia vita, rivedo scorrere le opere e i giorni come in una sequenza e li rivivo, in una prospettiva di fede e di grazia (…) Oggi non sarei quello che sono e non potrei fare il poco che faccio se non avessi alle mie spalle questa lunga storia, fatta di fallimenti e di successi, di generosità e di egoismi, di lacrime e di consolazioni”.
Il presule aggiunge che “l’esercizio del ‘contare i giorni’” lo ha inoltre condotto a riflettere sul termine della sua vita terrena e che nell’affidarsi alla misericordia di Dio ha desiderato che di sé rimanesse “ben aldilà di qualche insegnamento e di qualche progetto e realizzazione pastorale e materiale”: il ricordo di qualche bene compiuto. Nel terminare la sua lettera, l’arcivescovo di Spoleto-Norcia considera poi che “in questo tempo così particolare” è più che mai “urgente e necessario ‘dimorare’ nell’ascolto orante della Parola del Signore, lampada che illumina il cammino (cf Sal 119, 105), per leggere la nostra esistenza personale e quella del mondo in cui abitiamo con lo sguardo di Dio”.
Ripartire dalla vita interiore
“Sono convinto che occorra ripartire dal primato della vita interiore – rimarca – (…) rischiamo di mettere in secondo piano le ragioni profonde dell’esistenza: coltivare e custodire una dimensione contemplativa è la sola risposta chiara al mondo irreale e insano nel quale abbiamo abitato fino a quando la pandemia non ci ha rivelato brutalmente la nostra fragilità e le nostre illusioni”. Per il presule è necessario “ritagliarsi un momento di distacco dall’incalzare delle cose, un tempo di riflessione, di valutazione della realtà alla luce della fede, per non essere travolti dal vortice degli impegni quotidiani”. Questo per guardare il mondo responsabilmente con la luce e la sapienza della fede cristiana, per condividere le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce del prossimo.
Il programma quotidiano
Infine monsignor Boccardo, citando Ratzinger e il suo libro L’Europa di Benedetto nella crisi delle culture, sottolinea: “Ciò di cui abbiamo soprattutto bisogno in questo momento della storia sono uomini che, attraverso una fede illuminata e vissuta, rendano Dio credibile in questo mondo (…) Abbiamo bisogno di uomini il cui intelletto sia illuminato dalla luce di Dio e a cui Dio apra il cuore, in modo che il loro intelletto possa parlare all’intelletto degli altri e il loro cuore possa aprire il cuore degli altri”. Quindi l’arcivescovo di Spoleto-Norcia conclude: “Me lo propongo come programma e come impegno quotidiano. E lo condivido volentieri”.