Il viaggio del Pontefice ha un grande valore anche per le comunità non cristiane dello Sri Lanka. Una docente buddista: “Dobbiamo pensarci come appartenenti a un’unica nazionalità, a prescindere dall’etnia, dalla fede o dalla casta di appartenenza”. Attivista musulmano: “I nostri leader religiosi e politici seguano il suo esempio”.
Superare le differenze etniche e religiose, per imparare a considerarsi tutti parte del popolo dello Sri Lanka. Sono queste le speranze di alcuni buddisti e musulmani del Paese, che ad AsiaNews raccontano che senso ha per i non cristiani la visita di papa Francesco, . Nell’ex Ceylon i buddisti sono la religione di maggioranza (76,7%), seguiti da musulmani (8,5%), indù (7,9%) e cattolici (6,1%).
Per la dott.ssa Pushpa Ramlani, buddista e docente di scienze sociali a Colombo, il viaggio di papa Francesco in Sri Lanka “è una benedizione. Ho fatto il liceo al St. Ursula’s Convent di Badulla e sono stata cresciuta nel rispetto di tutte le religioni, le culture e le etnie. Anche i miei genitori, buddisti come me, mi hanno trasmesso lo stesso. Se desideriamo vivere in pace e in armonia nel nostro Paese, allora dobbiamo lavorare insieme, noi membri di religioni e gruppi etnici diversi. Gesù ha insegnato ad amare il nostro prossimo come noi stessi”.
Per attuare questo, spiega la professoressa ad AsiaNews, “noi srilankesi dobbiamo pensarci come appartenenti a un’unica nazionalità, a prescindere dall’etnia, dalla fede o dalla casta di appartenenza. La nostra prima priorità deve essere quella di [creare] una società pluralistica. E credo davvero che anche il papa si auguri lo stesso per noi”.
Dinasena Rathugamage, un giornalista di Vavuniya, spiega: “Come buddista, ho grande rispetto per papa Francesco, perché è il leader spirituale di milioni di cattolici nel mondo. Egli rappresenta un esempio da seguire non solo per quello che dice, ma per come si conduce nella vita”.
I leader politici dello Sri Lanka, sottolinea, “dovrebbero seguire quanto detto oggi dal papa, che ha ricordato come ‘il processo di risanamento richiede di includere il perseguimento della verità, non con lo scopo di aprire vecchie ferite, ma piuttosto quale mezzo necessario per promuovere la loro guarigione, la giustizia e l’unità'”.
“Anche noi amiamo questo papa – racconta Abdul Rasak, attivista musulmano per i diritti umani originario di Kurunegala – perché è stato critico in passate occasioni, e ha fatto i passi necessari per risolvere alcuni scandali. Nel fare questo, egli ha mostrato che ci può essere una trasformazione sociale persino nella Chiesa. Questa è una buona lezione per tutti noi: i nostri leader politici e religiosi devono seguire il suo esempio”.
Fonte: AsiaNews