“A che giova accendere una piccola candela nel buio che ci circonda? Non sarebbe ben altro ciò di cui c’è bisogno per diradare l’oscurità? Ma si possono vincere le tenebre?”.
Un saluto ed un inizio provocatorio quella di Papa Francesco in Piazza San Pietro in occasione della veglia promossa dalla CEI in preparazione alla XIV Assemblea generale del Sinodo dei Vescovi. Occorre necessariamente fare un passaggio: da una candela tenuta in mano ad una vita che si fa luce per illuminare le tenebre del mondo: “voi siete la luce del mondo”. E che il mondo oggi sia avvolto da tenebre sempre più dilaganti è evidente ed è un dato di fatto. Ma la luce arde se c’è un fuoco che sempre l’alimenta, il fuoco dello Spirito Santo.
“senza lo Spirito Santo, Dio è lontano, Cristo rimane nel passato, la Chiesa diventa una semplice organizzazione, l’autorità si trasforma in dominio, la missione in propaganda, il culto in evocazione, l’agire dei cristiani in una morale da schiavi” (cfr Discorso alla Conferenza ecumenica di Uppsala, 1968). La Chiesa, e molto più gli uomini nella Chiesa, sono maestri di belle cerimonie, emozionanti. Oggi, però, la cerimonia non basta. Occorre dare voce allo Spirito Santo. Occorre ridare a Cristo la sua centralità, la sua signoria. O facciamo in modo che Cristo ritorni ad essere il Signore della nostra storia personale ed universale, oppure è la fine.
Non dobbiamo aver paura di dichiarazioni del momento che suscitano scalpore e clamore. La barca non la farà affondare nessuno se al timone c’è Cristo. Ogni uomo ha una grave responsabilità: essere luce, modello, esempio, testimone. Quando non si è tutto questo per motivi personali, per mancanza di prudenza, saggezza e santità personale, vuol dire che qualcosa non va, prima in noi stessi evidentemente. Se non si vive una vita coerente al vangelo o secondo il ministero che vivo e professo, non posso chiedere alla Chiesa di avallare il mio peccato e il mio errore. La Chiesa non è portatrice di una sua parola, di un suo pensiero, di una sua volontà. La Chiesa è depositaria di una volontà più alta, più grande, più sublime, quella di Cristo Signore. Se legalizza il peccato dell’uomo, qualunque esso sia, automaticamente si fa nemica di Cristo. Voglio fare un piccolo esempio, forse banale, ma serve per rendere l’idea di ciò che dico. Se un giovane che fa uso di droga non riesce a fare astinenza, non può incolpare lo Stato perché non gli legalizza la droga. Ecco, ognuno, poi faccia tutti gli esempi che vuole.
Preghiamo, dunque, perché è alta la missione della Chiesa. Formare veri cristiani e, quindi, formare vere famiglie: è questa la missione della Chiesa. Senza la formazione di veri cristiani, mai vi potrà essere missione. Quanto ognuno vuole essere vero cristiano o vera famiglia secondo il cuore di Dio? Quanto si lascia fare vero cristiano? Quanto si impegna per divenirlo? Quanta cura vi mette? La responsabilità è duplice. Essa è di coloro che sono chiamati a formare buoni cristiani. Questa responsabilità è dei ministri della Chiesa. L’altra responsabilità è personale. Chi vuole raggiungere la vera maturità cristiana?
“Ripartiamo da Nazaret per un Sinodo che, più che parlare di famiglia, sappia mettersi alla sua scuola, nella disponibilità a riconoscerne sempre la dignità, la consistenza e il valore, nonostante le tante fatiche e contraddizioni che possono segnarla… Questa Chiesa può rischiarare davvero la notte dell’uomo, additargli con credibilità la meta e condividerne i passi, proprio perché lei per prima vive l’esperienza di essere incessantemente rigenerata nel cuore misericordioso del Padre”. (Papa Francesco, veglia 3 ottobre 2015)
Di Don Francesco Cristofaro