“Le malattie croniche in evoluzione creano sempre l’esigenza dell’assistenza. Sono infatti patologie che non procedono quasi mai verso la guarigione e che accompagnano molti anziani fino alla fine. Qualcuno potrebbe pensare che sono perciò malattie che lasciano i pazienti senza speranza. Può accadere, ma è proprio ciò che dobbiamo evitare. La vita, anche in età avanzata, ha infatti sempre un futuro. E questo futuro bisogna capirlo, afferrarlo e volerlo”. Il presidente della Pontificia Accademia per la Vita, il vescovo Ignacio Carrasco de Paula, presenta la tematica dell’imminente Assemblea Plenaria dell’organismo vaticano, in programma dal 5 al 7 marzo nell’Aula Nuova del Sinodo e caratterizzata da un Workshop aperto al pubblico nella giornata di venerdì 6. La Plenaria avrà come tema“L’assistenza agli anziani e le cure palliative”, con l’obbiettivo di avvicinare scienza e fede al servizio di tutti coloro che aiutano gli anziani o hanno bisogno di cure palliative.
Gli anziani come sapienti
“Quando si assistono persone anziane nella fase del fine vita – spiega mons. Carrasco de Paula – bisogna tenere conto soprattutto che sono persone che hanno una lunga vita dietro le spalle. Bisogna considerarli come dei sapienti, dei saggi, persone che hano vissuto tante esperienze e sono in grado, più di quanto uno possa sospettare, di interpretare in modo giusto anche questa nuova esperienza che si presenta in un momento particolarmente delicato”.
Aumentano i pazienti bisognosi di cure palliative
“Le cure palliative sono una realtà piuttosto recente. Sono nate in un’epoca in cui l’attenzione etica è stata, e continua a essere, molto forte. Quindi, in generale, non possiamo lamentarci di come sono gestite. Il vero problema è l’aumento continuo dei pazienti anziani bisognosi, non solo di un accompagnamento, ma proprio di cure specifiche per alleviare i sintomi che possono accompagnare l’invecchiamento. Con il prolungarsi dell’età media è sempre più probabile che un anziano contragga in età avanzata una malattia che lo accompagnerà fino alla fine dei suoi giorni. E in tutti questi casi è necessario assicurare a queste persone una qualità di vita che sia accettabile”.
Riconoscere nell’anziano malato una persona
Il Workshop in programma durante la Plenaria dell’Accademia per la Vita si occuperà anche delle relazioni interpersonali dell’anziano bisognoso di cure, in famiglia, nella società, in ospedale. “Ritengo che questo sia l’aspetto centrale di questa problematica”, spiega il Presidente dell’Accademia Pontificia. “Tenendo conto però – precisa – che prima ancora di vedere nell’anziano una persona bisognosa di cure, bisogna vedere in lui una persona e basta”. “L’anziano non deve essere considerato un optional nella società, ma fino alla fine è un soggetto. E ciò non solo riguardo alla sua dignità, ma anche rispetto alle sue reali possibilità di continuare a essere protagonista non solo della sua vita, ma anche di quella che condivide con molte altre persone, nella famiglia, nella società, nel lavoro”.
Una pastorale programmata
“Non c’è dubbio che, specie negli ultimi dieci anni, si siano fatti passi in avanti enormi nel campo delle cure palliative”, spiega Carrasco de Paula. “Soltanto dieci, quindici anni fa, questo tipo di cure erano molto più marginali di adesso”. “Certo, bisogna fare sempre di più. Perché oggi gli anziani sono i primi candidati – come dice Papa Francesco – a essere vittime della cultura dello scarto”. “Dal punto di vista spirituale – aggiunge il vescovo – è importante stabilire una pastorale programmata rivolta agli anziani”. “Se infatti, quando una persona è giovane, la malattia è un evento inatteso, nel caso degli anziani è possibile prevedere una pastorale specifica per accompagnarli nella fase del fine vita, in presenza di malattie croniche”. “Come dice il Vangelo ‘La messe è molta ma gli operai sono pochi’. Quindi ci sono dei limiti, ma sul problema oggi c’è una coscienza particolarmente viva nella Chiesa”.
Eutanasia e uso proporzionato dei mezzi terapeutici
Alcuni articoli di giornale hanno denunciato il ricorso all’eutanasia in alcuni ospedali italiani, anche nei casi di anziani nella fase di fine vita. “In queste circostanze – commenta mons. Carrasco de Paula – bisogna essere molto cauti. Ci sono infatti alcuni interventi medico-sanitari, nei casi di pazienti anziani o di malati terminali, che a un certo punto si rivelano inefficaci e si debbono interrompere, perché creano più disagio che aiuto. In questo caso non si può parlare di scelte eutanasiche”. “Sul tema – spiega il presidente della Pontificia Accademia per la Vita – c’è un documento del 1980 molto efficace e preciso della Congregazione per la dottrina della fede, purtroppo poco conosciuto”. “Nella seconda parte del documento si spiega bene in cosa consiste un uso proporzionato dei mezzi terapeutici. In alcuni casi si possono interrompere, quindi, determinate cure. Quello che non si può fare mai, dal punto di vista etico, è interrompere le cure di base: quelle di cui hanno bisogno tutti, sia i pazienti che i medici, come la nutrizione, l’idratazione, l’igiene, ecc.. Il guaio è che spesso non si è capaci di individuare quali sono queste cure di base, che pure il documento descrive bene. Nel caso di un anziano che non può provvedere a sé stesso, queste cure gli vanno senz’altro offerte fino alla fine”. “Pertanto – conclude il vescovo – dobbiamo fare molta attenzione a non interpretare l’interruzione di certe cure come abbandono del malato o dell’anziano. Il pericolo dell’abbandono c’è sempre in campo medico, specie nei casi di pazienti per così dire ostici. Ma possiamo dire che in paesi mediterranei come l’Italia e la Spagna oggi non abbiamo molti poblemi di vera eutanasia”.
A cura di Fabio Colagrande per la Radio Vaticana