Vicinanza profonda e solidarietà per tutte le famiglie che soffrono a causa dei tanti conflitti in corso, in particolare in Iraq e Siria: questo il contenuto del Messaggio diffuso ieri dal Sinodo sulla famiglia, che si tiene in Vaticano. Nel documento, si lancia un accorato appello per la pace e si ribadisce: “Nessuno può usare il nome di Dio per commettere violenza”, “uccidere in nome di Dio è un grande sacrilegio!”. Parole accolte con gratitudine dal patriarca di Antiochia dei Siri, Ignace Youssif III Younan che, al microfono di Paolo Ondarza della Radio Vaticana, racconta il dramma che stanno vivendo le famiglie cristiane in Iraq e Siria:
R. – Apprezziamo tanto il messaggio del Sinodo, stiamo seguendo ciò che avviene ai nostri cristiani sia in Iraq, sia in Siria. Abbiamo la fiducia che il Signore li aiuterà; per il momento la situazione è molto grave: prima di tutto i profughi della Piana di Ninive, come quelli di Mosul, che già da quattro mesi sono fuori dalle loro case; sono in Kurdistan e non sanno cosa fare, dove andranno, come passeranno l’inverno e dove mandare i bambini a scuola. Questo per noi è un dramma, un’ecatombe caduta su di noi. D’altro canto, anche dalla Siria le notizie non sono buone: l’espansione dell’Is – lo Stato Islamico – ci fa molta paura, non sappiamo cosa avverrà anche con i cristiani del Nord-Est della Siria, che sono assediati – infatti, questa espansione arriva fino ai confini con la Turchia, vuol dire che hanno assediato i nostri territori – abbiamo una vasta comunità di cristiani nella diocesi di Hassakè-Nisibi, ovvero la parte Nord-Est della Siria.
D. – Quali le condizioni delle famiglie costrette a fuggire: riescono a rimanere unite?
R. – Le nostre famiglie adesso non sanno cosa fare, dove andare, c’è un gran rischio che si dividano perché non tutti potranno emigrare. Non sappiamo cosa fare: aiutare queste famiglie a emigrare, aiutarle materialmente per i loro bisogni primari… È una cosa veramente tremenda ciò che adesso noi stiamo attraversando; e c’è grande indifferenza perché – si sa – ci sono altri problemi che interessano l’Occidente e non possiamo fare di più per destare interesse o per richiamare l’attenzione dei governanti, di coloro che hanno parola sulla scena internazionale, e intervenire veramente. Per esempio, per l’Is: se ne parla come se fosse un profumo. Adesso sta minacciando la città di Kobane. Noi qui abbiamo un genocidio: prima di tutto, nei confronti dei cristiani – da quattro mesi a Mosul e nella Piana di Ninive – poi verso le altre minoranze, come gli yazidi e altri; e questo accade sotto l’indifferenza, quasi, universale.
D. – Al tema del Medio Oriente sarà dedicato il prossimo Concistoro del 20 ottobre prossimo. C’è un appello che lei si sente di levare?
R. – Noi Patriarchi del Medio Oriente ringraziamo prima di tutto il Santo Padre per la sua sollecitudine. Sicuramente, ci saranno discussioni molto importanti sulla nostra situazione, per la sorte di tutti i cristiani del Medio Oriente, perché questo fanatismo, questo radicalismo che si espande – con il placet, o con l’indifferenza dei potenti – ci fa molta paura.