Un sacerdote cattolico che rischia la vita ogni giorno per salvare centinaia di rifugiati nella Repubblica Centrafricana: “Solo l’amore può distruggere i muri dell’odio”: questo sostiene padre Bernard Kinvi – sacerdote camilliano – in riferimento al conflitto etnico nella Repubblica Centrafricana. di Suor Grazia Candiru
Il religioso camilliano padre Bernard Kinvi, 32 anni di età, è impegnato come missionario in Togo nell’ospedale Giovanni Paolo II e nella missione camilliana in Repubblica Centrafricana. Nei primi mesi del 2014, Padre Kinvi ha salvato la vita a più di 1.500 persone che erano in serio pericolo di vita, minacciate sia dalle milizie Seleka che dalle milizie anti-Balaka, dopo il conflitto di tre anni che ha infiammato i due gruppi militanti ed è degenerato in un autentico genocidio.
Kinvi li ha raccolti dai loro villaggi e li ha portati presso la missione camilliana dove ha curato i feriti e ha dato loro da mangiare. Il religioso camilliano ha realizzato questa missione umanitaria a rischio della sua vita e della vita delle persone che lavorano con lui nella missione dell’ospedale di Bossemptélé, una cittadina ubicata a 186 miglia nord-ovest della capitale Bangui.
Padre Kinvi, recentemente, è andato a Roma, dove ha tenuto una presentazione in Vaticano sul conflitto che sta lacerando la Repubblica Centrafricana.
Qual è la situazione attuale del conflitto nella Repubblica Centrafricana (RCA) dopo la firma dell’accordo di pace tra le forze Seleka e i militanti anti-Balaka?
Dopo l’accordo di pace tra le milizie Seleka e quelle anti-Balaka, viviamo un momento di tregua inquieta. Dieci province su sedici sono ancora sotto il controllo di questi due gruppi. Ci sono ancora focolai di tensione nella parte nord-est del paese, soprattutto nelle zone di Bambarie, Ndele, Bria, Birao. Nel nord-ovest, i convogli di camion in partenza da Douala per la capaitale Bangui sono spesso attaccati da gruppi ribelli la cui identità non è nota. Nel nostro villaggio di Bossemptélé, vediamo scene di saccheggio dei camion o imboscate stradali.
Inoltre, alcune persone accusate di stregoneria sono torturate e sepolte vive. Il nostro compito molto spesso è quello di andare e negoziare la vita di queste persone accusate di stregoneria e ricondurle nella missione sotto la nostra protezione. Dall’inizio anno, siamo stati in grado di offrire rifugio ed incolumità ad almeno 49 persone. Purtroppo, ci sono sette persone che sono state uccise e tra di esse anche una donna incinta.
In tutto il territorio si respira un forte senso di impunità. Ogni giorno vengono commessi omicidi e reati gravi: le autorità ne sono pienamente consapevoli ma non intervengono. I criminali e i delinquenti, soprattutto nelle province, possono ancora muoversi ed agire liberamente, indisturbati senza paura. Questo fatto aumenta la loro forza e la loro capacità di continuare a fare del male.
Inoltre, non c’è un vero disarmo dei gruppi di ribelli nel paese. Al contrario, i ribelli anti-Balaka oggi sono armati fino ai denti con kalashnikov e granate, contrariamente al passato, quando usavano armi molto più leggere e meno strutturate.
Quando finirà questa guerra, se le armi circolano liberamente nel paese?
Nel mese di luglio, l’Onu ha annunciato che stava aumentando le forze di pace di circa 13.000 soldati. Quanto sono effettivamente efficaci le forze di pace delle Nazioni Unite nello scongiurare il conflitto in RCA?
imageCon la mia poca esperienza in Bossemptélé, mi sono reso conto che le forze di pace organizzate dalle Nazioni Unite sono solo un forza di deterrenza rispetto alla violenza, piuttosto che essere una forza di pace. Ci hanno aiutato e continuano ad aiutarci ad evitare il peggio. Ma in realtà non prendono seriamente in considerazione la tutela della sicurezza della popolazione.
In Bossemptélé, ho visto le milizie anti-Balaka attaccare la zona di Fulani, uccidere e rubare il loro bestiame davanti agli occhi dei caschi blu delle Nazioni Unite che non sono intervenuti. La stessa stazione di polizia di Bossemptélé è stata saccheggiata in pieno giorno da uomini armati. L’inerzia dei militari “di pace” delle Nazioni Unite mi ha sempre scioccato: mi sono sentito deluso ogni volta che avevo bisogno del loro aiuto per proteggere le persone che venivano torturate e minacciate di morte. Questi militari hanno raggiunto Bossemptélé, io li ho accolti nella parrocchia, in modo da offrire loro maggior confort e metterli in grado di fare meglio il loro lavoro. Con l’andare del tempo, hanno trasformato la parrocchia in un luogo di prostituzione; hanno rovinato l’unico generatore elettrico della parrocchia e, fino ad oggi, la parrocchia è ancora senza energia elettrica. Ho dovuto chiedere loro di lasciare la parrocchia.
Il loro budget è enorme, ma in provincia noi non notiamo l’efficacia delle loro azioni. Oggi, realisticamente ci chiediamo se, in realtà, le forze di pace delle Nazioni Unite siano effettivamente in grado di riportare la pace nelle nazioni in conflitto.
Chi sono le persone più vulnerabili della comunità tra i combattimenti in RCA?
Nel bel mezzo del conflitto, i più vulnerabili sono stati in primo luogo i disabili. Sono tra i più abbandonati. Oltre a loro, ci sono anche le persone anziane e i bambini. I ribelli hanno risparmiato alcuni di loro, altri invece son stati coinvolti nei massacri.
Tra le vittime che ho sepolto, c’erano persone di tutte tre queste categorie. Per questo motivo, durante il conflitto, sono andato nei quartieri del villaggio e nelle case private per recuperare queste persone vulnerabili ed offrire rifugio nella nostra missione.
Oggi, offriamo asilo a quattro disabili, accolti durante la guerra, le suore carmelitane si prendono cura di loro. Altri sono ospitati nei campi per sfollati e nel vicino Camerun.
Molti commentatori interpretano il conflitto in RCA come una guerra dettata dal fanatismo religioso. Qual è la vostra percezione del conflitto nel paese?
IMG-20141202-WA0000I media hanno sempre presentato il conflitto RCA come un conflitto religioso. Questo approccio è molto comodo per assolvere i veri responsabili di questo conflitto. Non si può parlare di un conflitto religioso perché nessuno dei protagonisti in questo conflitto sostiene di combattere in nome di Dio o per difendere una ideologia religiosa. Alcuni hanno combattuto per ottenere potere; altri per inseguire e sconfiggere i loro oppositori.
Secondo la tua esperienza, che cosa sta alimentando il conflitto nella Repubblica Centrafricana?
La Repubblica Centrafricana è un paese immensamente ricco di diamanti, oro, legname, olio e molte altre risorse. Purtroppo, quasi tutti i governi che si sono avvicendati hanno abusato di queste risorse. La popolazione non ne ha mai goduto appieno. Il paese, a dispetto di tutta questa ricchezza, rimane molto povero, senza segni evidenti di un reale sviluppo.
Inoltre, il nord-est del paese rimane completamente abbandonato: non c’è nessuna iniziativa di sviluppo; assenza di strade asfaltate che colleghino la capitale, Bangui, alle province del nord-est; mancanza di istruzione, scarso accesso all’acqua potabile, all’assistenza sanitaria o all’energia elettrica.
Questo ha creato un profondo senso di frustrazione e di rabbia nella popolazione che ha cominciato ad organizzarsi in gruppi e combattere per la gestione autonoma di questa regione così ricca di risorse. Questi gruppi di ribelli hanno preso il controllo del commercio dei diamanti, dell’oro e del legname. La loro ambizione è quelle di rovesciare il potere politico e di contribuire ad un reale sviluppo del paese. Questi gruppi ribelli si sono fusi in un unico gruppo denominato Seleka, che significa “Alleanza“. Sono formati soprattutto da musulmani, ma tra loro ho incontrato anche animisti e cristiani.
Father-Bernard-Kenvi-help-010Le milizie Seleka che hanno preso il potere a marzo 2013, purtroppo, hanno perpetrato una serie di abusi tra la popolazione civile. Ciò ha portato alla nascita di un altro gruppo di auto-difesa chiamato anti–Balaka.
Questi ultimi non stanno combattendo in nome di Dio o per difendere una qualsiasi ideologia religiosa. Hanno preso le armi perché erano stanchi dei soprusi dei ribelli Seleka, soprattutto nei confronti della popolazione civile.
Sebbene la maggior parte delle azioni di violenza dei gruppi Seleka fossero diretti contro i non-musulmani e quelle degli anti-Balaka contro i musulmani, ho capito che sia i Seleka che gli anti-Balaka continuavano a saccheggiare le chiese, rubare le proprietà di musulmani, così come dei non-musulmani, di uccidere sia i musulmani che i non musulmani.
Nel complesso, credo sinceramente che questo conflitto sia di natura politica.
Se i guadagni provenienti dalle risorse naturali del paese fossero stati equamente distribuiti a beneficio di tutti, se ci fosse una buona azione di governo – e fossero stati rispettati i diritti delle persone – credo che questa guerra non sarebbe mai scoppiata.
Come siete stati in grado di gestire due gruppi in conflitto senza prendere posizione?
Essere neutrale, è stata la scelta più facile da compiere perché avevo davanti a me due gruppi che hanno agito male a tutti i livelli, commettendo la stesse violenze. Quindi, per me, la decisione di non schierarsi con un gruppo di malfattori, è venuta naturale.
Inoltre, riflettendo sulla vita terrena di Gesù, egli non si schierò con i romani, né con gli zeloti. È sempre stato il terreno neutro che ha trasmesso l’amore. Egli ci ha chiamato ad amare i nostri nemici, ad offrire la guancia sinistra a colui che ci dà uno schiaffo sulla guancia destra. Dobbiamo seguire le orme del Maestro.
Che impatto ha avuto questo conflitto sul vostro ministero pastorale?
1411551631437Quando sono entrato nell’Ordine dei Ministri degli Infermi (Camilliani), non avrei mai immaginato che un giorno mi sarei trovato a vivere e ad operare in una situazione di guerra. Sono sempre stato affascinato dalle vite dei martiri e delle persone che spendono tutte le loro energie per prendersi cura dei malati.
Questo conflitto ha veramente provato la mia fede, ma contemporaneamente l’ha fatta crescere con una eccezionale esperienza del nostro Dio, percepito sempre con noi in tutte le nostre prove. Ho compiuto alcune scelte molto forti che mi hanno fatto credere che il Signore opera veramente dentro di me.
Ho scoperto che solo l’amore può distruggere i muri dell’odio. Ringrazio Dio che ha rivelato il suo amore a tutti coloro che sono venuti nel nostro ospedale. Ho incontrato dei ribelli che mi hanno minacciato di morte e sono stato in grado di offrire la mia mano per salutarli, proprio in forza di questo amore. Solo l’amore può diradare e stemperare l’odio del mondo. E questo amore si può vivere attraverso la preghiera. Ogni volta che mi si chiede dove ho trovato la forza per fare tutto ciò che ho fatto e che continuo a fare, dico semplicemente: “in Gesù Cristo” e poi nell’eucaristia, nell’adorazione, nella preghiera quotidiana del Rosario. Queste sono le mie armi della vittoria!
Il mio ministero è fruttuoso ogni volta che arricchisco la mia vita attraverso la fede, la preghiera e l’amore.
Quali sono stati alcuni dei vostri principi guida quando si trattava di proteggere, servire e salvare le persone in questa situazione di conflitto?
In questo conflitto, siamo stati guidati da due principi essenziali: proprio come Cristo mio Signore, io sono chiamato ad amare [completamente] a dare la vita per coloro che amo. Questo potrebbe richiedere anche la mia stessa vita, come è stato nel caso di Gesù. Ma io credo che Lui mi risusciterà. Questa speranza cristiana è stata e continua ad essere una forza per me.
Poi, in secondo luogo, Gesù disse: “Ogni volta che lo avete fatto a uno solo di questi miei fratelli, l’avete fatto a me”, Ero convinto che proteggendo, curando e nutrendo i 1.500 profughi accolti con noi, era Gesù che servivo. Ho visto il volto di Gesù in tutte queste persone proprio mentre fissavo sull’Eucaristia.
di Redazione Papaboys – Fonte: Camilliani.org