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Striscia di Gaza. L’appello di Pax Christi: ‘ricostruire dalla speranza’

gaza.n“Sono senza parole; non avevo mai visto ciò che ho visto adesso, né mai ascoltato ciò che ho ascoltato ora”: comincia così il racconto alla MISNA di monsignor Giovanni Ricchiuti, presidente di Pax Christi Italia, tre giorni appena trascorsi nella Striscia di Gaza. Una visita per sostenere le attività dell’associazione Vento di terra, nel quadro della campagna Ponti non muri di Pax Christi International. Un viaggio nel dolore, ma anche in una regione dove nonostante tutto “la speranza non è stata sepolta”.

Monsignore, l’organizzazione non governativa Oxfam calcola che, con il blocco imposto da Israele, per ricostruire Gaza dopo l’offensiva di luglio e agosto ci vorrà più di un secolo. È davvero così?

“Non so se cento anni basteranno. Il panorama nella Striscia è desolante. Sono stati rasi al suolo interi quartieri, bombe dalla potenza inaudita hanno buttato giù palazzi, le pareti delle case sono state crivellate dai colpi di mitragliatrice esplosi durante l’invasione di terra dei soldati israeliani. Mi sono tornate alla mente le foto in bianco e nero delle città distrutte in Europa durante la Seconda guerra mondiale”.
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Quali sono state le tappe della sua visita?
“Siamo entrati a Gaza lunedì 2 marzo, all’indomani del decimo anniversario della costruzione del Muro in Cisgiordania. Dopo aver lasciato alle spalle il valico di Eretz abbiamo visitato Beit Hanoun e diversi villaggi. Siamo arrivati a Gaza City e abbiamo pernottato nella parrocchia della Sacra Famiglia. Abbiamo visitato i quartieri distrutti, poi il porto. Abbiamo incontrato i pescatori e gli abbiamo chiesto cosa provassero per la guerra e i bombardamenti, se covassero un desiderio di vendetta verso Israele. Ci hanno risposto: ‘Non possiamo dimenticare, ma vogliamo ricostruire le nostre città, per i nostri figli’. Ebbene, ora bisogna aiutare questo desiderio, porre fine all’embargo e far sì che Gaza non sia mai più una prigione a cielo aperto”.
L’Agenzia dell’Onu per il soccorso e l’occupazione dei rifugiati palestinesi (Unrwa) ha sospeso i programmi di ricostruzione, denunciando il mancato rispetto delle promesse di finanziamento fatte a ottobre nel corso di un vertice internazionale al Cairo…
“Sono accuse del tutto fondate. Fonti autorevoli, come la Caritas di Gerusalemme, hanno confermato che dei circa sei miliardi di dollari promessi a Gaza non ne è arrivato neanche uno. Rispetto a sei mesi fa le strade sono state liberate dalle macerie, ma il cemento costa oro e con il blocco la ricostruzione è quasi impossibile. Però c’è la speranza, che non è stata sepolta”.
Fonte: Misna

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