Salvatore Cernuzio – Inviato a Venezia per Vaticannews.va
“Gesù è venuto a portare agli uomini la vita eterna… Essa è un’acqua fresca, che egli dà, una fonte sempre zampillante”. La metafora dell’acqua, sulla quale Venezia sorge, e le parole di Albino Luciani, che di Venezia fu patriarca per circa un decennio. Si richiama a due simboli della città lagunare, Papa Francesco, nell’omelia della Messa celebrata in Piazza San Marco che conclude la visita di oggi, domenica 28 aprile, in questa città tra le più affascinanti d’Italia e del mondo della quale il Pontefice elenca “le problematiche che la minacciano” – cambiamenti climatici, fragilità di costruzioni e beni culturali, gestione del turismo, relazioni sociali sfilacciate – e alla quale lascia un preciso mandato:
Essere segno di bellezza accessibile a tutti, a partire dagli ultimi, segno di fraternità e di cura per la nostra casa comune
L’arrivo con i giovani sul ponte e il giro in papamobile
Sono circa 10.500 i fedeli presenti alla celebrazione del Papa nel quadrante architettonico, già luogo di concerti e manifestazioni, di fronte alla maestosa basilica che conserva le reliquie del patrono. Quelle a cui Francesco rende omaggio privatamente subito dopo la liturgia per un intimo momento di preghiera prima del congedo dalla città. Nella piazza il Pontefice giunge dopo aver attraversato in papamobile il ponte galleggiante da Santa Maria della Salute, seguito da un gruppo di ragazzi e ragazze in rappresentanza dei 1.500 giovani del Triveneto salutati poco prima fuori dalla Basilica. Lo accompagnano cantando canti della Gmg o con cori di “W il Papa”.
Jorge Mario Bergoglio compie per due volte il giro tra i fedeli assiepati tra i colonnati del Palazzo Ducale e gli spazi riservati ai bar storici, con i camerieri in fila in divisa che agitano le mani. Poi sale sul palco dove è sistemata l’icona della Madonna della Salute, a cui il Pontefice dona una rosa bianca, e anche una pala d’altare del Tesoro mai esposta al pubblico prima. Sulla sinistra, un pannello ricorda il motto scelto per la visita: “Rimanere nell’amore di Cristo”. Un versetto biblico ispirato alla pagina del Vangelo di Giovanni del tralcio e della vite, da cui il Papa snoda la sua omelia. “Gesù è la vite, noi siamo i tralci”, dice Francesco. Cristo “ci raccomanda di custodire il dono inestimabile che è il legame con Lui, da cui dipende la nostra vita e la nostra fecondità”.
Rami secchi senza il legame col Signore
Ma la metafora della vite, mentre esprime “la cura amorevole di Dio per noi”, d’altra parte “ci mette in guardia”
Se spezziamo questo legame con il Signore, non possiamo generare frutti di vita buona e noi stessi rischiamo di diventare rami secchi. È brutto, questo, diventare rami secchi, quei rami, che vengono gettati via
Senza cura e salvaguardia, Venezia rischia di cessare di esistere
Sullo sfondo di questa immagine usata da Gesù, il Papa rammenta la lunga storia che lega Venezia al “lavoro delle vigne”, alla “produzione del vino”, alla “cura di tanti viticoltori” e ai “numerosi vigneti” nelle isole della Laguna e nei giardini tra le calli. Dentro questa memoria non è difficile cogliere il messaggio della parabola, sottolinea: il Signore “moltiplica la nostra gioia” e “fa nascere germogli anche quando il terreno della nostra vita diventa arido. E tante volte il nostro cuore diventa arido…”. Ma la metafora di Cristo può essere letta anche pensando a Venezia, “città costruita sulle acque, e riconosciuta per questa sua unicità come uno dei luoghi più suggestivi al mondo”.
Venezia è un tutt’uno con le acque su cui sorge, e senza la cura e la salvaguardia di questo scenario naturale potrebbe perfino cessare di esistere.
Numerose problematiche
Così è pure la nostra vita: in noi scorre “la linfa” dell’amore di Dio, senza questo diventiamo “rami secchi, che non portano frutto”. Perciò quello che conta, rimarca il Papa, è “rimanere nel Signore”, inteso non come “qualcosa di statico” ma come invito a “metterci in movimento” dietro a Lui, a “crescere, crescere”, a “lasciarci provocare dal suo Vangelo e diventare testimoni del suo amore”.
L’amore è “il frutto” che i cristiani sono chiamati a portare nella vita, nelle relazioni, nella società, nel lavoro. “Se oggi guardiamo a questa città di Venezia, ammiriamo la sua incantevole bellezza, ma siamo anche preoccupati per le tante problematiche che la minacciano”, dice il Papa, elencandone una ad una:
I cambiamenti climatici, che hanno un impatto sulle acque della Laguna e sul territorio; la fragilità delle costruzioni, dei beni culturali, ma anche quella delle persone; la difficoltà di creare un ambiente che sia a misura d’uomo attraverso un’adeguata gestione del turismo; e inoltre tutto ciò che queste realtà rischiano di generare in termini di relazioni sociali sfilacciate, di individualismo e solitudine
Frutti di pace e solidarietà
In questo scenario, solo restando uniti a Cristo si possono portare “frutti di giustizia e di pace, frutti di solidarietà e di cura vicendevole”; si può optare per “scelte di attenzione per la salvaguardia del patrimonio ambientale ma anche di quello umano”: “Non dimentichiamo il patrimonio umano, la grande umanità nostra, quella che ha preso Dio per camminare con noi”, scandisce a braccio Papa Francesco. “Abbiamo bisogno – evidenzia – che le nostre comunità cristiane, i nostri quartieri, le città, diventino luoghi ospitali, accoglienti, inclusivi”.
Artisti capaci di diffondere l’amore
Un augurio a tutti i veneziani conclude l’omelia del Papa, quello di “respirare il clima della Biennale, che raccoglie, esplora e diffonde la multiforme ricchezza delle arti”.
Anche il Vangelo trasformando e modellando la nostra vita, ci vuole rendere artisti capaci di diffondere ovunque i frutti dell’amore e della gioia