Chiese che diventano presepi viventi, piene di fedeli che pure nella difficoltà del momento si ritrovano ai piedi della mangiatoia per pregare Gesù, principe della pace. Non si tratta di una rappresentazione e nemmeno di ‘pastorelli’ come tradizione recita, ma poveri, sfollati, rifugiati, malati, persone private della loro casa, costrette a fuggire dai Paesi di origine, Iraq e Siria in primis, per scampare alla violenza della guerra e dello Stato Islamico.
Tutte persone che non riescono più a fidarsi degli uomini e per questo si aggrappano con forza alla loro fede in Dio. Aleppo, Beirut, Erbil, Baghdad, Amman, come Betlemme. Non ci saranno messe di Mezzanotte per attendere la nascita di Cristo. Motivi di sicurezza e le poche risorse impongono di anticipare gli orari e di limitare le celebrazioni esteriori. Ma questo non impedirà ai fedeli di affollare le chiese e recuperare identità, speranza e dignità.
Siria. Padre Ibrahim Sabbagh è il parroco di san Francesco, nel quartiere Azizieh di Aleppo, città siriana sotto assedio dal 2012. La sua chiesa è stata bombardata lo scorso 25 ottobre. Il tetto e le finestre sfondate, fortunatamente non ci sono stati morti, solo tanta paura. Da quel giorno, con i suoi parrocchiani (600 famiglie per circa 3000 fedeli), si è messo al lavoro per rendere la chiesa di nuovo agibile. Un piccolo miracolo che si è realizzato con l’apertura della Porta Santa il 13 dicembre. “La gente – racconta padre Sabbagh – attende il Natale. Per noi è il tempo della memoria delle vittime della guerra, dei feriti, dei malati, dei bambini e degli anziani, delle loro famiglie. È il tempo della preghiera per la pace per il nostro Paese e per quelli vicini”.
Aleppo vive una vera e propria emergenza umanitaria, con acqua, medicine e energia elettrica che scarseggiano. “Nel nostro piccolo cerchiamo di aiutare le famiglie con un po’ di denaro per acquistare gasolio, per le scuole dei bambini, per le medicine” dice il parroco. Il grande presepe realizzato dagli scout nella chiesa ricorda che anche Cristo è nato tra tante difficoltà. “Ma in questo Bambino – sottolinea il francescano – troviamo la ragione della nostra speranza che vogliamo condividere con tutti. Questo Natale sia per tutti un’oasi di pace e di gioia”. La messa di Mezzanotte sarà celebrata alle 17 cui seguirà lo scambio di auguri e di doni. Sono già pronte 800 scatole di cioccolatini per tutti i bambini del catechismo. Il 25 dicembre messe al mattino e al pomeriggio. “Lasciamo fuori il buio e le tenebre – prega padre Sabbagh – e lasciamoci riscaldare dalla tenerezza di Gesù che allontana insicurezza, paure e terrore”.
Iraq. Stessa atmosfera a Baghdad e a Erbil dove da mesi sono sfollati 120 mila cristiani in fuga dalla Piana di Ninive conquistata dallo Stato islamico. A descriverla è monsignor Shlemon Warduni, vicario patriarcale caldeo di Baghdad e presidente di Caritas Iraq. “Crediamo alla tenerezza di Dio e al suo amore per l’umanità. Questa è la certezza che ci spinge a vivere il Natale nonostante tutto ciò che di brutto e violento accade intorno a noi. Non è facile vivere in queste condizioni: i nostri fedeli sono da molto tempo ormai lontani dalle loro case, dalle loro terre e non sanno cosa accadrà di loro. Così non si può vivere”. Anche in Iraq la mancanza di sicurezza e la precarietà di vita hanno imposto di anticipare la messa di Mezzanotte al pomeriggio e la mattina presto del 25 dicembre. “Il nostro pensiero va a tutti i fedeli che vivono da rifugiati e da sfollati nel Kurdistan, a Erbil e nel sobborgo di Ankawa. Cercheremo di aiutarli a vivere il Natale nella gioia almeno spirituale. Ai bambini faremo dei doni da parte di Babbo Natale”. Non manca una stoccata ai “potenti della terra”, a quelli che “dicono di volere la pace e poi vendono le armi per ucciderla”.
Libano. Messe e celebrazioni natalizie anche nei campi profughi nella zona di Beirut. Monsignor Michel Kassarji, vescovo caldeo della capitale libanese, si occupa da tempo di oltre 3500 famiglie rifugiate siriane e irachene. Anche qui, racconta, “sono grandi i bisogni materiali per questo ho lanciato una campagna natalizia di solidarietà. Lo scopo è raccogliere fondi per kit alimentari e igienici a tutte le famiglie. Non risolve l’emergenza il centro medico sociale di san Michele nella regione di Sed-El-Bouchrieh, che cura quotidianamente 130 malati. Fondi serviranno anche per finanziare le attività di un altro centro pastorale che accoglie e orienta le famiglie anche nella ricerca di un lavoro”. Un’intensa attività di accoglienza che non distoglie la comunità di mons. Kassarji, radunata nella parrocchia di san Michele arcangelo, di prepararsi al Natale. Tutto ruoterà intorno alla messa del 25 dicembre mattina quando sarà aperta anche la Porta Santa del Giubileo della Misericordia. Nei giorni seguenti già fissate le principali celebrazioni e feste per la comunità, tutte con un occhio di riguardo verso le famiglie siriane e irachene rifugiate.
Giordania. Un Natale nel segno della semplicità e della solidarietà anche in Giordania dove sono riparati migliaia di cristiani iracheni e siriani accolti dal Patriarcato latino di Gerusalemme e dal Vicariato caldeo locale all’interno delle rispettive parrocchie e centri di accoglienza . Centinaia di famiglie si ritroveranno nei centri per celebrare nel pomeriggio la Messa di Mezzanotte e la mattina dopo quella di Natale. Nel centro Regina Pacis di Amman, del Patriarcato latino, 60 famiglie di rifugiati siriani e iracheni pranzeranno e faranno festa insieme. Lo stesso accadrà nei centri di Madaba, Zaqqa e Mar Elias. Feste e preghiere anche nei quattro centri di accoglienza caldei, 800 famiglie (circa 4000 fedeli), della capitale Beirut, come spiega il vicario caldeo della città, padre Zaid Habbaba. “In vista delle messe natalizie abbiamo coinvolto i nostri fedeli iracheni in un coro di oltre 50 cantori e musicisti e poi organizzato delle feste per i più piccoli con Babbo Natale. Ora ci prepariamo per le messe. Ogni centro celebrerà il 25 dicembre due messe, oltre alla tradizionale liturgia di Mezzanotte” anche in Giordania anticipate al pomeriggio. In questi giorni le famiglie stanno ricevendo un coupon di circa 50 dollari per l’acquisto di generi di prima necessità. “Anche questo – dice padre Habbaba – è un modo per vivere il Natale: restituire dignità a chi è stata strappata con la violenza”.
di Daniele Rocchi per Agenzia Sir