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La terra dei fuochi e la camorra

fuochi1Oggi Francesco è a Napoli. In una città di problemi non risolti. RILEGGIAMO DAGLI ARCHIVI – Le piaghe del popolo causate dagli interessi di pochi gridano  giustizia al cospetto di Dio. Il degrado umano porta allo squallore. Quando non si ama, si genere solo morte, distruzione. Ancora oggi abbiamo tanti “Caino”, che fuggono al cospetto di Dio dopo aver ucciso per interesse ed invidia il proprio fratello. Ci sono tanti modi per trasgredire il comandamento del Signore: “non uccidere”. La malavita lo ha capito bene! E’ finito il tempo degli omicidi eclatanti. Ora si è aperta quella forma di distruzione umana subdola, diabolica, indimostrabile. E’ ciò che avviene nella terra dei fuochi, dove ogni giorno, muoiono tanti innocenti a causa della cattiveria umana. Il seguente colloquio tra due boss della camorra, è la prova più triste: “Mi sa che stiamo inquinando tutto con questa monnezza, perfino le falde acquifere», diceva uno. «E a noi che ce ne fotte – rispondeva l’altro – tanto noi ci compriamo l’acqua minerale”. La bonifica deve essere prima umana. Quando la gente andrà a prendere queste bestie fino a casa, forse cambierà qualcosa.
Padre Maurizio Patricello, sacerdote impegnato in prima linea nella difesa del popolo, tante volte è come il profeta dell’Antico Testamento. Tutti lo sentono parlare. Alla fine quale è il risultato? Ognuno torna nella sua casa senza aver fatto nulla. Fortunatamente ci sono tanti altri che spendono la oro vita affinché le cose possano migliorare. Ascoltiamo la sua voce:
“È facile mettere a tacere un uomo. Lo si è fatto tante volte. Basta un colpo di pistola o, meglio, una semplice calunnia. Lo si uccide. Lo si infanga. Passeranno anni prima che la storia gli ridoni dignità. Poi ne faranno un eroe. Gli porteranno alloro, gli dedicheranno piazze. Gli eroi ci condannano. In fondo li lasciammo soli. A Palermo, in primavera, per la beatificazione di padre Pino Puglisi mi sentivo a disagio. Il manto che indossavo, color sangue, leggero come un’ala, lo sentivo pesante più del piombo. Borsellino e Falcone. Due compagni di strada. Due grandi uomini. Irreprensibili. Coraggiosi. Onesti. Uccisi nonostante la scorta, nonostante la prudenza. È facile mettere a tacere un uomo. Il popolo, no. Il popolo sovrano, quando lotta per i diritti suoi e dei suoi figli è stupendo. È un fiume in piena. Il nostro popolo. La gente vera. Le mamme che non possono più fare la spesa. I papà che stamattina non vanno a lavorare.
I bambini che non hanno i libri per andare a scuola. Il futuro che non c’è. “ Napoli, ma non solo Napoli, è sull’orlo del collasso”, ha detto il cardinale Sepe nella festa di san Gennaro. A questi poveri è stata rubata anche l’aria che respira. Gliel’ hanno insozzata. Puzza. L’aria nei paesi a cavallo di Napoli e Caserta puzza. Un fetore nauseabondo si sprigiona di giorno e di notte. Un puzzo di bruciato che fa bruciare la gola, lo stomaco e l’animo. Che toglie la voglia di mangiare e di lavorare. A questi poveri è stata rapinata anche la terra dei loro avi. Una terra fertile e felice. Là dove sorgevano pescheti, meleti, vigne ci hanno messo la monnezza. Non la monnezza della nonna. Monnezza industriale. Monnezza tossica e nociva. Monnezza che uccide. Giugliano, Caivano, Acerra, Orta di Atella, Trentola, Casal di Principe, Santa Maria La Fossa… E potremmo continuare. Si misero insieme i cattivi.
La camorra fece alleanza con imprenditori disonesti. Politici collusi e corrotti annusarono l’affare e spianarono la via. Nel vangelo di domenica Gesù ci rimprovera: “ I figli di questo mondo verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce…”. Loro scaltri, noi ingenui. Si arricchivano i cattivi. Morivano i buoni. Bugie! Quante bugie ci sono state raccontate. Oltre al danno non poteva mancare la beffa: “ Siete incivili. Non sapete gestire i vostri rifiuti. Imparate l’educazione…” E noi pronti a vergognarci. A batterci il petto. A rimproverare aspramente chi gettava la carta a terra. Qualcuno aveva capito l’imbroglio e lo gridava al mondo. “ Non è la monnezza della nonna a far traboccare le discariche. Sono i rifiuti industriali. Andate a controllare. Andate a vedere che cosa ci hanno messo dentro”.
Ma una noce nel sacco non fa rumore. La si schiaccia facilmente. È facile infangare un uomo quando dà fastidio. Quanti soldi sono stati spesi. O, meglio, si sono mangiati. Bonifiche mai avvenute; commissioni di inchieste costate un occhio e poi messe a tacere. Venne il giorno in cui il popolo, stanco, deluso disse: “ Basta”. Non conviene esasperare il popolo. Stolti: quando lo capite? E cominciò a gridare. A manifestare. Scese per le strade. Riempì le piazze. Si possono sopportare tante cose, la morte dei bambini no.
È un dolore atroce, una sofferenza immensa. Anche ai preti, davanti alle bare bianche, si inceppa la parola. Balbettano. Bambini uccisi dalla leucemia. Giovanissimi genitori falciati dal cancro. Uno, due, tre… dieci, cento, mille. Cancro, leucemia. Leucemia, cancro.
Siamo impazziti? Il tempo è cambiato. Scendono in piazza i giovani. A Caivano, ad Aversa, ad Acerra, a Casale. Non più isolati gruppi di volenterosi. È il popolo che grida. È il popolo che pretende i suoi diritti. Popolo meraviglioso e buono. Sfortunato e malgovernato. Bistrattato e derubato. Umiliato e maltrattato. Il riscatto verrà dal popolo. Ne sono certo. Continuiamo a lottare. Rinunciando a ogni violenza. Con la forza della volontà e della ragione. Dell’indignazione e della speranza”. S.L.

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