In questa epoca di guerre e intolleranza, di attentati e di odi, di sopraffazioni ed egoismi, non ho mai perso fiducia. Ho viaggiato e continuo a viaggiare dall’Africa, all’Asia, al Sud America per documentare la catena della solidarietà. E’ lei, “la solidarietà”, sono certo, vincerà e farà capire che senza pace non c’è progresso, non c’è civiltà, non c’è possibilità di riflettere chi siamo e ancora prima chi mi è affianco.
Ero in Sud America in un villaggio lontano tra le Ande. Qui si fa passare povertà per folklore, e come in mille altri paesi poveri, la disperazione per violenza. Non c’è pericolo, dove sono. In pochi siamo andati e pochi mai ci arriveranno. Ma anche quassù, dove ti manca l’ossigeno, a 4mila metri di altezza, ogni mese arrivano volontari tra queste povere persone. Sopravvivere è una scommessa quotidiana.
Osservo l’isolamento desolante che mi circonda. I volti. Ho una domanda. Perché noi “si” e loro “il nulla”? In questo villaggio di fango, come in mille altri villaggi, come in mille altri posti del mondo, non c’è luce, non c’è acqua, non ci sono servizi, non ci sono parole per raccontare questa terribile realtà che trova unico conforto nell’attività dei volontari. Mi domando, ma queste donne, questi uomini, questi ragazzi che abbandonano tutto per condividere miseria, disperazione, paura della stagione in cui per mesi si rimane totalmente isolati: da dove prendono forza e tenacia, perché tanta serenità sui loro volti? Stringo la mia macchina fotografica, la dietro il mirino nascondo il mio volto, impotente continuo a fare scatti: per tanti solo folklore. Sono nel fuoristrada tornado giù a 3mila metri, verso il mio alloggio. La sera mangio quanto non avrei mai mangiato.
Lassù ho lasciato tante caramelle per i bambini…ho vergogna di me, non sono che un balordo che ha fotografato sorrisi per un po’ di zucchero colorato. Tra una settimana sarò nella capitale sotto una doccia calda. Ancora dieci giorni di lavoro nelle periferie, poi un aereo mi riporterà qui in Europa. Dopo qualche giorno ho incontrato un amico. “ Luca da quale parte del mondo arrivi?” “Sud America” “Deve esere bello viaggiare come te” “Sì, puoi portare tante caramelle a tanti bambini poveri” “ Sei sempre stato generoso” “No! mi spiace deluderti: sono solo schiavo di un feroce moralismo ideologico. Scusa hai una caramella? .”
Mi offrì una mentina sugar free.. Allontanandomi la masticai senza salutarlo. Il cellulare lo sentii vibrare. “Non mi hai salutato” ” Scusa” “Ma cosa hai?” “Come faccio a dire sono amico, sono amico e non ho mai il coraggio di prendere un biglietto di sola andata…la mentina che ti ho preso senza salutarti è come le foto che faccio laggiù!”
Luca de Mata
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