La polizia di New Delhi ha assicurato le autorità ecclesiastiche in India che è tutto pronto per il lancio di un numero telefonico di emergenza, operativo ventiquattr’ore su ventiquattro, e di una pagina di Facebook e di Twitter, dal titolo «Fratelli delle minoranze», per garantire la sicurezza delle istituzioni cristiane e di singoli individui in seguito a una serie di attacchi avvenuti di recente contro le istituzioni cristiane nella capitale.
La decisione — riferisce l’agenzia Misna — arriva subito dopo che il capo della polizia della capitale indiana, Bhim Sain Bassi, è stato convocato dal primo ministro e dal ministro dell’interno. I membri della comunità cristiana hanno accolto con favore gli ultimi sforzi compiuti dalla polizia, ma allo stesso tempo chiedono che le forze dell’ordine siano più sensibili alle denunce presentate dalle comunità minoritarie.
«Mentre accogliamo con favore le misure proposte per impedire il ripetersi di attacchi contro chiese e istituzioni cristiane — ha dichiarato Jenis V. Francis, presidente della Federazione delle associazioni cattoliche in India — ciò che è davvero preoccupante sono i dati resi noti dal capo della polizia di New Delhi. Bassi ha detto che, nel 2014, oltre ai casi riguardanti chiese e scuole cristiane, ben 206 templi indù, trenta templi sikh e quattordici moschee sono state attaccate e sottoposte a furti o vandalismi.
Tutto questo — ha aggiunto — porta a pensare che siamo davanti a una questione seria di diritti violati e di comunità ferite nei loro sentimenti religiosi. Speriamo sinceramente che nessuna comunità debba in futuro subire attacchi del genere e ottenga la sicurezza e la libertà di poter praticare la propria fede in pace».
Nei giorni scorsi, la Chiesa cattolica ha anche chiesto al Governo di eliminare le discriminazioni legalizzate ancora esistenti a carico dei dalit cristiani. Secondo l’arcivescovo di Delhi, monsignor Anil Joseph Thomas Couto, è giunto il momento di «reintrodurre a beneficio dei dalit cristiani le disposizioni negate per sei decenni, di cui invece godono i dalit indù. Si tratta — ha spiegato il presule — di un chiaro caso di ingiusta discriminazione, e su base religiosa, che non può esistere in una nazione laica». L’arcivescovo si riferisce in particolare all’Ordine presidenziale del 1950, che dispone speciali garanzie nel campo dell’istruzione, del lavoro e dei servizi sociali per promuovere l’emancipazione e lo sviluppo dei dalit, ma riservandole solo ai dalit di religione indù.
La richiesta — riferisce l’agenzia Fides — è stata ribadita dal cardinale George Alencherry, arcivescovo maggiore di Ernakulam-Angamaly dei Siro-Malabaresi. Da diversi decenni, gruppi cristiani hanno condotto una campagna per porre fine a questa “discriminazione di Stato”, ma fino a oggi i Governi indiani che si sono susseguiti non hanno adottato alcun provvedimento. In diverse occasioni, i presuli indiani si sono spesso focalizzati sull’accesso ai diritti e sulla pari dignità per le minoranze religiose e sui dalit. Secondo la tradizione induista, i dalit sono coloro che “non nacquero da Dio” e sono fuori dal sistema castale, che include invece bramini, guerrieri, mercanti, contadini. Molti dalit si convertono alla fede cristiana anche perché nell’annuncio del Vangelo ritrovano la loro dignità di figli di Dio. I dalit cattolici in India costituiscono oltre il sessanta per cento della comunità dei cattolici, circa diciassette milioni di fedeli in tutto.
L’Osservatore Romano, 25 febbraio 2015