Il diavolo è educato: le parole di Papa Francesco
(di Salvatore Cernuzio)
È stato accolto con una bandiera biancoceleste dell’Argentina, un bicchiere di Mate e un Rosario da collo indiano, Papa Francesco, dalle 200 Figlie di Maria Ausiliatrice – meglio conosciute come salesiane di don Bosco – di tutto il mondo, incontrate nella Curia generalizia di Roma, raggiunta questa mattina presto in automobile. Nella struttura in via dell’Ateneo Salesiano, è in corso dal 17 ottobre fino a domenica il 24° Capitolo generale sul tema “Comunità generative di vita nel cuore della contemporaneità”. Il Papa è voluto andare personalmente nella “casa” delle religiose, da decenni dedite all’apostolato tra i poveri e alla formazione dei giovani, per salutarle e augurare “buon lavoro” alla superiora generale neo eletta, madre Chiara Cazzuola, e ringraziare la superiora uscente suor Yvonne Reungoat, alla quale scherzosamente ha detto: “Mi auguro che madre Yvonne tornerà in Africa e se non c’è posto in Africa, in Patagonia!”.
Le stragi della pandemia
Dopo saluti, applausi e sorrisi il Pontefice si è seduto in ‘cattedra’ dinanzi ad un folto uditorio, e nel suo discorso, intervallato da ampi passaggi a braccio, ha incoraggiato il servizio delle salesiane di tutto il mondo, specialmente nell’attuale “contesto sociale multiculturale, segnato da tensioni e sfide a volte persino drammatiche, come quelle provocate dalla pandemia”. Un tempo “fragile e incerto”, ferito da numerose “forme di povertà che la crisi attuale ha prodotto e moltiplicato”, ha affermato il Papa. “È terribile questo – ha aggiunto -. Le povertà sono moltiplicate, anche le povertà nascoste”. Il pensiero è andato in particolare alle “tante famiglie benestanti o almeno nella classe media” che ora “non hanno il necessario per vivere”. “La pandemia ha fatto tante stragi”, ha affermato il Papa e ha raccomandato quindi alle suore di immergersi in questo scenario complesso sempre “radicate in Cristo” e, soprattutto, senza mai cedere alle tentazioni della “mondanità, nelle sue diverse forme e nei suoi travestimenti”.
La mondanità spirituale, il peggiore male per la Chiesa
La “mondanità spirituale” è infatti “il peggiore male che può accadere nella Chiesa”, è tornato a ripetere il Papa. “Posso dire quasi che sembra peggio di un peccato, perché la mondanità spirituale è quello spirito così sottile che occupa il posto dell’annuncio, che occupa il posto della fede, che occupa il posto dello Spirito Santo”, ha aggiunto a braccio. Alle suore il Pontefice ha proposto una lettura della Méditation sur l’Eglise del gesuita Henri De Lubac che nelle ultime quattro pagine affronta proprio questo tema: “Dice questo che è fortissimo: la mondanità spirituale è il peggior male che può accadere alla Chiesa, peggio dello scandalo ai tempi dei Papi concubinari. È forte. Il diavolo entra nelle case religiose per questa strada. A me aiuta per capire come entra il diavolo fra noi”.
Il diavolo “educato”
Proprio il diavolo, ha proseguito il Papa, ancora discostandosi dal discorso scritto, quando viene “cacciato via da una persona, se ne va, gira per deserti, si annoia, eppure dice: ‘Tornerò alla mia casa per vedere come sta’. Una casa tutta pulita, tutta bella, tutta preparata. E va, trova sette peggiori di lui e entra in quella casa. Ma non entra forzando, no, entra educatamente: suona il campanello, dice buongiorno. Sono diavoli educati. Noi non ci accorgiamo che stanno entrando. Così entrano lentamente e noi: ‘Ah, che bello, che bello, vieni, vieni…’. E alla fine, la condizione di quell’uomo è peggiore che all’inizio. Così succede con la mondanità spirituale”.
Fuggire dalla mondanità
Ci sono persone “che hanno lasciato tutto, hanno rinunciato al matrimonio, hanno rinunciato ai figli, alla famiglia… e finiscono – scusate la parola – ‘zitellone’, cioè mondane, preoccupate per quelle cose…”, ha proseguito il Papa. Perciò, “fuggite dalla mondanità spirituale”, ha raccomandato ancora alle salesiane, “e anche dallo status: ‘Io sono religioso, io sono religiosa’”. “È il peggio che può accadere”, perché “lentamente ti toglie la forza” e “invece di essere donne consacrate a Dio, diventano così ‘signorine educate’. Dove c’è il servizio missionario, dove c’è il servizio, dove c’è la mortificazione, di tollerarsi, di tollerarsi l’una l’altra. E San Giovanni Berchmans diceva: ‘La mia più grande penitenza è la vita comunitaria’. E ci vuole! Ci vuole tanta penitenza per tollerarsi l’una l’altra”.
Ma state attente alla mondanità spirituale. Non che per vivere ho bisogno di cambiare il telefonino, che ho bisogno di questo, di quell’altro, di prendere le vacanze sulla spiaggia… Sto parlando di cose vere. Ma la mondanità è quello spirito che ti porta a essere non in pace o con una pace non bella, una pace sofisticata.
Fedeli al carisma
L’antidoto per le consacrate è “la fedeltà creativa al carisma”, che “è una realtà viva, non una reliquia imbalsamata”. “È vita che crea e va avanti e non un pezzo di museo”. Allora la grande responsabilità “è collaborare con la creatività dello Spirito Santo, per rivisitare il carisma e far sì che esprima la sua vitalità nell’oggi”. Da questo deriva la vera “giovinezza”, come dimostrano quelle religiose e quei religiosi anziani “che sembrano più giovani”. “È il buon vino che con la forza dello Spirito aiuta a trovare nuove espressioni del medesimo dono che è il carisma, un carisma che è uguale per tutte, ma diverso per tutte”, ha detto il Papa. “È lo stesso, ma con delle nuance della propria persona”.
Relazioni intergenerazionali e interculturali
Papa Francesco ha quindi rimarcato l’“esigenza di far crescere comunità intessute di relazioni intergenerazionali, interculturali, relazioni fraterne e cordiali”.
Voi potete attingere per questo dal vostro spirito di famiglia, che ha caratterizzato la prima comunità, a Mornese, e che vi aiuta a cogliere nella diversità un’occasione per esercitare l’accoglienza e l’ascolto, valorizzando le differenze come ricchezza.
In questa prospettiva, bisogna “lavorare in rapporto con altre congregazioni, cercando di vivere relazioni di reciprocità e corresponsabilità”. “Ma questo si può fare bene se dentro la tua congregazione hai un bel rapporto… Non fuggire dalle altre congregazioni perché non sei capace di tollerare la tua”, ha pungolato il Pontefice. Così si sviluppa “un modo concreto di vivere la sinodalità”, nonché quello spirito di “apertura” alle “novità e soprese” dello Spirito Santo.
Un dovere custodire gli anziani
A proposito di intergenerazionalità, Francesco ha raccontato un aneddoto dei tempi dell’Argentina, risalente a circa una quarantina di anni fa, quando la madre generale di una congregazione religiosa – “una suora brava, per riorganizzare” – chiedeva un ricambio generazionale per svecchiare l’istituto. “Qui ci vuole gioventù”, diceva, perché a quel tempo c’erano tante vocazioni. “Le anziane erano tutte in una casa per anziani e le giovani a parte. Ma questo è un peccato, un peccato contro la famiglia”, ha esclamato il Papa. “Gli anziani devono vivere, nel possibile, nella comunità viva. E un dovere dei giovani è custodire gli anziani, imparare da loro, interloquire con i vecchi”. Anzi, per i giovani è proprio “un mestiere” quello di “essere capaci di avere le nonne, i nonni a casa”.
“Se in una congregazione non si dà questo scambio, è il cammino alla morte”, ha ammonito Francesco. In quella congregazione argentina, “le anziane morivano di crepacuore” che “veniva dalla tristezza di non poter godere le nuove generazioni”. “Portate questo con voi”, ha raccomandato alle salesiane, invitando a fare un esame di coscienza: “Come accolgo io gli anziani? È vero che i vecchi a volte diventano un po’ capricciosi – siamo così – e i difetti nella vecchiaia si vedono meglio, ma è anche vero che i vecchi hanno quella grande saggezza della vita: la saggezza della fedeltà di diventare vecchi nella vocazione”. “Mai isolare gli anziani”, ha insistito Papa Francesco, “e se ci saranno case per gli anziani che non possono fare una vita normale, sono a letto… andare lì continuamente, visitare gli anziani… Sono il tesoro della storia!”
Comunità generative
Francesco si è soffermato, infine, sul tema del Capitolo generale “Comunità generative di vita nel cuore della contemporaneità”. “Essere comunità generative” è l’impegno che le Figlie di Maria Ausiliatrice devono proseguire soprattutto nel servizio ai poveri e ai giovani.
Comunità missionarie, in uscita, protese ad annunciare il Vangelo alle periferie, con la passione delle prime Figlie di Maria Ausiliatrice.
La passione delle origini
Una passione “impressionante”, infatti, quella dei primi salesiani, ha rammentato il Papa, che “stupiva” i giovani. Anche qui Francesco ha richiamato un’esperienza personale, un libro – consegnato alla madre generale – di un sacerdote lodigiano, don Enrico Pozzoli, missionario in Argentina, che nell’introduzione raccontava dei salesiani inviati da don Bosco a Buenos Aires che non andavano nei quartieri di classe media, ma “sono andati lì a cercare le frontiere”.
E in queste frontiere, ha detto Francesco, hanno attirato vocazioni. Cosa ha attirato di loro? “La santità, lo zelo”. “Cercate, vedete questa missionarietà”, ha incoraggiato il Papa, soprattutto in mezzo ai giovani: “Non è facile accompagnare i ragazzi e le ragazze, nemmeno gli adolescenti. Lo sanno bene i genitori, e lo sapete pure voi”, ha ammesso. È per questo che nel 2018 ha indetto un Sinodo “per i giovani e con i giovani”, da cui è uscita l’esortazione Christus vivit. “So che la utilizzate; vi incoraggio a continuare a farlo: sono certo che lì potete trovare diversi spunti in sintonia con il vostro carisma e il vostro servizio educativo”.
La vicinanza di Dio
Ancora con uno sguardo al passato, il Papa ha ricordato i 150 anni di fondazione che l’Istituto si prepara a celebrare, anch’essa “un’opportunità di rinnovamento e di rivitalizzazione vocazionale e missionaria”.
Non dimenticate la grazia delle origini, l’umiltà e la piccolezza degli inizi che resero trasparente l’azione di Dio nella vita e nel messaggio di quante, colme di stupore, iniziarono questo cammino.
“Maria Ausiliatrice vi aiuterà: siete sue figlie!”, ha concluso il Papa. “Maria è la donna attenta, pienamente incarnata nel presente e sollecita, una donna premurosa. Così voi, possiate essere in ascolto attento della realtà, cogliere le situazioni di bisogno, quando manca il ‘vino’ cioè la gioia dell’amore, e portare Cristo, non a parole ma nel servizio, nella vicinanza, con compassione e tenerezza”.
Donne di speranza
Soprattutto tenerezza, ha concluso il Papa, perché è “una cosa bruttissima una religiosa arrabbiata, una religiosa che sembra fare colazione non con il latte, ma con l’aceto. Siate madri. Tenerezza… Lo stile di Dio è sempre la vicinanza”.
Tutti i giorni, nell’esame di coscienza, domandarselo: “Oggi, sono stato vicino? Sono stata compassionevole? Sono stata tenera?”. Andate avanti con questo. La parola tenerezza usatela tanto. È importante per il modo di essere.
Siate “donne di speranza”, è l’invito conclusivo del Vescovo di Roma, e farlo “con lo stile salesiano”: l’ascolto, la presenza attiva, l’amore per i giovani.