Da un anno l’Europa, ed il suo cuore ad est, è dilaniato da un feroce quanto interminabile conflitto che sta spazzando via intere città e quartieri dell’Ucraina: non c’è sosta nè tregua, c’è solo violenza a ripetizione che sporca gli occhi ed i cuori anche di coloro che vengono bombardati dai media ogni singolo giorno.
di Daniele Venturi
Il primo pensiero va ad una intera generazione di gioventù ucraina che odierà per mille anni i ‘vicini di casa’ della Russia, paese invasore, provocando una serie di reazioni a medio e lungo termine che nessuno storico o stratega dei nostri giorni è riuscito finora a cogliere nel profondo senso.
L’odio è purtroppo il frutto più diretto e tangibile di ogni guerra: odio che produce danni irreparabili alla società, vista come singole nazioni, e di sicuro anche a tutta questa povera umanità.
La vittoria della guerra non potrà mai essere il risultato finale, come da mesi dichiarano le parti in causa, sostenute a loro volta da nazioni o organizzazioni. L’unica vittoria prevedibile è quindi quella dell’umanità stessa, che coglierà una occasione imperdibile ed unica, per non attraversare la pericolosa soglia dell’autoannientamento possibile.
Come si vince questa guerra dunque? Non si vince uccidendo di più.
Vincerà chi si arrende per primo, perché la storia riconoscerà l’anelito della sapienza, vedrà lo sguardo di umiltà e futuro, che manca nelle bocche divoratrici di uomini e donne, alimentate da dinamite e scorie radioattive. Non esiste il ‘noi buoni’ e ‘loro cattivi’ quando si è costretti ad uccidere per sopravvivere, anche se si dovesse avere ragione.
Costruire la pace ha una sola strada logica: fermare le armi. Il loro roboante rumore. La loro potenza distruttiva.
Coloro che per interesse e mercificazione sostengono che gonfiando un paese di munizioni (peraltro scarse ndr) si costruisca la pace, sono con l’acqua alla gola, pronti ad affondare nella prossima ondata della propria ipocrisia. Oppure arricchiti dal ‘traffico’ di munizioni. Arrendetevi alla vita, alla speranza, al domani che verrà, che per i vostri figli (il domani) è già oggi. Fermatevi!