“Da diversi anni vado nelle scuole, nelle università, a raccontare quello che succedeva nei lager nazisti. Ora ho deciso di raccontare i particolari in un libro: per dovere nei riguardi di quei compagni che non sono ritornati a casa e per far sapere ai giovani cos’è successo in quei luoghi, l’orrore che i miei occhi hanno dovuto vedere”. Alberto Mieli, romano, classe 1925, deportato e reduce del campo di concentramento di Auschwitz, racconta alla nipote Ester la sua infernale esperienza nel libro “Eravamo ebrei. Questa era la nostra unica colpa“ (Marsilio).
Episodi inimmaginabili
“Ricordo con commozione le lacrime sulla barba bianca del mio preside che mi annunciava piangendo che non potevo più venire a scuola. Era il ’38, ed erano entrate in vigore le leggi razziali”. “Ho vissuto episodi che nessuna mente umana può immaginare. Nazisti che prendevano per i piedi bambini di sei sette mesi, balbettanti dal freddo, li lanciavano in alto per poi sparargli, come fossero volatili”.
Crudeltà e solidarietà
“I giovani devono sapere. E’ giusto che sappiano cos’è accaduto. Per i nazisti, soprattutto la domenica quando si ubriacavano, uccidere dieci, venti deportati, era una cosa normalissima”. Alberto Mieli è testimone anche di storie di grande solidarietà. “Tornato da Auschwitz, trovai i miei fratelli sani e salvi, perché gli inquilini del nostro palazzo li avevano assititi, come fossero figli loro”.
I giovani debbono essere sentinelle
“Tante volte nei lager, ho peccato, mi sono chiesto dov’era il Padre eterno, che permetteva tutti quegli eccidi. Poi, un attimo dopo, tornavo a pregarlo perché salvasse la mia famiglia. Ma ho mantenuto la fede e la fiducia nell’uomo e rifiutato la vendetta”. “I giovani di oggi devono essere delle sentinelle”, conclude Alberto Mieli. “Devono fare attenzione, combattere l’indifferenza, perché anche oggi accadono episodi crudeli, sopravvive l’antisemitismo. Debbono stare molti attenti“.
Mercoledì 27 gennaio, “Giorno della memoria”, presentazione del libro alle ore 17, presso la Radio Vaticana
Redazione Papaboys (Fonte it.radiovaticana.va/Fabio Colagrande)