CITTA’ DEL VATICANO – Lo sguardo misericordioso di Gesù sostiene il sacerdote nella fatica quotidiana della sua missione. Così è, da sessant’anni, per Jorge Mario Bergoglio. Divenuto vescovo di Roma sei mesi fa, stamani 16 settembre ha compiuto un passo decisivo per entrare nel cuore della sua diocesi. Nella basilica di San Giovanni al Laterano, cattedrale di Roma, Papa Francesco ha dialogato a lungo con il suo clero.
Nella prima parte dell’incontro — introdotto dal Veni creator Spiritus e da un passo del vangelo di Giovanni — il Papa ha parlato anzitutto della buona fatica del sacerdote per la missione in mezzo al popolo. Essere prete, ha assicurato, significa lavorare molto, perché la gente ha oggi più che mai tante esigenze. E la sensazione della fatica, ha aggiunto, comprende per il sacerdote anche domande forti su stesso, sulla bontà della propria vocazione e sulle rinunce che essa comporta, prima fra tutte la paternità biologica. Ma è una fatica che il sacerdote vive e supera con tutto il suo essere. Tra i vari esempi biblici a cui si è riferito, il vescovo di Roma ha indicato soprattutto Maria che, come diceva Giovanni Paolo ii, aveva una «peculiare fatica del cuore». Del resto, la preghiera e la vicinanza agli altri, a partire dal proprio vescovo, sono per il prete un antidoto efficace nei momenti di maggiore fatica.
Papa Francesco ha poi risposto alle domande di cinque rappresentanti del clero romano, affrontando insieme con loro alcune questioni centrali nella vita della Chiesa. Ha subito invitato i preti a essere coraggiosi, ad avere una giusta creatività, che non significare fare qualcosa di nuovo per forza, per arrivare alla necessaria conversione pastorale. Le parrocchie, ha raccomandato, devono essere sempre aperte e accoglienti, magari con il confessore a disposizione. Anche i laici che si occupano dell’amministrazione devono mostrare alla gente il volto accogliente della Chiesa. Si tratta, in buona sostanza, di trovare sempre nuove strade perché il Vangelo sia annunciato e testimoniato nelle realtà della vita quotidiana. Così è importare cercare nuove vie, adatte e adeguate alle persone a cui ci si rivolge: facilitando, per esempio, la partecipazione ai corsi pre-battesimali e coinvolgendo i laici in missioni di quartiere. In una grande città come Roma, ha riconosciuto il Pontefice, l’accoglienza cordiale non è sempre facile da organizzare. Ma le persone, ha rimarcato con forza, non devono avere mai l’impressione di trovarsi di fronte a funzionari con interessi economici e non spirituali.
Il vescovo di Roma ha suggerito poi di tenere viva la memoria della nascita della propria vocazione, del primo amore verso Gesù: è il sentimento proprio di un innamorato, e il prete deve esserlo sempre. Una Chiesa senza memoria, del resto, non ha vita. Proprio questo stile di memoria contribuisce anche a non cadere nella rischio della mondanità spirituale.
Un altro aspetto decisivo è saper dire la verità senza lasciare mai sole le persone in difficoltà. Infatti la verità di Dio va sempre di pari passo con l’accompagnamento personale. Non si tratta di essere di manica larga o rigidi: né l’uno né l’altro sono atteggiamenti misericordiosi. Bisogna invece ccogliere l’altro, accompagnarlo, proprio come Gesù con i due discepoli di Emmaus.
Papa Francesco non ha certo nascosto i problemi e gli scandali anche gravissimi, come la pedofilia, che toccano la Chiesa. Ma la Chiesa non crolla, ha assicurato rispondendo a un sacerdote che nel suo intervento si era riferito al sogno di Innocenzo iii che vide Francesco di Assisi sostenere l’edificio pericolante della Chiesa. E non crolla perché oggi, come sempre, c’è tanta santità quotidiana: ci sono molte donne e molti uomini che vivono la fede nella vita di ogni giorno. E la santità è più forte degli scandali. A questo proposito, il Papa ha raccontato il dialogo telefonico, avvenuto ieri, domenica 15 settembre, con una donna di Buenos Aires che gli aveva scritto una lettera su un tovagliolo di carta. A recapitarla al Pontefice era stato, venerdì, il direttore della televisione cattolica dell’arcidiocesi di Buenos Aires. La donna, che fa le pulizie nell’aeroporto della capitale argentina, ha un figlio tossicodipendente e disoccupato. E lavora per lui, sperando nel futuro del ragazzo. Questa è santità, ha commentato il Papa.
L’incontro si è concluso con tre domande sulle periferie esistenziali. Innanzi tutto il Papa ha ripetuto le parole pronunciate al centro Astalli, elogiando la generosità di Roma ma incoraggiando a fare ancora di più. E alle congregazioni religiose che hanno poche vocazioni è tornato a raccomandare di non cadere nella tentazione di aggrapparsi ai soldi ma di avere il coraggio di aprire le porte ai bisognosi.
Inoltre per il Pontefice la realtà si capisce meglio dalla periferia e non dal centro che, invece, fa correre il rischio di atrofizzarsi. E le periferie non sono solo quelle geografiche. Infine, il vescovo di Roma ha concluso l’incontro affrontando le questioni relative alla nullità del matrimonio, un tema che sta a cuore a Benedetto xvi. E ha reso noto che ci sono proposte, studi e approfondimenti in corso. Ne parleranno a ottobre il gruppo degli otto cardinali e il prossimo sinodo dei Vescovi. Queste situazioni, ha aggiunto, sono una vera e propria periferia esistenziale che esige coraggio pastorale, sempre nella verità e nella giustizia.
Ad accogliere il Papa al suo arrivo, venti minuti prima del previsto, è stato il cardinale vicario Agostino Vallini che nell’indirizzo di saluto ha raccontato come questo incontro sia stato messo in programma dal nuovo vescovo di Roma appena eletto. La diocesi ha fatto dono al proprio vescovo di un’icona raffigurante san Francesco che sorregge la Chiesa, opera del parroco don Massimo Tellan. Al termine, prima di far rientro in Vaticano dopo oltre due ore e dieci minuti, il Pontefice ha incontrato i frati minori che svolgono il ministero di penitenzieri nella basilica cattedrale di Roma. E li ha invitati a essere misericordiosi.
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