Da Gorizia a Enna, sono tanti i religiosi che aprono le proprie strutture per accogliere i migranti. E sul web c’è chi cerca di raccontarlo. La sfida lanciata dal portale “Altro da dire”. “Raccolta dati difficile: si pensa a fare il bene, non a dirlo”
Fare del bene, senza dirlo. E’ quello che accade in tante strutture religiose sparse in tutt’Italia, che hanno aperto le porte di ex conventi o altre strutture per accogliere i migranti e per rispondere alla crescente richiesta di posti per l’accoglienza, ma anche per trasformare in realtà le parole di Papa Francesco di due anni fa, in cui chiedeva di aprire i conventi ai rifugiati. Ad oggi sono tante le strutture religiose che ospitano i migranti, ma non è facile fare un quadro complessivo della situazione. Nel web, però, c’è chi sta cercando di mappare l’impegno dei religiosi. È il progetto Altro da dire,sostenuto dalla fondazione Comunicazione e cultura della Cei e realizzato da Kaleidon, che da un mese a questa parte sta provando a fare una fotografia dell’esistente.
Ad un primo colpo d’occhio, sono centinaia i migranti accolti in ex conventi, case e strutture gestite da religiosi. Un’accoglienza silenziosa, lontana dalla bolla mediatica, ma sparsa in modo capillare su tutto il territorio. Ci sono i guanelliani a Como, Lecco, Nuova Olonio e a Sormano, i francescani ad Enna, Roma e Piglio, i comboniani a Brescia, i pavoniani a Maggio di Valsassina, gli scalabriniani a Roma e Foggia, le suore Mercedarie a Valverde di Scicli, le Figlie di Santa Maria della Provvidenza a Lora (Como) ed Ardenno (Sondrio), le Orsoline a Caserta, le suore della Provvidenza a Gorizia. Poi ancora i salesiani e suore di San Giuseppe di Chambery. Ma la lista è destinata a crescere. “La mappa viene aggiornata man mano che arrivano i dati dai superiori provinciali, contattati inizialmente durante l’assemblea generale di novembre del Cism (Conferenza italiana Superiori maggiori) e Usmi (Unione superiore maggiori d’Italia) – spiega Laura Galimberti, coordinatrice di ‘Altro da dire’ -. Abbiamo chiesto a molti di fornirci dei dati, ma non tutti rispondono, perché spesso non c’è una propensione a raccogliere dati di questo tipo. Si pensa a fare il bene e non a dirlo”. La sfida è quella di dare un segnale forte, ma anche di rispondere alle boutade che arrivano da alcuni esponenti politici. “L’obiettivo è quello di dire che non è vero che non c’è un’accoglienza da parte dei religiosi – spiega Galimberti -. C’è e piano piano la stiamo raccontando”.
Nella mappa non mancano le zone d’ombra, ma si tratta soltanto di intere regioni da cui non arrivano ancora dati. “Ci sono regioni da cui non abbiamo ancora risposte – spiega Galimberti -. Dobbiamo ancora incanalare e raccogliere altri dati. I miei primi referenti, per il momento, sono i superiori provinciali, ma spesso nei database ci sono indirizzi vecchi e per questo è difficile far arrivare le richieste. Alcune realtà dobbiamo ancora contattarle”. Quelle raggiunte, però, parlano di strutture che accolgono da poche decine fino a centinaia di migranti. Come raccontano gli ultimi dati inseriti. “Ci sono delle risposte numericamente consistenti – spiega Galimberti -, come quella delle Suore della Provvidenza di Gorizia, che accolgono 150 migranti provenienti da Afghanistan e Pakistan nell’ex convento Nazareno”.
“Non potendo promuovere opere di accoglienza per i profughi in prima persona abbiamo messo a disposizione gratuitamente alcune nostre strutture – spiega al portale ‘Altro da dire’ padre Luigi Testa, superiore provinciale degli Oblati di San Giuseppe -: in Sardegna a Frutti d’Ava e ad Asti, dove un nostro ex seminario accoglie 50 profughi. A Canelli ancora, nella parrocchia del Sacro Cuore una realtà di accoglienza per 10 minori non accompagnati richiedenti asilo. Le iniziative sono gestite tramite cooperative vicino alla Caritas diocesana e a realtà ecclesiali”. A Pergusa, in provincia di Enna, invece, sono i frati minori conventuali ad accogliere nel villaggio del Fanciullo Sant’Antonio. “Abbiamo messo a disposizione a Pergusa la struttura per accogliere i rifugiati dell’Africa e del Medio Oriente – racconta padre Giambattista Spoto -. Ad oggi accoglie cento fratelli scappati dalla guerra e dalla fame che stanno trovando aiuto e un po’ di speranza nel futuro”. A sottolineare l’impegno dei religiosi anche padre Luigi Gaetani, presidente della Conferenza Italiana dei Superiori Maggiori: “I religiosi non si tirano indietro rispetto all’invito del Papa. Sanno bene, da sempre, che la carità non è part time”.
A cura di Redazione Papaboys fonte: Redattore sociale