Nella storia d’Italia, lo sport ha certamente avuto un posto di rilievo e molti dei suoi meriti, sia sul versante sportivo che sul versante sociale e culturale, universalmente riconosciuti, sono il frutto dell’impegno di tanti uomini e donne di sport, spesso volontari che, con la loro passione e il loro impegno quotidiano, le hanno dato forma e consistenza.
Milioni di ragazzi, in Italia, sono cresciuti e sono diventati adulti e bravi cittadini praticando lo sport e giocando. Alcuni di loro sono diventati dei grandi campioni… altri sono diventati bravi ed onesti cittadini di questo Paese.
Tutto lo sport e in modo particolare il calcio ha svolto, in Italia, una vera opera educativa che ha affiancato per diverse generazioni, la famiglia, la scuola e la parrocchia nella costruzione della comunità delle persone.
Pertanto, parlare oggi di sport significa parlare di un fenomeno sociale molto complesso, dalle dimensioni macroscopiche ed universali, che affonda le sue radici nelle molteplici ramificazioni della vita dei giovani e degli adulti.
Proprio perché è un fenomeno complesso, si struttura all’interno di un intreccio di molteplici campi: dalla dimensione ludica a quella agonistica e competitiva , da quella economica a quella politica, sociale, educativa e culturale.
Lo sport con i suoi mille linguaggi, riti e liturgie… si presta ad essere una sorta di laboratorio permanente, dove ognuno è chiamato a saper discernere, poiché si tratta di un intreccio di valori e disvalori che costituisce da sempre l’essere stesso della persona umana. Ora si tratta di evidenziare e di mettere a fuoco i valori dello sport distinguendoli dai “disvalori”, le virtù rispetto ai vizi, le opportunità positive rispetto a quelle degradanti e rovinose.
Ora, per superare la crisi etica e morale che investe gran parte del mondo dello sport italiano, bisogna tornare a fare cultura e investire sull’educazione. Infatti, tutto lo sport, da quello amatoriale fino a quello dilettantistico e professionistico, è spinto da un desiderio, da una urgenza che qualcosa accada, che lo rinnovi, che ne risvegli l’intenzionalità educativa, che vinca quel torpore che lo paralizza, non in senso fisico, bensì metafisico; non in apparenza, ma in profondità.
L’idea, avvincente e provvidenziale, capace di risvegliare le coscienze di quella vasta popolazione di giovani sportivi che sente nel loro intimo quel bisogno di andare oltre la pratica sportiva, arriva dalla Chiesa italiana con la Scuola di pensiero: Uno sport per l’uomo aperto all’Assoluto. La Scuola, iniziata tre anni fa, ha l’obiettivo di formare una nuova classe di dirigenti sportivi, di allenatori, di educatori e perfino di arbitri, con lo scopo di rivitalizzare il ruolo e la missione educativa delle tantissime società sportive presenti sul territorio nazionale. La ricetta è: educazione e cultura.
E poiché la cultura non è semplicemente sapere ma conoscere, prendere coscienza e consapevolezza, lo sport diventa valore educativo e culturale quando è capace di rivelare l’uomo a se stesso ed avvicinarlo a comprendere il valore religioso della sua vita.
Gli atleti, di solito, non percepiscono pienamente i valori educativi dello sport.
Giocano perché giocare piace ma difficilmente si rendono conto dei perché: perché è bello giocare, perché si sente l’esigenza di competere, da dove nasce l’ansia di vincere, da dove nascono i bisogni profondi di Infinito, di felicità, di libertà, di giustizia.
Noi abbiamo il dovere di offrire ai ragazzi e ai giovani che incontriamo, non solo partite di calcio, pallavolo, basket… Non solo tecniche di gioco… Ma offrire un bene più prezioso, come dare “senso e significato” alla loro vita. Dobbiamo orientarli ed aiutarli a scoprire la fonte della Speranza, il motivo per cui vale la pena vivere la vita, vale la pena faticare, sudare, rispettare gli altri, rispettare le regole, amare… In poche parole abbiamo il dovere di aiutarli a comprendere se stessi ed il bene ultimo della vita per cui vale la pena vivere.
Ciò che le persone, soprattutto i giovani, chiedono oggi allo sport è di dare innanzitutto senso alla loro vita. C’è bisogno di società sportive che siano luoghi educativi, di incontro e di amicizia, le cui attività sportive, culturali ed associative si offrano come autentiche esperienza di vita. Per loro, diceva Giovanni Paolo II, l’esperienza sportiva, può diventare una lettura e una risposta, in chiave umana e di fede, e “ contribuire a rispondere a quelle domande profonde che pongono le nuove generazioni circa il senso della vita, il suo orientamento e la sua meta”.
Edio Costantini
(Presidente Fondazione Giovanni Paolo II per lo Sport)
http://www.johnpaul2sportfoundation.org