Il 10 aprile di 60 anni fa moriva il gesuita Teilhard de Chardin, scienziato, pensatore originale che promosse in modo innovativo il dialogo tra fede e ragione, in particolare con la sua lettura teologica dell’evoluzione. Un tema, quest’ultimo, sviluppato soprattutto nel volume “Il fenomeno umano”. Per una riflessione sull’attualità dell’opera di Teilhard de Chardin, Alessandro Gisotti ha intervistato il prof. Paolo Trianni, docente di teologia al Pontificio Ateneo Sant’Anselmo e all’Urbaniana:
R. – Teilhard de Chardin è sicuramente uno degli autori più importanti del ‘900. Mi viene in mente che una volta Henry Le Saux, che è uno studioso benedettino, scrisse che Teilhard de Chardin è l’unico “autore fondamentale per salvare il cristianesimo”. Lui intendeva con questo che, attraverso Teilhard, c’è tutto un modo nuovo di impostare il rapporto con la scienza, ma anche con le altre religioni per esempio o anche con temi attuali come la democrazia. Si parla di nuova evangelizzazione e Teilhard è un autore da “sfruttare” per una nuova evangelizzazione.
D. – Un innovatore geniale, dunque, ma non sempre compreso. Oggi, però, si comprende meglio, c’è un risveglio anche di interesse per l’opera di Teilhard de Chardin. Peraltro, Benedetto XVI nel 2009, parlando ad Aosta, si riferì a lui, in particolare alla sua “grande visione di una liturgia cosmica”…
R. – Forse, il termine più esatto, l’aggettivo più esatto per definirlo è “profetico”, perché Teilhard de Chardin ha profetizzato alcune novità che si realizzano anche adesso. Parlo appunto della “noosfera”, questo fatto che il mondo si stia unificando attraverso anche la tecnica, e quindi gli uomini si uniscono, le culture si uniscono e quindi il mondo diventa più giusto, più unito e si avvicina al Regno di Dio. Benedetto XVI è tornato su Teilhard in diverse occasioni, perché dopo il “Monitum” (del Sant’Uffizio ndr) che ci fu nel ’62, che fece cadere un po’ nell’oblio Teilhard, venne un poco messo all’indice, ma di fatto dopo c’è stato un recupero. Già Paolo VI, quando fece una visita ad un’industria farmaceutica, lo recuperò, almeno in parte. Ratzinger ne ha parlato in diverse occasioni: ne parlò nel ’68, in “Introduzione al cristianesimo”. In queste pagine, pur criticando un certo suo biologismo, ne sottolineava l’importanza. E poi, nell’85, nell’intervista a Messori, nella quale fu piuttosto critico, perché sottolineava di nuovo l’importanza del peccato originale. E siccome Teilhard ha, non dico contestato, ma avanzato la necessità che esso venisse ripensato dalla teologia contemporanea, Ratzinger rimetteva l’accento sul fatto che questo è un dogma fondamentale, che non si può mettere in discussione senza non demolire le basi del cristianesimo. Nel 2009 invece Benedetto XVI ha fatto questa bellissima rievocazione che rimanda a Teilhard: il mondo come un’ostia vivente; il mondo che è in evoluzione verso Dio e quindi sta entrando nella vita trinitaria di Dio, attraverso la sua evoluzione, che è al contempo una santificazione.
D. – Teilhard de Chardin era un gesuita e come Sant’Ignazio era convinto che “bisogna cercare di trovare Dio in tutte le cose”. In qualche modo il suo concetto di “noosfera” può essere anche una chiave di lettura, di interpretazione della globalizzazione, della unificazione sempre più spinta e, in fondo, anche di Internet, che ha molto a che vedere con questo…
R. – Teilhard in un suo libro, intitolato “L’ambiente divino”, spiegava come il mondo – che molte teologie, molte spiritualità leggono in termini negativi – potesse diventare invece un ambiente divino, perché dopo l’Incarnazione di Dio, dopo la Grazia, dopo lo Spirito che abita il mondo, il mondo può essere un luogo di santificazione. Quindi è un luogo nel quale gli uomini, anziché dividersi – oggi questo è un tema attualissimo – possono invece unirsi e andare verso un regno di giustizia, di pace e di amore. E noi vediamo oggi, al di là delle divisioni, che è ormai nato un processo di unificazione, che sta veramente portando all’unità il mondo.
A cura di Redazione Papaboys fonte: Radio Vaticana