“Il documento non vincolante dell’Europa sul riconoscimento delle famiglie gay risponde allo spirito del tempo, al modo in cui alcuni vogliono che si pensi”. Così mons. Nunzio Galantino, segretario della Conferenza episcopale italiana, commentando il voto, ieri del Parlamento Europeo, al rapporto: “Strategia per la parità di genere” 2015/2020. Si tratta di un documento nel quale viene definita “famiglia” anche una coppia omosessuale con figli. Luca Collodi ha intervistato lo stesso mons. Nunzio Galantino:
R. – Sì, lei ha detto bene, l’UE fa una raccomandazione che, tra l’altro, non è nuova da quella parti. Intanto vorrei far notare che, a differenza di quello che è capitato in Italia per alcune questioni come il divorzio breve, per esempio, ci sono state percentuali risicate dal Parlamento UE, anzi risicatissime a favore di questa raccomandazione. Questo, già, la dice lunga. Vorrei dire, però, che questa raccomandazione, di fatto, continua ad andare sulla linea di questa cultura, di questo sentire abbastanza diffuso in Europa, e che tende a imporre un certo modo di vedere, di pensare, rispetto a questi temi. La raccomandazione, evidentemente, non vuol dire da parte nostra, da parte di chi ha un modo di sentire e di pensare diverso, non vuol dire assolutamente adeguarsi o doversi adeguare o potersi adeguare. Bisogna che continuiamo con chiarezza, senza tentennamenti, a dire la verità sulle cose, nel rispetto di tutti, nel rispetto dei diritti dei singoli, evitando che queste forme di raccomandazione creino soltanto appiattimento e facciano danno a quella che, invece, è la bellezza della differenza.
D. – Se l’Europa raccomanda, in Italia la proposta di legge Cirinnà sembra raccogliere questo invito…
R. – Per certi versi, vale quello che ho già detto per quanto riguarda l’Europa, e cioè che un certo modo di procedere e di far proposte – perché quella della Cirinnà è una proposta di legge – evidentemente risponde allo spirito del tempo, cioè al modo in cui alcuni vogliono che si pensi, ma poi, di fatto, si capisce che non è il modo di pensare di tutti. A questo proposito penso che noi, come Chiesa, come Chiesa italiana, abbiamo un dovere grandissimo e penso che faccia bene a tutti ricordare una cosa: Faccia bene alla Chiesa italiana, alla nostra società, agli obiettivi che come credenti, come cittadini, vogliamo raggiungere a fronte di questa proposta e di proposte che vanno nella stessa direzione: qual è la mia proposta? Cos’è che penso debba essere chiaro a tutti quanti, cattolici e non cattolici. Dentro e fuori la Chiesa? Intanto, come credenti cattolici e come cittadini italiani è fuor di dubbio la nostra contrarietà alla proposta di legge Cirinnà, come è chiara la contrarietà ad ogni tentativo di omologazione, di equiparazione di forme di convivenza con la famiglia costituzionale. Questo deve essere chiaro, come il fatto – approfitto di questa circostanza per dirlo – che vada ostacolato in ogni modo il tentativo di scippare in maniera subdola alla famiglia il diritto di educare i figli alla bontà della differenza sessuale. Ora, detto questo, di questa contrarietà e di questo rifiuto, che si è sempre – e da parte di tutti – accompagnato con la chiara affermazione che non stiamo solo a dire ‘no’. Anche la Chiesa, i cattolici, i laici, i vescovi, i sacerdoti, continuamente affermano e riaffermano con chiarezza e senza tentennamenti il ruolo centrale ed insostituibile della famiglia costituzionale, fatta di padre, madre e figli, quando il buon Dio ne fa dono. Lo stiamo dicendo in tutti gli aeropaghi contemporanei. Io stesso non ho fatto queste affermazioni standomene seduto al tavolino: sono andato, ho partecipato a trasmissioni, che notoriamente sono orientate in senso diverso da quello della Chiesa, e lì con chiarezza, senza mezzi termini ho riaffermato – ripeto – la contrarietà della Chiesa a qualsiasi equiparazione di convivenze con la famiglia costituzionale.
D. – Su questi temi stiamo notando che molti laici si stanno organizzando a difesa della centralità della famiglia naturale, anche con iniziative che nei prossimi giorni si concentreranno a Roma – il 20 giugno – sul tema dello stop al gender nel mondo della scuola. Lei come guarda a questa attività laicale ?
R. – In genere, l’attività dei laici, di tutti i laici, la ritengo veramente una benedizione del Signore, perché i laici – ci ricordava il Papa – non hanno bisogno dei vescovi pilota. Grazie a Dio abbiamo un laicato in Italia che è capace di grandi sensibilità, che è capace di grandi passioni, che è capace anche di grandi e belle iniziative. E’ chiaro che di fronte alla difesa della famiglia naturale che, ripeto, è di tutti, non è di una parte del laicato, non è di una parte dei vescovi, non è dei vescovi e non dei laici o dei laici e non dei vescovi, è chiaro che le modalità concrete con le quali far valere la chiara posizione che è di tutta la Chiesa, la modalità concreta può essere espressa legittimamente in forme diverse. Una diversità che deriva da sensibilità, da letture della situazione anche diverse. E proprio a proposito di quello che lei mi chiedeva, voglio dire che c’è stato un incontro, un momento di confronto tra aggregazioni, movimenti, nuove comunità e associazioni. Si sono incontrate e da lì, da questo incontro, è emersa una diversa valutazione, relativa solo alla modalità con la quale manifestare il proprio chiaro e condiviso dissenso – ripeto – nei confronti sia della Cirinnà, sia di questa dittatura che si vuole imporre del pensiero unico, attraverso la gender theory.
D.- Cosa è stato detto in questo incontro?
R. – Questo incontro dice la vivacità, l’intelligenza, la capacità di lettura diversificata della storia da parte dei cattolici italiani. Accanto a chi ha proposto forme legittime di manifestazioni pubbliche di dissenso per affermare – ripeto – il diritto della famiglia costituzionale ad esistere e ad educare i propri figli nella bontà della differenza sessuale, c’è stato anche chi, assolutamente senza negare ogni forma di impegno a favore della famiglia, ha ritenuto, per questo momento storico, sia più ragionevole e più urgente l’apertura di un processo – che al di là del singolo evento – veda tutti i impegnati a fronteggiare la cultura individualista che è alla base di leggi e proposte estemporanee che tendono a mettere all’angolo la famiglia costituzionale e a privilegiare i diritti dei singoli sul bene comune. Ora, questo processo, non meno impegnativo, anzi più esigente di altri, richiede comunque un sentire e un impegno comune che non è solo frutto di paure, ma si costruisce invece sul dialogo e sulla consapevolezza che, pur nel rispetto dei differenti modi di farsi sentire, c’è bisogno di tenere insieme motivazioni e ragioni per mantenere salda la realtà della famiglia, i suoi diritti e prima di tutto quelli dell’educazione e della formazione dei figli. Ripeto. Penso che sia importante capire come il differente modo di definire la modalità del dissenso, non significa assolutamente che ci siano supposizioni diverse rispetto alla valutazione oggettiva di quello che sta succedendo. Lo ripeto per l’ennesima volta: nessuno nella chiesa cattolica italiana in questo momento, né vescovi né sacerdoti né laici si sognano di dire di “sì”, alzare bandiera bianca – come ha detto qualcuno – rispetto alla Cirinnà, rispetto all’equiparazione di forme di convivenza con la famiglia costituzionale, rispetto all’introduzione subdola della gender theory nella scuola. Nessuno si sogna questo. È evidente che ci sono modi diversi per dire: “Diciamo di no in maniera diversa”.
D. – Quindi difesa della centralità della famiglia naturale. Non importa come. L’importante è dialogare e non dividersi all’interno del laicato cattolico…
R. – Assolutamente. Qualunque sia la modalità con la quale tenere ferma con chiarezza e senza tentennamenti la centralità della famiglia fatta di padre, madre e figlio – penso sia opportuno che la diversità di modalità – ripeto – non diventi occasione per divisioni ingiustificate che fanno il gioco di coloro che vogliono portare avanti altre realtà. La diversità dei modi, non deve diventare occasione di divisioni ingiustificate, indebolimento della stima reciproca tra quanti custodiscono il valore inestimabile della famiglia e del matrimonio tra uomo e donna né – ripeto – divisioni ingiustificate né indebolimento della stima reciproca. Perché dico questo? Guardate, non si difende la famiglia e i suoi diritti nutrendosi di divisione o peggio ancora non si sostengono valori calpestandone altri, quali il rispetto per l’altro, il dialogo e l’uso della verità al posto di vere e proprie aggressioni verbali; non si risolvono così i problemi. Le aggressioni verbali lasciamole ad altri, a noi non servono! D’altra parte è bellissima quell’espressione di San Pietro: “Date ragione della vostra fede”. Noi tutti siamo chiamati a fare questo: dare ragione della nostra fede nei confronti di coloro i quali di ragioni per dire quello che dicono, affermare quello che affermano attraverso alcune proposte di legge, non ne hanno; hanno soltanto il desiderio di accontentare questa o quella lobby, perché nessuno ha mai negato i diritti dei singoli; però far confusione prima lessicale e poi di fatto sulle realtà non è compito di nessuno, tantomeno lo è di coloro i quali sono chiamati a governarci. Quindi di fronte a questo comune atteggiamento, il bisogno di difendere la famiglia, stiamo attenti: non dobbiamo né dividerci né far venire meno – ripeto – la stima reciproca tra coloro che custodiscono gli stessi valori. A volte – mi permetta di fare questa considerazione un po’ amara – la passione per il raggiungimento di obiettivi legittimi e condivisi gioca brutti scherzi e si trasforma in rabbia. Così si assiste a ingiustificate e dannose scomuniche reciproche che sono fuori posto; si assiste e si leggono dei blog che si nutrono di affermazioni e quindi di giudizi offensivi verso persone che hanno l’unico torto di voler difendere con la stessa passione e intensità gli stessi valori. Questa è una ricchezza: la diversità del modo di sentire anche nella Chiesa. Ma questo succede dall’inizio! Noi abbiamo quattro Vangeli… Perché? Perché rispondevano a quattro modalità diverse di accogliere il Kerigma, di annunciarlo, di viverlo, di testimoniarlo. Certo, fa tristezza vedere trasformate in derive negative passioni nate invece dal desiderio del bene e di fare il fare il bene. Quindi ben venga tutto ciò che può servire in questo momento a far capire qual è la posizione della Chiesa, dei vescovi, evitando di ergerci a giudici degli altri. Le modalità possono essere diverse, ma dobbiamo essere tutti uniti per poter contrastare in maniera ragionevole, cercando il dialogo, derive individualiste che ci stanno – ahimè – travolgendo in Italia ma anche in Europa.
A cura di Redazione Papaboys fonte: Radio Vaticana