Papa Francesco ha presieduto questa mattina a Santa Marta una Messa con un gruppo di giovani Gesuiti, che avevano partecipato anche al pranzo con il Pontefice il 31 luglio nella Curia generalizia della Compagnia di Gesù. Nell’omelia, il Papa ha parlato della figura di San Pietro Favre, di cui ieri ricorreva la memoria liturgica. Compagno di Sant’Ignazio di Loyola e primo Gesuita ad essere ordinato sacerdote, Favre è stato dichiarato santo da Papa Francesco, con canonizzazione equipollente, il 17 dicembre dell’anno scorso. Alla Messa era presente anche lo studente gesuita Nicolò Mazza. Padre Bernd Hagenkord lo ha intervistato:
R. – Stare con il Santo Padre, avere un Papa gesuita per me significa molte cose. In particolare, ho sentito la sua presenza, le sue parole, anche il suo stile nello stare a tavola con noi, nel celebrare la Messa questa mattina come un invito forte, un invito molto incisivo a tornare a ciò che di più essenziale, di più autentico c’è nel carisma della Compagnia di Gesù e nella spiritualità ignaziana.
D. – Senti che lui è un gesuita?
R. – Direi proprio di sì, per la sua sobrietà, la semplicità, il modo molto concreto di porsi, di stare con noi … Ho avuto, in alcuni momenti, proprio l’impressione di condividere qualcosa con un confratello, con un fratello maggiore.
D. – Stamani nell’omelia ha parlato di Pietro Favre…
R. – Ha ricordato la figura di San Pietro Favre, decisiva nel cammino della prima Compagnia. Ha fatto riferimento allo stile di San Pietro Favre che era uno stile di vicinanza ma anche di discernimento, dicendo che avrebbe potuto scegliere di chiudersi in fondamentalismi, in idee chiare, senza correre alcun rischio e invece – nel più autentico spirito di Sant’Ignazio – San Pietro Favre ha scelto di stare con la gente, di stare con chi era lontano e di farlo secondo uno spirito di discernimento.
D. – E’ stato un momento intenso?
R. – E’ stato bellissimo. È stato un momento toccante, una celebrazione estremamente sobria, semplice, senza grandi cerimonie. Personalmente, alla fine, quando l’ho salutato, gli ho chiesto di poterlo abbracciare, allora lui mi ha stretto forte, forte a sé e mi ha detto: “Questo sì che è un abbraccio da veri uomini”. Poi, mi ha mostrato come invece, una volta, a lui era stato insegnato ad abbracciare i confratelli, con una certa distanza. Mi ha detto: “Questo non va bene. Mi è piaciuto di più il tuo abbraccio”.
A cura di Redazione Papaboys fonte: Radio Vaticana