Lo racconta Luigi Borriello in “Solo Dios basta”. Gesù appare alla santa a volte «piccolo e bello», a volte «maestoso».
Gesù cosa diceva a Santa Teresa d’Avila? Che consigli le dava? I dialoghi con la mistica sono ben snocciolati in “Solo Dios basta – La teologia narrativa di Teresa d’Avila” (Ancora edizioni,2015) scritto da Padre Luigi Borriello, teologo e studioso della riformatrice del Carmelo.
IL VIANDANTE MISTERIOSO
In uno dei momenti di maggiore angoscia, Gesù diventa per Teresa una valida spalla consolatrice, una sorta di “viandante misterioso” che ne sostiene le paure. «Mentre, dunque, ero in così grande angoscia […], bastarono queste sole parole per dissiparla e acquietarmi del tutto: “Non aver paura, figlia mia, sono io e non ti abbandonerò, non temere”. Mi sembra, tenuto conto dello stato in cui ero, che sarebbero state necessarie molte ore per indurmi a calmarmi e che nessuno vi sarebbe potuto riuscire. Ed eccomi, grazie a queste sole parole, così tranquilla, piena di forza, di coraggio, di sicurezza, di pace e di luce, che in un istante sentii la mia anima trasformata, e credo che avrei potuto sostenere contro tutti che quelle grazie erano opera di Dio. Oh, com’è buono Dio!».
UN TENERO COLLOQUIO
Sono diverse le visioni in cui il colloquio con Gesù è tenero e colmo di gioia. «Oh, Signore, come sono dolci le vostre vie! Ma chi camminerà senza timore? Temo di non riuscire a servirvi: quando mi dispongo a farlo, non trovo cosa che mi soddisfi per pagarvi almeno un po’ di ciò che vi devo. Mi sembra di volermi consacrare tutta al vostro servizio ma, quando considero attentamente la mia miseria, vedo che non posso far nulla di buono, se voi non me ne date la capacità».
COMPAGNO DI STRADA
Cristo non fu, dunque, per Teresa, il Dio lontano, inafferrabile, ineffabile, ma il Dio, evidenzia Padre Borriello, che penetra nella storia, che nasce come un bambino, che cresce, soffre, ama. Era il Dio vicino che si fece compagno di strada nel cammino terreno di Teresa, che partecipò con la sua sensibilità alla sua vita di vagabonda.
“ERA PICCOLO E MOLTO BELLO”
Teresa non racconta mai teorie; descrive e racconta quanto sentito, visto e sperimentato, mossa dalla passione per la verità. Si sentiva abbracciata, baciata da Dio, ne avvertiva la fragranza, ne udiva la voce: «Il Signore […] volle alcune volte favorirmi di questa visione: vedevo vicino a me, dal lato sinistro, un angelo in forma corporea, cosa che non mi accade di vedere se non per caso raro. In questa visione piacque al Signore che lo vedessi così: non era grande, ma piccolo e molto bello, con il volto così acceso da sembrare uno degli angeli molto elevati in gerarchia che pare che brucino tutti in ardore divino».
AVEVA IN MANO UN DARDO D’ORO
Teresa vedeva tra le mani di Gesù «un lungo dardo d’oro, che sulla punta di ferro mi sembrava avesse un po’ di fuoco. Pareva che me lo configgesse a più riprese nel cuore, così profondamente che mi giungeva fino alle viscere, e quando lo estraeva sembrava portarselo via, lasciandomi tutta infiammata di grande amore di Dio».
RISORTO E MAESTOSO
Probabilmente il 25 gennaio 1561, Cristo Gesù le si manifestò in tutta la sua bellezza: «Un giorno che era la festa di san Paolo, mentre stavo a Messa, mi apparve tutta la sacratissima umanità di Cristo, in quell’aspetto sotto il quale lo si suole rappresentare risorto, con quella gran bellezza e maestà di cui ho scritto particolarmente alla signoria vostra quando me ne diede espresso ordine, e mi costò molta pena, perché non è cosa da dirsi senza sentirsi annientare».
“A VOLTE PARLAVA CON SEVERITÀ'”
Per due anni e mezzo il Signore fece questa grazia molto frequentemente. Il Messia risorto le parlava e lei ammirava «quella sua grande bellezza e la dolcezza con cui la sua divina, bellissima bocca pronunciava quelle parole che, a volte, peraltro, erano dette con severità. Molto desiderosa di conoscere il colore dei suoi occhi o la sua statura, per poterlo poi dire, non ci sono riuscita, né i miei sforzi a tal fine servono mai a nulla, anzi, mi tolgono la visione del tutto. Anche se a volte vedo che mi guarda con affettuosa indulgenza, tuttavia il suo sguardo ha tanta forza che l’anima non può sopportarlo ed entra in così alto rapimento da perdere, per goderne in modo più completo, questa meravigliosa vista»
LA VISIONE DI DIO
Tale vita di unione col Cristo ha, altresì, un senso dinamico e umanissimo, secondo le parole che la Santa udì dalla bocca del Signore: «Una volta, mentre godevo della presenza delle tre divine Persone che porto nell’anima, la luce in cui le vedevo era così intensa da non potermi far dubitare che in me si trovasse Dio vivo e vero; mi furono allora fatte intendere cose che adesso non saprei dire, fra le quali come avesse preso carne umana la Persona del Figlio e non le altre. Ripeto che non saprei spiegare nulla di questo. Alcune cose si manifestano all’anima così segretamente che l’intelletto sembra percepirle come una persona addormentata o semisveglia ha l’impressione di udire quel che le si dice».
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QUEL GIORNO IN MONASTERO
Un altro incontro d’Amore molto intenso con il Signore si ebbe nel 1572: «Mentre ero nel monastero dell’Incarnazione, il secondo anno del mio priorato, durante l’ottava di san Martino, nel momento in cui stavo per comunicarmi, il padre fra Giovanni della Croce, che mi dava il santissimo Sacramento, divise l’ostia per farne parte a una consorella. Pensai che non lo facesse per mancanza di particole ma per mortificarmi, perché gli avevo detto che mi piacevano molto le ostie grandi, pur sapendo che ciò non ha importanza, dal momento che il Signore è tutto intero anche in un minimo frammento».
“SARAI LA MIA SPOSA”
A quel punto comparve «Sua Maestà» e le disse: Non temere, figlia mia, che alcuno possa esser causa di separarti da me, facendomi così intendere che la cosa era priva d’importanza. Mi apparve allora mediante visione immaginaria, come altre volte, nel più intimo dell’anima, e, porgendomi la mano destra, mi disse: Guarda questo chiodo: è il segno che da oggi in poi sarai mia sposa. Fino a questo momento non l’avevi meritato; d’ora in avanti avrai cura del mio onore, non solo perché sono il tuo Creatore, il tuo Re e il tuo Dio, ma anche perché tu sei la mia vera sposa: il mio onore è ormai il tuo, e il tuo mio. L’effetto di questa grazia fu così grande che non riuscivo a stare in me; rimasi come un’insensata e pregai il Signore o d’ingrandire la mia piccolezza o di non farmi più grazie così eccelse, perché mi sembrava proprio che la mia natura non potesse sopportarle. Passai il resto del giorno profondamente assorta.
Di Gelsomino Del Guercio per Aleteia
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