Cari amici,
faccio fatica a mettere per iscritto quanto accaduto sabato 11 luglio, quando il Papa, sebbene molto stanco, è venuto ad incontrare gli ammalati e a benedire, quindi inaugurandola, la clinica nuova con tutte le opere.
Una vera sorpresa, un fuori programma che soltanto pochi ritenevano possibile, vista la settimana molto impegnativa per il Santo Padre. Il mondo intero si è meravigliato, ma a sorprendermi sono stato io, un povero uomo indegno di tanto affetto da parte del Papa.
Già al mattino presto lo spazio davanti alla clinica era strapieno di giovani, molti dei quali arrampicati persino sugli alberi. Quando, verso le ore 15, il Papa è apparso all’orizzonte, tutti hanno manifestato il loro grande affetto elevando la loro voce, facendo, per così dire, un coro da stadio.
Una volta sceso dalla papamobile, l’accoglienza fra noi è stata piena di affetto reciproco, non sono riuscito a dire una parola; siamo entrati insieme nella cappella del Santissimo: Gesù Eucarestia, il suo Vicario, e questo povero peccatore. Una intimità piena di Gesù presente anche negli ammalati.
Dopo aver deposto un mazzo di rose bianche ai piedi della Madonna, siamo usciti e il Papa è andato subito nella sala, dove lo aspettava un folto gruppo di persone: ammalati, bambini, adolescenti, giovani, anziani… i veri padroni delle opere.
Il Papa commosso (vedi foto) ha allargato le braccia: un gesto che esprime tutto, tutto il suo amore per Gesù vivo nella carne dei miei ammalati. Purtroppo le guardie del Papa non gli hanno permesso ciò che a lui è più caro: baciare ed abbracciare uno ad uno gli ammalati. Li ha benedetti e così ha inaugurato la clinica e le altre opere.
Uscendo dal salone mi ha detto: «Gracias y adelante!» (Grazie e avanti!).
Era ciò che desideravo. Dopo tanto dolore e tante prove, finalmente il Vicario di Gesù non solo ha lasciato da parte l’agenda ufficiale per visitare questo luogo di dolore, ma ha voluto dirmi che questa opera è di Dio. «Grazie padre e avanti». Mi sono messo a piangere come un bambino.
In strada c’erano tutti i nostri alunni, circa 500, ad aspettarlo cantando.
Cari amici, davvero quanto è accaduto mi ha confermato nella fede e nella carità. È come se mi avesse detto: «Animo padre, questa opera è solo di Dio». Ed io come questo popolo, che è il mio popolo, siamo testimoni della Sua Misericordia.
Amici cari, dentro tanto dolore che i miei figli vivono si è rinforzata la speranza cristiana: quelle braccia aperte sono l’oggi dell’abbraccio di Giussani alla mia persona.
Infine aggiungo un’altra sorpresa che mi ha donato il Santo Padre. Sono le parole che ha pronunciato riferendosi alle Riduzioni Gesuitiche. Parole che non solo riscattano la verità di quella esperienza che è stato l’inizio concreto dell’Avvenimento Cristiano in queste terre lontane, ma anche una consolazione per tutto il tempo che ho dedicato in questi anni alla conoscenza del “Grande Sperimento” o “Misericordie” come venivano chiamate le Riduzioni Gesuitiche: «Giustamente il Paraguay è noto in tutto il mondo per essere stato la terra dove iniziarono le “Riduzioni”, una delle più interessanti esperienze di evangelizzazione e di organizzazione sociale della storia. In esse, il Vangelo era l’anima e la vita di comunità dove non c’era fame, non c’era disoccupazione, né analfabetismo né oppressione. Questa esperienza storica ci insegna che una società più umana è possibile anche oggi. Voi l’avete vissuta nelle vostre radici qui. È possibile. Quando c’è amore per l’uomo, e volontà di servirlo, è possibile creare le condizioni affinché tutti abbiano accesso a beni necessari, senza che nessuno sia escluso. Cercare in ogni caso le soluzioni con il dialogo».
Questo giudizio storico da parte di Papa Francesco coincide con quanto don Luigi Giussani ci disse trenta anni fa quando iniziammo l’esperienza di Comunione e Liberazione in Paraguay: «Cari amici, amici universitari, vi auguro di avere tanta fede e tanta intelligenza da rinnovare la più grande impresa sociale e politica del vostro passato, l’impresa delle “Reducciones”. La fede in Cristo è il nesso per vivere più intensamente anche questo mondo. Coraggio e arrivederci». (Asunción, 23 luglio 1988)
Le opere di carità che la Divina Provvidenza ha fatto in questo luogo dove vivo sono il riaccadere oggi di quel fatto che tutt’ora è la radice di questo popolo, che è il mio popolo, che sono questi figli che vivono con noi condividendo gioie e dolori.
Di Padre Aldo Trento per Tempi