Tra le due Femen che a Bruxelles, davanti a una folla attonita, hanno preso a manganellate Gesù Maria e Giuseppe, e il preside Luciano Mastrorocco che a Bergamo proibisce il presepe per non discriminare – visto che sono tanti – chi è di religione diversa da quella cattolica, c’è la domanda su quali corde del nostro cuore fa risuonare il presepe. Non basta dire: è un simbolo della religione cattolica, perché una mamma con un bambino in braccio che nasce al freddo, è qualcosa di più.
È cattolico nel senso di universale non nel senso dell’appartenenza religiosa. Cioè, per intenderci, una processione del Corpus Domini la capiscono solo i cattolici, ma perché pensiamo possa offendere qualcuno la storia della nascita di Gesù in una città non sua, con dei genitori che non hanno chi li aiuti, senza casa, solo con stranieri e poveracci? Perché, poi, proprio un bambino straniero dovrebbe sentirsi offeso più di un italiano? Al contrario, uno straniero può dire, più di un italiano: guarda è come me.
Ce la ricordiamo la storia del presepe? È la storia di tutti, per questo va benissimo in una scuola che è di tutti. Non c’è bisogno di una catechesi cattolica per amare il presepe, per capirlo. Ci metti gli elementi base – Gesù Madonna e san Giuseppe – e poi, giorno dopo giorno (questa è la preparazione al Natale) ci metti quello che vuoi: pezzi di lego, due marziani, una giraffa più alta della capanna, un Pokemon, Peppa Pig, leoni e elefanti, due soldatini, il lavoretto dell’asilo del più piccolo, tutti i manufatti prodotti nelle prime influenze di novembre per far passare la giornata. Così, il ventiquattro sera, mentre i nonni stanno salendo per il cenone, il più piccolo di casa butta tutto a terra con una pallonata, e questo è il presepe: non offende nessuno perché non parla ma si lascia guardare. Non sovrasta nessuno perché ha spazio per contenere anche i Puffi. L’unica preoccupazione che avrei come preside è di togliere il muschio, ci fosse qualche bambino allergico. Il presepe è una storia e il bambino rimane incantato dalle lucine dentro le case.
Ho detto apposta casa, perché dove noi vediamo simboli, prevaricazioni, libertà soppresse, loro vedono una casa e un bambino. Questo è il presepe cattolico, nel senso di universale. E lo stesso vale per le due Femen che hanno preso a manganellate il presepe a Bruxelles. Non ci sono tanti ragionamenti da fare. Anche qui, siamo davanti a molto di più che il simbolo di una religione. Alle Femen basta dire che non si cavano gli occhi alle bambole. Non si staccano le braccia alle Barbie. Non si calpestano i soldatini. Non sono regole scritte. Non te lo insegna nessuno perché non ce n’è bisogno. Un bambino lo sa che non si fa. Perché i giochi non sono semplici cose. I giochi sono quelli cui noi raccontiamo i segreti, a loro facciamo fare le imprese che noi faremo da grandi.
Un bambino lo sa. Che una donna – una ex bambina – prenda a manganellate un bambolotto che raffigura Bambin Gesù, non rispetta nessuna regola. Prende a manganellate la propria storia, una storia che viene prima della storia di chi crede al Natale. Perché a quella donna velata, al suo sposo e a quel bambino, sussurriamo i nostri segreti e affidiamo le nostre imprese, le nostre vite. Basta aver giocato una volta nella vita per saperlo.
Di Don Mauro Leonardi
Articolo tratto da IlSussidiario.net