Propongo alla vostra cortese attenzione l’intervista rilasciata al “Giornale Letterario”, di Salvatore Severi in occasione della pubblicazione del suo saggio “il linguaggio politico dell’Islam”. Cerchiamo insieme di creare una cultura della conoscenza per poter crescere come popolo in cammino nella diversità, facendo riferimento alle radici che hanno fondato la società europea ed a cui ogni forma di dialogo multiculturale deve fare riferimento.
Come è nata l’idea di scrivere su una tematica così delicata come quella che riguarda la religione islamica e i rapporti che i Paesi islamici hanno con il mondo occidentale, in particolare con l’Europa? Per chi, come la maggioranza degli occidentali, concepisce la religione come qualcosa che appartiene alla dimensione spirituale dell’esistenza, l’Islam appare come un fenomeno nuovo e per certi versi incomprensibile. Per i musulmani l’Islam non è soltanto un sistema di fede e di culto, o per così dire una sfera dell’esistenza distinta dalle altre. Esso indica piuttosto il complesso della vita e le sue norme comprendono elementi di diritto civile, di diritto penale e persino di quello che noi chiamiamo diritto costituzionale. Esso si propone, infatti, come din-dunya-dawla, ossia religione-società-stato, incorporando dimensioni private e pubbliche in una sola grande realtà. Attorno ad essa chiama a raccolta tutti i fedeli della umma, la “comunità” nella quale si riconosce un miliardo e duecentomilioni di persone. Una comunità senza dubbio composita e articolata, che, tuttavia, presenta molti tratti comuni nell’approccio alla realtà e nei modelli di comportamento che propone. L’obiettivo di questo Saggio è, appunto, quello di studiare l’Islam per comprendere in seguito che cosa sta accadendo in Europa.
A cosa si riferisce? Mi riferisco alla lunga escalation di azioni criminali, con le quali la minaccia terroristica islamica ha iniziato a pesare sull’Occidente e sui Paesi islamici che con esso intendono dialogare. Al coinvolgimento di musulmani europei nelle file del jihad. Al reclutamento, da parte di Al-Qaida, tra gli studenti e gli ambienti borghesi d’Europa e la localizzazione dei centri di finanziamento degli stessi integralisti all’interno degli Stati dell’Unione Europea. Non possiamo dimenticare l’assassinio ad Amsterdam del regista Theo van Gogh, grande critico dell’Islam. Le violenti reazioni in tutta Europa e contro gli uomini, luoghi e simboli occidentali nei Paesi arabi, a seguito delle caricature di Maometto, pubblicate dal giornale danese “Jyllands-posten”, nonché dopo la lezione magistrale del Papa, all’Università di Rogensburg. Questi avvenimenti sono solo alcuni degli esempi, citati in questo saggio, che mostrano come, sul suolo europeo, siano ben radicate pericolose forme d’integralismo religioso.
Per quale motivo ha scelto di pubblicare sulla copertina questa immagine? L’occupazione del sagrato della cattedrale di Milano e della chiesa di san Petronio a Bologna è stata ignorata da tutti. Eppure è un’azione dall’evidente valore simbolico. Per il devoto musulmano i luoghi, i segni, i simboli hanno un valore ben più profondo di quanto ne attribuiamo noi occidentali, ormai largamente secolarizzati. Questa è solo l’ennesima plateale conferma della perdita d’identità dell’Europa. I musulmani agiscono in totale violazione delle leggi e dello spirito europeo. Anche in questa circostanza hanno bruciato bandiere israeliane, hanno manifestato con striscioni che equiparavano la stella di David alla svastica nazista e poi hanno pregato rivolti verso la Mecca. Un atto di arroganza e perfino di violenza: a Milano i dimostranti, guidati dall’imam di viale Jenner Abu Imad, condannato in via definitiva per terrorismo, sono giunti sul luogo in massa, seminando paura e occupando la piazza senza alcun permesso. Il Duomo è stato costretto a chiudere. Se un cristiano, ammesso che ci sia ancora qualche praticante in circolazione, fosse voluto entrare nella cattedrale per pregare, o per partecipare alla messa, avrebbe dovuto rinunciarvi. La stessa cosa è successa a Bologna in Piazza Maggiore, davanti a San Petronio.
Cosa auspica da parte dell’Europa o delle istituzioni europee? Probabilmente, in nome di un quieto vivere la politica europea è sempre più indirizzata al politically correct, che in alcuni ambienti è definito islamically correct, in altre parole quell’atteggiamento volto a non urtare la sensibilità della minoranza islamica, che oggi vive in Europa. Parte di questa minoranza, tuttavia, minaccia di morte e costringe all’esilio chi ha opinioni e valori differenti. Ormai la diversità d’opinione è assimilata alla bestemmia, l’informazione obiettiva è tacciata di razzismo, mentre la difesa dei valori greco-giudaico-cristiani e delle identità nazionali e culturali europee diventi xenofobia. La questione di come l’Europa saprà gestire i rapporti con i Paesi islamici e con la popolazione musulmana presente sul suolo europeo è di fondamentale importanza. Di fronte a profonde diversità culturali, diverse visioni del mondo e della vita, il quesito di come sia possibile mantenere salda la democrazia è quanto mai attuale, considerando che sul suolo europeo vi sono circa venti milioni di musulmani. I Paesi arabi, in gran parte dittature che aderiscono alla Dichiarazione islamica dei diritti dell’uomo, non condividono i valori fondamentali dell’Unione Europea e continuano a discriminare le minoranze religiose non musulmane nei propri territori; in questi Paesi l’animosità contro i non musulmani rappresenta una situazione normale ed endemica. Una politica che si basa su controsensi, seppur dotata di buone intenzioni, è condannata al fallimento. Infatti, è penosamente fallita nei territori palestinesi autonomi, dove i cristiani subiscono la Sharia e in Libano e in Egitto dove le persecuzioni dei copti non accennano a diminuire. Nonostante questo, l’UE non ha smesso di moltiplicare e ingrandire le reti di associazioni con i Paesi arabi del Mediterraneo e il suo sostegno finanziario all’economia; tutto questo avviene senza creare una vera e autentica relazione critica con tali Paesi.L’Europa deva far rispettare sul proprio territorio e promuovere nel mondo la “Dichiarazione universale dei diritto dell’uomo”; benché gli stati musulmani eccetto l’Arabia Saudita, l’abbiano sottoscritta, è rispettata solo quando non contraddice la “Dichiarazione islamica dei diritti dell’uomo”, che è conforme alla Sharia. Prorpio queste mancanze stanno portando sul suolo europeo la diffusione di pratiche islamiche. In nome del diritto alla differenza, oggi trasformato in diritto all’indifferenza, si tenta di sancire sul suolo europeo la Sharia (di Salvatore Severi, a cura di DonSa).