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E per Natale è sempre la stessa storia, non c’è posto per il Re!

Come tanti anni fa la storia si ripete, e proprio a Natale sembra non esserci posto per Gesù Cristo da nessuna parte nel nostro “occidente laico” che ha barattato il compleanno del Nazareno per il più becero consumismo e sentimentalismo ipocrita del Natale made in Coca Cola.

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Ed è proprio così, d’altronde chi ha perso ogni briciola di valore e principio alla base della propria società non può che non essere preso d’assalto da chi solo cerca il proprio interesse in nome di un dio Denaro, che oggi come allora, trova più consensi che il Bambino di Betlemme, per il quale, ormai abituato, posto non ci fu e posto non ce n’è.
Paradossale vero? Il Natale, la festa nella quale si celebra la nascita di Cristo, è diventato un evento, molto luccicoso e brillantinoso, al quale lui stesso non è più invitato da tempo.

Effettivamente perché uno stato “laico” (tenendo ben presente che il concetto di laicità nasce in seno al cristianesimo) dovrebbe spiegare ai bambini nelle scuole, tra una falce e martello e l’altra, che duemila e passa anni fa è nato un Uomo su questa terra il quale ha cercato di raccontarci che il punto più alto nella vita di ogni essere umano è il sacrificio disinteressato per gli amici e financo per i nemici, dimostrandocelo sulla sua propria pelle?!? Quando invece si può benissimo ridurre il Natale alla festa di un povero facchino, un po’in sovrappeso, vestito di rosso e con la barba bianca, con una risata un po’ da coglione, che ha il dovere di esaudire ogni nostro egoistico desiderio a spese dei nostri genitori e con gran goduria del “capitale”?!? Insomma, tra un laicismo anticristiano ed un capitalismo anticristiano sembra proprio che Gesù Cristo non possa essere invitato alla sua festa di compleanno.

Se ci spostiamo invece verso il Medio Oriente e l’Asia la situazione non sembra essere molto migliore. La persecuzione dei cristiani infatti subisce sempre una impennata durissima durante il Natale. Nonostante chi si riempie la bocca quotidianamente ed ipocritamente di parole come diritti umani, tolleranza, pace ecc ecc, non menzioni mai il fatto che mai come oggi nella storia vengano uccisi, solo a causa della propria fede in Gesù Cristo, cristiani a migliaia (statisticamente il gruppo più perseguitato nel mondo). Tanto meno il tema suscita interesse nelle agende delle organizzazioni internazionali preposte per intervenire nel mondo in situazioni come queste, ed anzi, a quanto pare per gli stati che partecipano in queste organizzazioni è molto più cruciale trattare di affari con i leader di paesi come l’Arabia Saudita e la Cina, due esempi tra i tanti, nei quali essere cristiani, od esserlo in modo diverso da come ha stabilito il regime, è reato.

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Paradossale vero? Che a modo suo, da nord ed est e da sud a ovest, ogni società proprio per Natale esprima nella maniera più forte possibile l’esclusione di Gesù Cristo, da questo mondo. Nulla di nuovo sotto il sole, a Betlemme duemila e quindici anni fa (circa) non fu molto differente l’esito della sua venuta.

Ed è proprio a Betlemme che mi voglio soffermare, lì a ridosso del muro che divide Israele dalla Palestina.
Come toccò a Cristo, oggi la stessa esclusione ed emarginazione tocca a decine e decine di bambini, proprio esattamente lì dove nacque Lui, i poveri bambini della Créche.

La Créche di Bethleem è l’orfanotrofio che accoglie, molto probabilmente, i bambini più emarginati sulla faccia della terra. Di fatti la peculiare situazione politica tra Israele e Palestina da vita ad una situazione che sembra quasi surreale, ed ancor di più tenendo in conto che siamo nel 2015, e che come spesso accade in questi casi, colpisce più di tutti i più deboli ed indifesi.

I bambini che vengono accolti in questa struttura non godono di una personalità giuridica, che, detto senza termini giuridichesi, significa che NON SONO CONSIDERATI PERSONE DA NESSUNO STATO DEL MONDO.

Il contesto socio-culturale tradizionalmente arabo in Palestina fa si che i bambini nati da incesto o prima del matrimonio non siano considerati persone. Il concetto di persona è completamente diverso da come lo intendiamo noi, infatti il centro della società non è l’individuo bensì la comunità familiare, il clan. La persona si ritrova a far parte di una società in base al sangue della famiglia che gli scorre nelle vene. Le donne, che rischiando vita (il padre ed il marito sono i primi che hanno il diritto di lanciare il sasso in caso di adulterio) decidono ugualmente di mettere al mondo il proprio figlio, danno alla luce neonati che non avendo un legame di sangue riconosciuto da nessun clan familiare non vengono riconosciuti dalla società come persone, oppure nei casi in cui una famiglia li accetti nel gruppo saranno destinati per tutta la vita ad essere persone di serie B.

Spesso e volentieri, molto probabilmente temendo per la propria vita, le madri di questi bambini partoriscono in mezzo al deserto lasciando lì il neonato, il quale non avrà praticamente speranza di sopravvivere in preda agli stenti, ai cani randagi ed alle formiche… Nei casi in cui le autorità palestinesi trovino i neonati abbandonati ancora vivi la destinazione per loro è solo una, solo uno è il luogo nel mondo che tende le braccia per ricevere questi piccoli essere umani, la Créche.

Infatti da un lato i servizi sociali palestinesi non prevedono nessun tipo di aiuto per questi bambini fino ai 4 anni di età, e dall’altro Israele dall’altra parte del muro che circonda proprio Betlemme, solo spera che lo stato Palestinese abbia più problemi sociali possibili potendo così colonizzare ogni volta che parte della popolazione locale emigra.
Le uniche persone nel mondo per le quali questi piccoli neonati sono importanti sono le Figlie della Carità di San Vincenzo de Paoli, le quali fin dal 1884, in risposta all’appello del Vescovo, sono andate a Betlemme per mettersi al servizio dei poveri della regione.

Spesso sono direttamente le giovani donne incinte a richiedere aiuto alle suore della Créche, le quali hanno elaborato un abile sistema per dissimulare l’assenza della donna da casa durante il tempo necessario per la gravidanza e il parto, dopo il quale, lasciando alla cura delle suore il bambino, potranno tornare a casa.

Nei casi in cui invece sono le autorità palestinesi a portare dalle suore i neonati il primo passo è quello di fare il possibile per farli sopravvivere, essendo molto precarie le condizioni nelle quali giungono da loro questi piccoli trovati abbandonati nel deserto o chissà dove.

La Créche attualmente è il solo istituto in tutti i territori palestinesi abilitato ad assicurare questa missione.
Molti dei neonati accolti sono dei prematuri, o bambini malati. Essi necessitano di molte cure, di ricoveri ospedalieri e a volte di grandi interventi chirurgici. Nel contesto geopolitico attuale, la Créche di Betlemme si rivela più necessaria che mai. Essa è un oasi di pace per i bambini abbandonati: bambini sfortunati, sotto alimentati, picchiati, a volte gettati fuori di casa dalla suocera, bambini testimoni della morte tragica di genitori, neonati abbandonati nel deserto e lungo le strade da ragazze madri disperate…

Dicono le suore “L’avvenire di questi piccoli non è ricco di speranze perché l’adozione non è permessa nell’Islam ed è anche una sofferenza per noi. Ma il bambino ci insegna a vivere il momento presente con intensità ed è lui stesso una sorgente di zelo e di perseveranza per noi a lottare per lui. Con loro viviamo appieno la nostra missione che è quella di incarnare l’Amore”.

E queste forti parole assumono un significato ancor più vero se si pensa da quanto tempo ininterrottamente queste suore sono presenti sul territorio, e che in varie occasioni di scontri tra ebrei e musulmani la loro Chiesa è stata pure danneggiata con delle armi. (Perché da quelle parti quando se le danno tra ebrei e musulmani se per caso ci prende sotto anche qualche cristiano va bene per entrambi.)

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Le suore, francesi ed anche orgogliosamente italiane, fondano quotidianamente la loro forza su una frase di San Vincenzo “Se questa è opera di Dio non temete nulla.” Ed è davvero disarmante il coraggio e la decisone con la quale queste suore si scarificano completamente per questi piccoli abbandonati da tutti, esattamente lì dove lo stesso Gesù Cristo abbandonato da tutti nasceva in una buca coperta di paglia dentro una grotta, perché per lui come per questi bambini, nel mondo del consumo e dell’odio non c’era e continua a non esserci posto.
Buon Santo Natale.

(Personalmente se qualcuno sta pensando di farmi un regalo per Natale ci tengo a precisare che l’unica cosa di cui ho veramente bisogno è l’affetto delle persone che mi stanno intorno, di tutto il resto posso farne a meno (lambrusco a parte). Piuttosto di buttare via dei soldi per me invito a fare una donazione, anche di cifre molto contenute, a queste suorine fantastiche.
Coordinate bancarie:
Mercantile Discount Bank Ltd,
nome: La Compagnie del Filles de la Charite de St Vincent;
Swift code “BARDILIT”;
IBAN: IL43 0176 3800 0000 2229 635.
Grazie




di Pietro, il re di Coimbra

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