Una delle novità del Sinodo del 2015 è l’ampio spazio dato ai Circoli minori, i piccoli gruppi di approfondimento nei quali sono stati suddivisi i padri sinodali. Ma quale la funzione dei Circoli minori e come si svolge il lavoro al loro interno? Paolo Ondarza lo ha chiesto al segretario speciale del Sinodo, mons. Bruno Forte:
R. – Sono dei gruppi di approfondimento, di elaborazione delle idee, costituiti anzitutto secondo le lingue, perché dobbiamo sempre ricordare che il Sinodo ha cinque lingue in cui di fatto si lavora, dunque costituiscono quello che in un linguaggio piuttosto usuale si chiama “gruppi di studio”, “gruppi di approfondimento” … in ogni caso, una forma per sollecitare e favorire la più ampia partecipazione e il più ampio dibattito.
D. – Sono i singoli padri sinodali che scelgono a quale circolo appartenere? Se sì, ci sono gruppi tematici più partecipati?
R. – La scelta fondamentale viene fatta in base alle lingue e quindi è chiaro che parlando la maggioranza dei padri presenti inglese, francese o italiano, spagnolo, c’è una piccola minoranza che parla tedesco, è chiaro che i gruppi linguistici rispecchiano questo numero. La scelta dei partecipanti all’interno, poi, dell’area linguistica … a meno che non ci siano particolari esigenze di un padre che le presenti, normalmente viene fatta dalla segreteria, in maniera piuttosto automatica.
D. – Non ci sono quindi aree tematiche che vedano una più ampia partecipazione, in questo momento?
R. – Ma, direi di no, perché i temi sono gli stessi per tutti i Circoli, fondamentalmente. Quindi, non è che ci siano opzioni in base a idee tematiche …
D. – Che sviluppo avrà, ai fini dello svolgimento del Sinodo, il lavoro dei singoli Circoli minori?
R. – Io credo che sia molto importante perché – come dice la parola “Sinodo” – si cammina insieme. Una cosa è un’assemblea di 270 padri più un centinaio tra uditori ed esperti; una cosa è un Circolo in cui una trentina di padri possono – con alcuni uditori ed esperti – condividere e riflettere insieme su alcuni punti. Insomma, è un esercizio effettivo di partecipazione. Non dimentichiamo che, appunto, il Sinodo è tale se questa partecipazione è al massimo favorita e incoraggiata.
D. – Dai singoli Circoli scaturirà una Relazione: chi sarà a redigerla?
R. – In questo c’è molta democrazia, nel senso che ogni Circolo sceglie un suo moderatore che ha il compito di dare la parola, coordinare il lavoro e un suo relatore, cioè qualcuno che faccia sintesi di tutte le idee emerse – possibilmente condividendole con tutto il gruppo – e poi le presenta in aula. Il lavoro dei Circoli viene effettivamente canalizzato verso una comunicazione a tutta l’Assemblea sinodale: questo è molto importante. Così il lavoro fatto in piccoli gruppi di fatto rifluisce nel lavoro collegiale di tutta l’Assemblea sinodale.
D. – 18 Congregazioni generali – potremmo chiamarle “assemblee plenarie” – e 13 sessioni di Circoli minori: viene dato ampio spazio ai Circoli minori. Questa scelta vuole valorizzare il focus, l’approfondimento?
R. – Vuole valorizzare la partecipazione collegiale: un tema che ci sta molto a cuore è che il Sinodo sia un effettivo esercizio della collegialità episcopale, dove cioè i vescovi abbiano non solo il pieno “diritto”, ma anche il pieno spazio per potere intervenire con il loro contributo per potere offrire un punto di vista; come anche le loro provocazioni e le loro domande.
D. – La metodologia di questo Sinodo è innovativa, rispetto al passato?
R. – Nel senso che si dà molto più spazio ai circoli minori: va esattamente nella linea di esprimere al meglio la collegialità episcopale.
D. – Personalmente, un suo auspicio alla luce di tanto impegno, di tanto lavoro di questi giorni e anche di questo anno: ricordiamo che siamo alla seconda tappa di questa riflessione della Chiesa sulla famiglia …
R. – Io lo farei riferendomi proprio a quello che sin dall’inizio Papa Francesco ha chiesto ai vescovi: di parlare con grande libertà, cosa che mi sembra sia avvenuta e stia avvenendo pienamente, in modo da contribuire con un senso alto di responsabilità e di fede, al bene di tutta la Chiesa. Mi sembra che sia – questo Sinodo in due tappe e con la fase intermedia che ha visto coinvolte fortemente anche le Chiese locali come quella preparatoria con il questionario – un esercizio molto alto di partecipazione della Chiesa. Insomma, è una Chiesa che sempre più si manifesta comunione, cioè unità nella varietà, nella ricchezza della diversità che lo Spirito suscita e dove ciascuno porta il proprio contributo per il bene di tutti. E’ la Chiesa del Vaticano II che prende forma attraverso una struttura, quella del Sinodo, che è figlia dello spirito del Vaticano II.
Redazione Papaboys (Fonte it.radiovaticana.va)