«Grandi cose ha fatto in me l’Onnipotente» (Luca 1,49). La versione in italiano delle parole in greco che l’evangelista Luca mette in bocca a Maria fa perdere una sfumatura rilevante in ambito di contenuto e brillante in ambito lessicale (anche se la redazione lucana è altrettanto traduzione da un originale parlato a Nazaret nella lingua aramico-ebraica). Alla lettera Maria avrebbe cantato : «io faccio grande (riconosco grande) il Signore» – «il potente ha fatto (ha preparato) a me grandezze – grandi cose». Siffatta attenzione alla formulazione letterale d’una frase, importante nel messaggio evangelico concernente la convinzione dell’umile serva del Signore che si è qualificata la vergine madre del Signore, scopre le relazioni vicendevoli tra lei e Dio in persona: quei vocaboli autobiografici riverberano una reciprocità nell’ambito delle grandezze. La stringatezza della formulazione lessicale – che corrisponde allo stile estremamente parco ed essenziale del fraseggio mariano – si limita al verbo fare (folto di significati nella prospettiva del dinamismo) e all’aggettivo neutro plurale cose grandi (anch’esso dischiuso su varietà di sfumature interpretative).
Maria conosceva nel proprio passato, sperimentava nel presente, coniugava nel futuro i contenuti delle grandezze che il Signore aveva fatto, stava operando, andava preparando. Maria dice che tutte le dimensioni del suo tempo vitale sono impreziosite da grandi cose. Con tutta evidenza risalta una sostanziale differenza: Dio è grande, Maria è scrigno di grandi cose; Dio fa cose grandi, Maria accoglie quelle grandi cose. L’umile veracità di Maria non le permette di appropriarsi dell’aggettivo «grande». Gli interpreti successivi -contemplativi, mistici, devoti, esegeti, fantasiosi fabulatori- sempre si sono sentiti incentivati a sondare le molteplicità di quelle grandezze nonché ad appellarla anche «grande». Maria dice quello che dice: grande è il Signore, lui il potente -onnipotente – ha fatto in lei grandi cose; come dire: io vado accogliendo le cose grandi che Iddio va facendo a me.
Quali sono le grandi cose, che Maria non elenca? Pure quel silenzio è eloquente, simile a gemme di riservatezza, preferenza a custodire in cuore la memoria dei grandi eventi, pudore nelle relazioni con il grande donatore, perle di umiltà nel proseguimento del servizio. Né lei né Gesù né altri tra le sue vicinanze descrivono qualcuna di quelle grandezze. Se lui vorrà, sarà Dio stesso a rivelare le grandi cose che fece e preparava alla vergine madre. Dopo, l’amorosa devozione ha gareggiato nel cantare le grandezze di Maria. Sono molteplici gli spiragli aperti sulle grandezze di Maria e la chiave per entrare oltre tali pertugi è teologale: tutto è dono per Maria, immacolato concepimento e assunzione, mediazione e maternità universale, maternità divina e verginità perpetua. Le «grandi cose» che Maria ha assecondato e maturato sono l’umile servizievole disponibilità alla parola radicale e coinvolgente dello Spirito santo, la progressione nella fede tra le luci di ispirazioni e le non-comprensioni di porzioni del progetto messianico, la solidità negli urti della spada trapassante l’anima e della croce immeritata ma glorificata, la beatitudine dell’ascolto silenziosissimo e indispensabile anche per lei medesima, l’umiltà dell’essere serva del Signore, la novità confortante dell’annuncio coraggioso che la misericordia del Santo si distende di generazione in generazione su quanti lo temono come aveva promesso. di Luigi M. De Candido