Il mistico funerale di Giovanni Paolo II: il mondo ha pianto
Vi ricordate il Vangelo posto sulla sua bara di Sn Giovanni Paolo II?
IL RICORDO – Giovanni Paolo II morì il 2 aprile 2005 alle ore 21:37 dopo due giorni dal peggioramento del suo stato di salute a causa di un’infezione dell’apparato urinario.
I funerali ebbero luogo sei giorni dopo, venerdì 8 aprile 2005, celebrati dal cardinale Joseph Ratzinger in piazza San Pietro, con la partecipazione di un altissimo numero di capi di stato e di governo (più di 200 delegazioni ufficiali) oltre ai rappresentanti di tutte le religioni.
Si è stimato che il rito sia stato seguito direttamente da 250.000-300.000 persone che affollavano la piazza e l’antistante via della Conciliazione, e, tramite maxischermi, da almeno 2 milioni di persone riunite a Tor Vergata e nelle piazze di Roma.
L’afflusso di pellegrini a Roma nei giorni precedenti al funerale fu particolarmente intenso e sono state stimate tra i 2 e i 5 milioni di presenze totali.
La cosa che rimarrà per sempre viva nella nostra memoria è quella semplice bara di legno e quel Vangelo, poggiato sopra, sfogliato da un vento misterioso, quasi mistico.
Oltre un milione di persone hanno partecipato a Roma ai solenni funerali di Giovanni Paolo II, solo in piazza San Pietro 300 mila persone e 200 tra capi di Stato e di governo, molti anche i rappresentanti delle religioni cristiane e non. Ha presieduto la celebrazione il cardinale decano Joseph Ratzinger. Il Papa fu sepolto nelle grotte vaticane.
Alle due letture in spagnolo e inglese, e al vangelo in latino, è seguita la predica di venti minuti di Ratzinger, interrotta 13 volte da scroscianti applausi, a cominciare da quando il Cardinale ha ricordato il forte legame di Giovanni Paolo II con i giovani. E mentre il vento girava le pagine del vangelo rosso appoggiato sulla bara (immagine che abbiamo già visto per il suo predecessore Paolo VI), il decano legge lentamente l’omelia scandendo bene le parole, quasi a voler fissare nel cuore di tutti questo memento «pieno di tristezza», ma anche «di gioiosa speranza e di profonda gratitudine».
Ricorda i momenti salienti della vita di Karol, fin da quando, giovane studente, «era entusiasta della letteratura, del teatro, della poesia». E poi da lavoratore «in una fabbrica chimica, circondato e minacciato dal terrore nazista». È allora, dice Ratzinger, che ha sentito la voce del Signore: «Seguimi!». Un invito che ha cambiato la vita al futuro Papa, che lo convinse a entrare nel seminario clandestino voluto dal cardinal Sapieha. Solo dopo la guerra Wojtyla ha potuto completare gli studi teologici all’Università di Cracovia. Egli è stato sacerdote «fino in fondo», perché «ha offerto la sua vita a Dio per le sue pecore e per l’intera famiglia umana». Ha servito la Chiesa soprattutto nelle difficili prove degli ultimi mesi. «Il nostro Papa – lo sappiamo tutti – non ha mai voluto salvare la propria vita, tenerla per sé», ha sottolineatto Ratzinger, «ha voluto dare se stesso senza riserve, fino all’ultimo momento per Cristo e così anche per noi».
A molti altri «Seguimi!» Wojtyla ha ubbidito nella sua vita. Nel 1958, quando è divenuto Vescovo ausiliare di Cracovia, incarico che lo ha costretto ha lasciare l’«insegnamento accademico», la «stimolante comunione con i giovani» e il grande «agone intellettuale». Ma soprattutto il 16 ottobre 1978, quando è divenuto Pastore della Chiesa universale. E solo grazie al suo radicamento a Cristo «ha potuto portare un peso che va oltre le forze puramente umane».
Forte l’immagine dell’evangelista Giovanni che il cardinal Ratzinger ha voluto richiamare. «Quando eri più giovane andavi dove volevi», ha detto pensando al forte Wojtyla, «ma quando sarai vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti cingerà la veste e ti porterà dove tu non vuoi». I primi anni di pontificato sono stati infatti ricchi di viaggi apostolici, ma poi, sempre di più il Santo Padre ha dovuto – suo malgrado – rallentare il ritmo. Fino all’agonia di questi ultimi tempi in cui «il messaggio della sua sofferenza e del suo silenzio è stato così eloquente e fecondo».
Tutti ricordano l’ultima volta in cui Giovanni Paolo II, segnato dalla sofferenza, si è affacciato alla finestra del Palazzo apostolico per la benedizione “Urbi et orbi”, ma ora «il nostro amato Papa sta alla finestra della casa del Padre, ci vede e ci benedice». Con un lunghissimo applauso la folla saluta per l’ultima volta la salma di Giovanni Paolo il Grande, che verrà sepolto nelle grotte vaticane.
Karol Jozef Wojtya era nato a Wadowice, in Polonia, il 18 maggio 1920.
Sua sorella minore morì poco dopo la nascita, la mamma Emilia quando aveva nove anni, suo fratello maggiore Edmund, medico, nel 1932 mentre suo padre nel 1941. Terminati gli studi nella scuola superiore di Wadowice, nel 1938 Wojtyla si iscrisse all’università Jagellonica di Cracovia.
Quando le forze di occupazione naziste chiusero l’università nel 1939, lavorò in una cava di pietra per guadagnarsi da vivere. Dopo la guerra Wojtyla continuò gli studi in seminario e alla Facoltà di Teologia fino alla sua ordinazione sacerdotale. Venne eletto Papa il 16 ottobre 1978 e fin dal principio del suo pontificato intraprese una vigorosa azione diplomatica: è infatti considerato uno degli artefici del crollo del muro di Berlino.
Il 13 maggio 1981 il giorno dell’attentato ad opera di Ali Agca. Salvato, disse, dalla mano della Madre di Dio, dopo una lunga degenza perdonò il suo attentatore, al quale fece poi visita in carcere. Indisse, tra l’altro, il Grande Giubileo del 2000 e le Giornate Mondiali della Gioventù.
Ha ricevuto in udienza numerosissimi capi di Stato e di governo, e durante le cerimonie religiose, le udienze generali e nel corso delle numerose visite pastorali in Italia e nel mondo, milioni di fedeli. Sei anni dopo la morte, il primo maggio 2011, venne proclamato beato dal suo successore Benedetto XVI, e santo il 27 aprile 2014, insieme a Papa Giovanni XXIII, da Papa Francesco.