I presuli pubblicano il messaggio che commemora i 70 anni dalla fine della II Guerra mondiale: “Abbiamo una speciale vocazione in favore della pace, non per politica ma per il rimorso di quello che il Giappone ha fatto prima e dopo la guerra”. Come ci ricorda sempre il pontefice “il mondo è dominato dalla globalizzazione delle imprese e dal sistema finanziario. Le disuguaglianze continuano ad allargarsi e i poveri sono esclusi. Se noi vogliamo realizzare la pace, questa situazione deve cambiare”. Il testo completo del messaggio.
Tokyo – La globalizzazione economica, l’aumento delle disparità sociali, il terrorismo dilagante “sono un fenomeno di massa che ha colpito il mondo intero. Noi vescovi giapponesi abbiamo una speciale vocazione per la pace, e questa realtà rischia di distruggerla. Seguiamo papa Francesco e ripensiamo le nostre posizioni”. È il senso del messaggio pubblicato nei giorni scorsi dalla Conferenza episcopale giapponese in occasione dei 70 anni dalla fine della II Guerra mondiale. Di seguito il testo completo, dal titolo “70 anni dopo la guerra. Beati gli operatori di pace – Soprattutto ora, la pace non deve dipendere dalle armi” (traduzione in italiano a cura di AsiaNews).
Ai nostri fratelli e sorelle in Cristo e a tutti coloro che vogliono la pace
La Conferenza episcopale del Giappone ha pubblicato alcuni messaggi in occasione degli anniversari della fine della Seconda guerra mondiale sia nel 1995 (“Risoluzione per la pace – nel 50mo anniversario della fine della guerra”) che nel 2005 (“Messaggio di pace dopo 60 anni dalla fine della Seconda guerra mondiale – la strada per la pace basata sulla non-violenza – ora è tempo di essere profetici”). In questo anno, nel quale celebriamo il 70mo anniversario della fine della guerra, noi vogliamo dichiarare ancora una volta il nostro impegno per la pace.
1. La Chiesa non può rimanere in silenzio di fronte alla minaccia della vita e della dignità umana
Per la Chiesa cattolica questo è un anno importante, perché si celebra il 50mo anniversario della fine del Concilio vaticano II (1962-1965).
Nella prima metà del XX secolo la Chiesa si è focalizzata sull’esperienza delle due guerre mondiali e sul genocidio contro gli ebrei attuato dalla Germania nazista. Riflettendo su queste tragedie, la Chiesa non può rinchiudersi in se stessa con questioni puramente “religiose”. Noi abbiamo capito che i problemi dell’umanità sono i nostri problemi. Iniziando con le seguenti parole, la Costituzione pastorale sulla Chiesa nel mondo contemporaneo Gaudium et Spes, pubblicata alla fine del Concilio vaticano II, rappresenta un chiaro esempio di questa visione: “Le gioie e le speranze, i dolori e le preoccupazioni degli uomini di questo tempo, in particolare di coloro che sono poveri o soffrono per qualche motivo, sono le gioie e le speranze, i dolori e le preoccupazioni dei seguaci di Cristo. Infatti tutto quello che è umano riecheggia nei loro cuori”.
La Chiesa ha affrontato in modo attivo le questioni della vita e della dignità umana, in particolare degli esclusi e degli oppressi, dalla fine del Concilio vaticano secondo fino ad oggi, con il pontificato di Papa Francesco.
2. La decisione di ripudiare la guerra
Il governo coloniale giapponese sulla penisola coreana fino al 1945, così come i vari atti di aggressione contro la Cina e altri Paesi asiatici, ha causato grandi sofferenze e sacrificio tra le popolazioni. La Seconda guerra mondiale è stata una esperienza orribile anche per il popolo giapponese. Iniziata il 10 marzo 1945 con raid aerei sulla città di Tokyo, la guerra è stata condotta con bombardamenti su larga scala che hanno colpito molte città del Giappone. Oltre a diverse vittime nelle truppe giapponesi e straniere durante il combattimento di terra ad Okinawa, anche la popolazione civile ha sofferto molto. Poi alla fine ci sono stati i bombardamenti atomici di Hiroshima e Nagasaki, rispettivamente il 6 e il 9 agosto 1945. Queste tragiche vicende hanno portato alla nascita di un desiderio di pace che è stato codificato nella Costituzione del Giappone, approvata nel 1946: essa si basa sulla sovranità del popolo, il ripudio della guerra e il rispetto dei diritti umani fondamentali. In seguito a questa costituzione fondata sulla pace, il Giappone ha lottato per costruire dei legami di fiducia e amicizia con le nazioni dell’Asia.
La Chiesa cattolica in tutto il mondo – contro lo scenario della Guerra fredda e la successiva caduta del muro di Berlino – ha sempre manifestato in modo chiaro la sua opposizione alla corsa agli armamenti e all’uso delle armi per risolvere le controversie.
Nella sua enciclica Pacem in Terris, Papa Giovanni XXIII ha affermato: “In un’epoca in cui ci si vanta della propria potenza atomica, non ha più senso sostenere che la guerra è un semplice strumento con cui rimediare alla violazione della giustizia”. Il Concilio vaticano II in Gaudium et Spes si è opposto alla corsa alle armi e ha invocato il raggiungimento della pace che non deve fare affidamento sulla forza militare. Nel suo “Appello per la pace” tenuto a Hiroshima nel 1981, papa Giovanni Paolo II ha dimostrato una chiara rinuncia alla guerra quando ha dichiarato “La guerra è frutto dell’uomo. La guerra è la distruzione della vita umana. La guerra è morte”.
È automatico che noi vescovi giapponesi rispettiamo gli ideali pacifisti della Costituzione del Giappone, date le nostre origini storiche. Per i cristiani il ripudio della guerra è richiesto dal Vangelo di Cristo. Il rispetto per la vita è un ideale che non può essere abbandonato dalle persone di fede e deve essere sostenuto fermamente dall’intera umanità.
3. La vocazione per la pace delle Chiesa giapponese
La Conferenza episcopale del Giappone sa di avere una speciale vocazione in favore della pace. Tale vocazione non è basata su nessuna ideologia politica. Noi continuiamo a invocare la pace non come argomento politico, ma come fatto umano. La nostra consapevolezza di questa vocazione è stata influenzata, di certo, dagli orrori inflitti dalle armi nucleari su Hiroshima e Nagasaki, ma è scaturita anche dal profondo rimorso riguardo la posizione della Chiesa in Giappone prima e durante la guerra.
Durante la Messa celebrata a Tokyo il 26 settembre 1986, in occasione dell’assemblea plenaria della Federazione delle conferenze episcopali dell’Asia (Fabc), l’allora arcivescovo di Tokyo mons. Shirayanagi ha fatto la seguente dichiarazione: “Noi vescovi cattolici del Giappone, come giapponesi e membri della Chiesa cattolica in Giappone, chiediamo sinceramente perdono a Dio e ai nostri fratelli e sorelle dell’Asia e della regione del Pacifico per la tragedia causata dai giapponesi durante la Seconda guerra mondiale. Come parte coinvolta nella guerra, noi condividiamo la responsabilità di oltre 20 milioni di vittime in Asia e nel Pacifico. Inoltre abbiamo profondo rimorso per aver danneggiato la vita e la cultura delle persone di queste regioni. Il trauma di tutto questo non è stato ancora rimarginato”.
Non erano le parole di un semplice vescovo. Egli ha parlato come presidente della Conferenza episcopale, riportando l’opinione dell’intera assemblea. Come riportato all’inizio, nei due messaggi per il 50mo e il 60mo anniversario dalla fine della guerra, i vescovi hanno continuato a riflettere sul tema della responsabilità della Chiesa prima e durante la guerra e da questa posizione hanno espresso la loro determinazione in favore della pace.
4. Problemi come la comprensione della storia e l’uso dell’auto-difesa collettiva
A 70 anni dalla guerra il ricordo di essa sta svanendo, insieme ai ricordi del dominio coloniale giapponese e all’aggressione con i suoi crimini contro l’umanità. Ora stanno emergendo richieste di riscrivere la storia di quei tempi, negando cosa è realmente accaduto. Il governo attuale sta provando ad approvare delle leggi che proteggano i segreti di stato, consentano il diritto di auto-difesa collettiva e modifichino l’articolo 9 della Costituzione per consentire l’utilizzo della forza militare all’estero.
Allo stesso tempo non possiamo non notare il crescente nazionalismo non solo in Giappone, ma tra i governi degli altri Paesi in quest’area del mondo. Quando nascono delle tensioni tra nazioni, per garantire la stabilità regionale diventa importante un forte impegno a migliorare le relazioni attraverso il dialogo e la negoziazione piuttosto che aumentare l’impegno militare.
La situazione a Okinawa presenta particolari e seri problemi dal punto di vista interno.
Se confrontate con il resto del Paese, il numero di basi militari risulta particolarmente elevato. È iniziata la costruzione di una nuova base, contro il parere dei cittadini della prefettura. Questo dimostra un atteggiamento che dà priorità agli armamenti e ignora la popolazione e gli sforzi a costruire la pace.
5. In mezzo alle serie crisi che oggi affronta il mondo
Guardando al mondo di oggi, le tragedie del conflitto militare e del terrorismo si verificano di continuo in tanti luoghi. Sempre di più in tutto il mondo, oltre i conflitti tra le nazioni e i gruppi etnici, la violenza in nome della religione fa sembrare impossibile un dialogo. In questa situazione sono minacciati soprattutto le donne, i bambini e le minoranze etniche e religiose e molti di loro perdono la vita.
Di fronte a questa tendenza distruttiva globale, Papa Francesco ha espresso preoccupazione per quella che alcuni chiamano “Terza guerra mondiale”, invece di assicurarsi di non ripetere gli errori del passato. Il mondo sta affrontando delle crisi tali che le persone non possono non domandarsi se la forza sia la risposta adatta. Cosa è accaduto al rispetto per l’umanità? Ad ogni modo, rispondere con la violenza alla violenza può portare solo alla distruzione dell’umanità.
Il mondo è dominato dalla globalizzazione delle imprese e dal sistema finanziario. Le disuguaglianze continuano ad allargarsi e i poveri sono esclusi. L’attività economica dell’uomo sta provocando il cambiamento climatico e la distruzione della biodiversità. Se noi vogliamo realizzare la pace, questa situazione deve cambiare. Non possiamo ignorare che i problemi della povertà e dell’ambiente producono disuguaglianza ed esclusione. Ognuno di noi è chiamato a vincere la nostra indifferenza nei confronti dei problemi del mondo e cambiare le nostre vite. Non possiamo risolvere i problemi del mondo tutti in una volta, ma possiamo continuare a lavorare con pazienza per la pace e la comprensione reciproca.
In conclusione
Noi ricordiamo le parole di papa Giovanni Paolo II nel suo “Appello per la pace” a Hiroshima: “La pace deve sempre essere l’obiettivo: perseguire e proteggere la pace il ogni circostanza. Non ripetiamo gli errori del passato, un passato di violenza e distruzione. Intraprendiamo il sentiero ripido e difficile verso la pace, l’unico sentiero che porta beneficio alla dignità umana, l’unica via che conduce alla vera realizzazione del destino dell’uomo, l’unico cammino per un futuro in cui l’equità, la giustizia e la solidarietà sono realtà e non solo lontani sogni”.
Noi siamo incoraggiati dalle parole di Gesù Cristo, “Beati gli operatori di pace” (Mt. 5:9). A 70 anni dalla fine della guerra e 50 anni dopo la fine del Concilio vaticano secondo rinnoviamo la nostra determinazione a ricercare la pace e lavorare per la pace. Noi cattolici in Giappone siamo pochi di numero, ma insieme ad altri cristiani, ai fedeli di altre religioni e a coloro in tutto il mondo che vogliono la pace, noi rinnoviamo il nostro impegno a lavorare affinchè la pace diventi una realtà.
Fonte: Asianews