“Non avevo lavoro, non sapevo come sarebbe stato il mio futuro, mi ero innamorata di Carlo. E per la prima volta un sentimento d’amore sfuggiva al mio controllo, avevo paura”.
Giulia Pezzullo ricorda così il momento nel quale ha sentito che doveva prendere una decisione, voleva diventare forte e per questa ragione ha smesso di mangiare fino a consumare una mela e uno yogurt al giorno passando dai 58 ai 34 chili in meno di un anno.
“Perché le cose con gli uomini possono andare bene o possono andare male ma io non potevo sopportare che andassero male come era accaduto alla mia famiglia per colpa di mio padre”. Camminate, sport, una vita iperattiva. Fino all’esaurimento fisico, le ossa talmente sporgenti che provocano lividi alla pelle, “un mese intero passato abbracciando la stufa perché avevo sempre freddo e comunque uscivo a camminare per lunghi chilometri”.
Una vita che non era la sua: “Non avevo mai fatto molto caso al mio aspetto fisico, non avevo mai amato particolarmente lo sport, prima frequentavo un sacco di amici e invece mi ero ridotta a stare sempre da sola”.
Infine il ricovero in un ospedale di Conegliano (Treviso), lei che sulla barella del pronto soccorso canta a squarciagola per dimostrare “una tremenda spavalderia”: “Mi sentivo onnipotente, in realtà ero incapace di intendere e volere”, il padre che finalmente le dedica attenzioni e porta una tartare di tonno per convincerla a mangiare, le sorelle Monica e Roberta che dormono a turno nella sua stanza, l’ex fidanzato che scatta le foto del suo corpo smagrito, il tubicino dell’ossigeno.
All’epoca aveva 21 anni e una ostinazione tremenda: “Mi dissero che dovevo essere alimentata con il sondino, io mi sono opposta. Ho detto: ce la farò da sola”.
Ora, tre anni dopo, Giulia è guarita. E nei primi giorni di novembre ha aperto un blog per aiutare coloro che soffrono di un disturbo alimentare, un faro luminoso nel web verso il quale si dirigono genitori preoccupati e ragazzi (maschi e femmine) che le scrivono ringraziandola e incoraggiandola a continuare: “Quando ho capito che stavo male ho dovuto passare molte ore in Internet per trovare informazioni, vorrei che questo blog fosse prezioso in questo senso”.
Il blog è anche una promessa a una ragazza di Treviso, morta il 5 novembre per anoressia. Si chiamava Cristina Fornasier, erano diventate amiche grazie a Facebook.
Chattando con Cristina, Giulia ha compreso un dettaglio fondamentale: “Era malata da dieci anni, mi diceva di avere chiesto aiuto ma di non avere trovato fiducia. Questo significa che la malattia le impediva di comprendere come i dottori siano fondamentali: io ho avuto al mio fianco la mia famiglia, gli amici e il mio ragazzo ma soltanto i medici possono aiutarti davvero”. Non è stata solo fortuna: “No, sono stata brava anch’io”.
Il nome del suo sito è “Filo rosso”, il dominio gliel’ha regalato il fidanzato Carlo che nonostante tutto continua a stare al suo fianco: “E’ stato il primo ad accorgersi che stavo male e mi faceva leggere articoli sull’anoressia sperando che mi rendessi conto, ma io non volevo sentire ragioni, non mi piaceva l’idea di essere malata. Così l’ho lasciato”. Decine di volte.
“Si è trasferito a Milano per me, poi sono tornata a Conegliano, a volte andavo a vivere a casa sua e lo mettevo alla prova. Mi dicevo: se rimane vicino a me allora mi ama davvero. Siccome avevo il terrore della nostra relazione, la distruggevo. Ancora oggi fatico a fidarmi”.
Scrive: Ci è stato insegnato che tutte le relazioni si basano su uno scambio. Dare e ricevere. La malattia mi permetteva di ricevere senza dare. Ero un involucro. Occhi spenti. Sguardi non presenti. Ero un burattino nelle mani di quella malattia che tanto ti toglie e niente ti dà. L’anoressia faceva da regista ed io ero la protagonista.
“Le foto di quel periodo? Le avevo buttate via perché mi faceva male guardarle. Per fortuna ne ho recuperata qualcuna. E’ difficile pubblicarle eppure mi aiutano a liberarmi di quello che ho passato”, dice Giulia. Che vuole precisare: “Io dico di essere guarita ma continuo a fare psicoterapia perché l’anoressia potrebbe tornare. Ancora oggi soffro di binge-eating, a volte mi abbuffo e poi mangio frutta per tre giorni per smaltire. Non è finita”.
In “Filo rosso” spiccano le immagini di Giulia con le persone che le vogliono bene. Amici che si ammucchiano sul letto d’ospedale sorridendo al fotografo, mamma Giorgia e papà Luigi che la accarezzano e la baciano. “Per loro si trattava soltanto di un problema con il cibo. Mio papà mi diceva: ‘Perché non ti mangi quel pezzo di pane?’ e quando finivo tutto sul piatto scattava una standing ovation. Ma la mia battaglia non era vinta per questo”.
Queste sono le verità che vuole far conoscere alle persone che stanno vicino a chi soffre di disturbi dell’alimentazione: “Non si tratta di una preoccupazione estetica, il nostro è un dolore profondo che diventa visibile se dimagrisci molto come nel caso dell’anoressia, oppure rimane invisibile se non c’è variazione di peso”.
Continua su www.huffingtonpost.it