In quel tempo, Gesù disse: «Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per le vostre anime. Il mio giogo infatti è dolce e il mio carico leggero». Matteo 11,28-30
Soffro un po’.
Soffro perché sono egoista.
Ti amo ma a volte sono egoista.
Vorrei venire solo io da te.
Vorrei che dessi ristoro solo a me.
Vorrei che il tuo giogo, le tue braccia, abbracciassero solo me, fossero solo su di me.
Si, sei dolce e leggero.
E vorrei il tuo peso solo per me.
Ma non saresti tu.
Non sarebbe amore.
E invece io amo te.
Ed è proprio amore.
Amore grande.
Amore mio.
Sto arrivando.
Vado piano, ma sono così stanca.
Sto venendo.
Il peso, la fatica.
Mi opprimono.
Eccomi.
Sposto i capelli.
Tocca il mio collo, le mie spalle.
Poggiati.
Guidami.
Fammi mite.
Fammi umile.
Dammi il tuo cuore e saprò portare il tuo giogo.
Dammi la dolcezza delle tue braccia per guidarmi.
Dammi la leggerezza del peso, del tuo peso.
Trovo ristoro solo sotto di te.
Aiutami.
Aiutami, amore mio.
Prima mi chiami.
Prima mi dici vieni.
Prima mi prendi.
Me, la mia stanchezza, la mia fatica.
Tutto, tutto.
Prima mi ristori.
Prima mi calmi.
Prima mi levi i capelli dal viso, i pesi dal cuore.
Poi.
Poi mi offri il tuo cuore.
Poi.
Poi mi offri ristoro per la vita.
Poi mi poggi le mani intorno.
Le braccia sul collo.
E così mi guidi.
E così andiamo.
E così è amore.
C’è un peso che ha bisogno di due braccia. Che si stringono.
C’è un giogo che ha bisogno di due spalle. Che si toccano.
C’è una stanchezza e una fatica che hanno bisogno di due sguardi. Che si incrociano.
Ci vogliono che siamo due.
Per trovare la vita.
Per passare la vita.
Chiama il mio nome.
Vengo.
Insegnami la tua mitezza.
Ti ascolto.
Dammi il tuo cuore.
Lo prendo.
Dolce amore mio.
Leggero amore mio.
Di Don Mauro Leonardi