I dati estivi confermano che un divorzio su cinque è stato richiesto da coppie di persone con più di 65 anni. Sorprende che a quell’età una coppia voglia dividersi, ma forse il motivo più che relazionale potrebbe essere patrimoniale: rimanere sposati oggi in certi casi è svantaggioso dal punto di vista fiscale? Che ne dice l’Agenzia delle Entrate?
I dati estivi sul cosiddetto boom del “divorzio breve” confermano la crescente fragilità del legame di coppia. Soprattutto fa sensazione – anche agli occhi degli avvocati matrimonialisti, ma sarebbe più corretto dire “divorzialisti”, ormai – fa sensazione, dicevamo, che un divorzio su cinque sia stato richiesto da coppie di persone con più di 65 anni. La separazione definitiva, quindi, si conferma un orizzonte presente in qualunque momento della vita familiare, anche quando si potrebbe dire, a quella età, che “il più è fatto”, e se una coppia è durata fino a quell’età, sorprende che voglia ancora dividersi.
Certo, le storie personali e familiari sono così uniche e originali che sarebbe sbagliato cercare interpretazioni univoche. Piuttosto ci pare interessante evidenziare alcune questioni specifiche, che possono aiutare a ripensare il posto del divorzio nella fotografia della famiglia contemporanea. In primo luogo emerge la grave fragilità della “promessa per la vita”. Anche dopo venti o trent’anni di vita insieme, in effetti, oggi le persone scelgono di abbandonare un progetto di vita condivisa, per altre traiettorie;forse per vivere da soli, più spesso per stare con altre persone, con altri affetti, con altri amori, diversi dalla persona a cui avevi promesso un’alleanza. Sempre liberi di scegliere, quindi, e questa sembra una conquista; ma anche sempre liberi di andare via da una promessa, e questa sembra più una resa, una sconfitta, più che un bene.
Un altro elemento del divorzio in età avanzata sembra riguardare l’educazione dei figli: stiamo insieme perché e finché i figli sono piccoli. Poi, però, ognuno per sé. Si vede qui una coppia che forse si è persa, nel legame di sposi, per essere “solo” genitori, e per questo “costretti” a stare insieme. Forse questo dato dovrebbe suggerire un accompagnamento più preciso alle coppie che diventano genitori, perché non dimentichino di restare sposi e spose, oltre che papà e mamma, e sapersi quindi ancora riconoscere legati da un’alleanza d’amore, mentre ci sono i figli, e a maggior ragione una volta che i figli sono autonomi. Forse un altro motivo è patrimoniale, più che relazionale: servirebbe un commercialista, per confermare o meno questa ipotesi, ma non si sbaglia se si afferma che essere sposati oggi è svantaggioso, dal punto di vista fiscale, e quindi forse i patrimoni sono più protetti dalla separazione e/o dal divorzio. Che ne dice l’Agenzia delle Entrate?
Rimane la sensazione che, al di là del picco di questi mesi, legato certamente all’avvio della legge, il divorzio breve non aiuta la stabilità della famiglia, ma esaspera la sua fragilità, aiutando a trasformarla, da alleanza d’amore per la vita, ad un contratto a termine, valido fino a prova contraria. Ed è triste confrontare questo esito con la forza e l’energia della passione dell’amore, che chiede tutto e per sempre. Ma questa dedizione e questa stabilità sembrano diventate ormai una missione impossibile, o per pochi eroi. E invece siamo convinti che la società potrebbe ancora investire in famiglie più forti e stabili, e non solo in divorzi più rapidi. E la società tutta ne beneficerebbe.
Redazione Papaboys (Fonte www.famigliacristiana.it/Francesco Belletti)