Caro direttore, sembra che in area anglosassone si stia diffondendo la moda augurare “Happy Ishtar” invece che “Happy Easter”. Infatti, adesso gira voce che la festa di Pasqua discenderebbe direttamente dalla festa di una dea mesopotamica di nome Ishtar. Si potrebbe liquidare questa leggenda con una solenne risata se non fosse che sul web, negli ultimi anni, di leggende sui presunti legami fra le feste cristiane e ogni sorta di religioni pagane ne sono circolate un po’ troppe: le più famose riguardano Halloween, il carnevale, il Natale e la Pasqua.
Vale la pena esaminarle brevemente perché queste strampalate leggende hanno lo stesso, enorme successo di pubblico che hanno le leggende nere sulla storia della Chiesa e non sono meno diaboliche. Ma soprattutto, vale la pena riscoprire il vero significato delle nostre feste e dei loro simboli. Non lasciamoci scippare il significato delle uova di Pasqua dalla prima dea pagana che passa per strada.
Narra una leggenda che la festa di Halloween sarebbe stata inventata da qualche papa altomedievale per oscurare la festa dedicata a Samhain, una oscura divinità celtica avida di sacrifici umani. Narra un’altra leggenda che la festa di Carnevale sarebbe stata inventata da qualche papa tardoantico per oscurare quel ciclo di festeggiamenti di carattere orgiastico noti come Saturnali, che i pagani avrebbero festeggiato ogni febbraio. Più precisamente, questo papa tardoantico avrebbe deciso di non abolire i Saturnali per consentire alle genti romane, non ancora pienamente cristianizzate e quindi non ancora abituati a reprimere i loro bassi istinti, di sfogare i suddetti bassi istinti appena prima della quaresima, affinché potessero sopportare meglio le privazioni quaresimali.
Queste due leggende sono molto care ai protestanti, che hanno sempre guardato al cattolicesimo come a un cristianesimo imperfetto, ancora pieno di tracce di paganesimo. Oltre alla festa di Halloween, celebrata dagli immigrati cattolici irlandesi e francesi, i protestanti e i post-protestanti americani non hanno mai potuto sopportare il carnevale, che infatti negli Usa è riuscito sopravvivere, peraltro in splendida forma, solo all’interno della città un tempo francese di New Orleans. Nei paesi protestanti girava voce che nei paesi cattolici, durante i festeggiamenti del martedì grasso, i festeggianti fornicassero allegramente fra loro, rimandando con comodo alla vicina Quaresima il pentimento e la confessione (il sacramento della confessione ha sempre suscitato molte ironie fra i protestanti). Le sgargianti maschere veneziane, secondo il pregiudizio puritano, sarebbero servite proprio a nascondere ossia a “salvare la faccia” dei festeggianti durante gli atti di fornicazione (una delle più scabrose scene di Eyes wide shut di Stanley Kubrik riflette proprio questo grottesco pregiudizio protestante).
Per quanto riguarda il Natale, è ancora molto diffusa l’idea che la festa di Natale si sia sovrapposta alla festa del Sole Invitto, che i pagani avrebbero festeggiato ogni 25 dicembre. Per quanto riguarda la Pasqua, secondo una tesi molto alla moda in questo periodo la festa di Pasqua discenderebbe direttamente dalla festa pagana Ishtar, dea assiro-babilonese del sesso, del matrimonio, della fertilità, del parto ma anche della guerra e delle tempeste. Questa tesi si basa su di una sola “prova”, molto fantasiosa: la parola inglese “Easter” (Pasqua) e la parola “Ishtar” sarebbero molto simili dal punto di vista fonetico. A quanto dicono i sostenitori di questa tesi, nel 313 l’imperatore Costantino avrebbe cercato di “cristianizzare” la festa pagana in onore di Ishtar – i cui simboli sarebbero stati guarda caso l’uovo e il coniglio – trasformandola nella festa di Easter… Vabbé.
Insomma, gira voce che tutte le feste cristiane siano in realtà feste pagane e che quindi, per estensione, il cristianesimo sia figlio del paganesimo. Dei miracoli di Cristo si comincia a dire, infatti, che sarebbero stati trucchi di (pseudo)magia pagana ossia che Cristo sarebbe stato un mago pagano (e il mago Giordano Bruno, 1500 anni dopo, avrebbe cercato di riportare il cristianesimo alle sue fonti magico-pagane). Ovviamente, i figli della rivoluzione sessuale, convinti che il sesso sia il senso della vita, preferiscono di gran lunga il paganesimo al cristianesimo. Seguendo Nietzsche, essi immaginano il paganesimo come un culto gioioso, che celebra le forze vitali e il piacere dei sensi, mentre guardano al cristianesimo come una “religione da schiavi” che nega il piacere, nega la forza vitale ed esalta masochisticamente il dolore. Nella loro fantasia, da una parte ci sono pagani felici che hanno un rapporto armonioso con la sessualità ossia sono “sessualmente liberati” come gli hippy degli anni Sessanta e dall’altra ci sono cristiani frustrati che si autoimpongono tanti tabù contro natura che, secondo la lezione di Freud, producono “nevrosi”. E appunto, nella loro fantasia i cristiani avrebbero tolto alla gioiosa festa di Ishtar tutti i gioiosi riferimenti al sesso (secondo quanto riferisce Erodoto, le vestali di Ishtar si offrivano agli sconosciuti durante i festeggiamenti) e li avrebbero nevroticamente sostituiti con macabri riferimenti alla morte in croce, alle ferite, alla tomba… (questa grottesca visione del cristianesimo è contenuta ad esempio nel video “The next day” di David Bowie, pace all’anima sua). Ma poiché appunto, la morale sessuale sarebbe sostanzialmente contro natura, i cristiani stessi cercherebbero di sfogare gli istinti almeno durante il carnevale, debitamente mascherati per vergogna.
Va bene, basta così. A questo punto per noi cristiani è urgente rimuovere la spessa incrostazione di calunnie anticristiane che occultano il significato delle nostre feste. Le leggende sulle presunte radici pagare delle feste cristiane, che per comodità si potrebbero chiamare “leggende grigie”, non sono meno diaboliche delle cosiddette “leggende nere” sulla storia della Chiesa inventate dagli illuministi. Sia le prime che le seconde allontanano la gente dalla Chiesa. Se le leggende nere fanno apparire la Chiesa come una setta violenta e sanguinaria da cui è meglio stare alla larga, le leggende grigie, molto semplicemente fanno apparire il cristianesimo come un paganesimo imperfetto e Cristo come uno stregone pagano. In realtà, Cristo non era un mago e i miracoli non erano trucchi di magia pagana. Se il mondo della natura, secondo il paganesimo, è animato da molteplici spiriti irrazionali (panpsichismo), invece secondo il cristianesimo il creato si basa su una struttura razionale perché il Creatore è razionale (Logos). Dunque è ragionevole pensare che il Creatore, come ha come ha posto delle leggi razionali alla base del cosmo, così può anche occasionalmente sospenderle. Se dunque il mago pagano piega o meglio crede di piegare gli spiriti della natura al suo volere, invece Cristo, in quanto figlio del Creatore, può sospendere momentaneamente le leggi della fisica e della biologia per creare un evento miracoloso, come ad esempio una guarigione del tutto inspiegabile dal punto di vista fisico e biologico o la resurrezione di un morto di tre giorni (Lazzaro).
Ma il cristianesimo è infinitamente distante dal paganesimo in quanto ha un elemento che il paganesimo non può neppure ammettere: l’incarnazione di Dio. Nessuna divinità greco-romana si è mai incarnata, è mai morta ed è mai risorta. Infatti i pagani non potevano neppure concepire che una divinità potesse entrare in un corpo umano, dal momento che per loro il corpo umano non era “il tempio dello spirito” ma la “prigione dell’anima” (Platone). Non si dimentichi che un gruppetto di coltissimi greci che bazzicavano per l’Areopago se ne andarono via disgustati quando un certo Paolo di Tarso disse loro che il “Dio ignoto”, cui avevano dedicato una iscrizione, si era fatto carne. Quindi, è urgente combattere anche contro le “leggende grigie”. Ed è urgente prendere coscienza del fatto che la fede in Cristo si esprime anche attraverso le maschere di carnevale e le uova di Pasqua.
Cominciamo ad esaminare le leggende grigie sul carnevale e su Halloween. Indagando un poco, si scopre che entrambe sono state elaborate dall’antropologo britannico James Frazer, autore della monumentale opera Il ramo d’oro. Studio sulla magia e sulla religione, la cui prima edizione apparve nel 1890. Sebbene il contenuto scientifico di quest’opera sia stato in larga parte confutato da studi più recenti, e sebbene quest’opera si basi su una visione filosofica molto datata (un misto tipicamente tardo-ottocentesco di idealismo, storicismo, romanticismo e teoria evolutiva), Il ramo d’oro ha esercitato una enorme influenza sulla cultura del secolo scorso (ai cinefili non sfugga che una copia di quest’opera appare alle spalle di Marlon Brando in veste di Kurtz in Apocalypse now di Francis Ford Coppola, che aveva preso molte idee per il suo film, uscito nel 1977, proprio dal Frazer).
Attraverso tredici interminabili volumi, Frazer cerca di esaminare nientemeno che tutti i riti e tutti i miti magico-religiosi di tutti i popoli del mondo dalla più remota antichità ai giorni suoi. Come le forme di vita, secondo la teoria di Darwin, si modificano in continuazione, compiendo di tanto in tanto veri e propri “salti evolutivi” da una specie all’altra, così i riti e i miti, secondo la teoria del Frazer, si trasformano in continuazione, assumendo forme sempre diverse e sempre più evolute. Nel percorso evolutivo dei riti e dei miti immaginato dallo studioso britannico, al principio c’è la magia pagana, in mezzo c’è il cristianesimo e alla fine c’è la conoscenza scientifica moderna. E come le specie più evolute, secondo la teoria di Darwin, discendono da specie più primitive, così il cristianesimo, secondo la teoria del Frazer, discende dal paganesimo e tutti i rituali cristiani discendono da riti pagani. Convinto che il cristianesimo protestante fosse più evoluto e quindi più vicino allo spirito scientifico e che viceversa il cristianesimo cattolico fosse meno evoluto e quindi più vicino al paganesimo antico, Frazer si sforzò dunque di collegare, a costo di evidenti forzature, ogni rito e ogni festa cattolica ad analoghi riti e feste pagane. E così collegò Halloween alla festa celtica di Samhain e il carnevale ai Saturnali romani.
La maggior parte degli studi scientifici recenti dimostrano che Frazer si sbagliava: come Halloween non ha nessuna relazione con la festa di Samhain (che oltretutto non era dedicata alla morte e non prevedeva sacrifici umani), così la festa di carnevale non ha nulla a che fare con i Saturnali (che oltretutto non avevano un carattere esplicitamente orgiastico). Per smontare la tesi del Frazer, che purtroppo è penetrata a fondo nell’inconscio collettivo, bastano due soli dati. Il primo è che a Roma, in epoca imperiale, i “Saturnalia” si festeggiavano dal 17 al 23 dicembre: decisamente troppo in anticipo rispetto al mercoledì delle ceneri. Il secondo è che le prime notizie certe di festeggiamenti pre-quaresimali risalgono al secolo VIII, quando dei Saturnali non se ne ricordava più nessuno. Presumibilmente, questi festeggiamenti hanno cominciato ad assumere la forma che conosciamo oggi nell’Anno Domini 1140, quando a Roma fu celebrato per la prima volta un “Ludus Carnelevarii”.
Ma che significato ha il carnevale? Tanto per cominciare, il martedì grasso è una festa vigiliare esattamente come Halloween (nel Medioevo non si festeggiavano soltanto i giorni liturgicamente importanti ma anche le vigilie). Come Halloween precede la festa di Ognissanti, così il martedì grasso precede il mercoledì delle ceneri. Durante i festeggiamenti del carnevale, i fedeli si prendevano gioco di tutte le cose e di tutte le persone di questo mondo caduco proprio per prepararsi a volgere lo sguardo da questo mondo caduco alla vita eterna, tramite la preghiera e la penitenza, durante la quaresima. Dall’inizio del carnevale (che forse cadeva subito dopo l’Epifania, forse cadeva il giorno della Candelora) all’alba del mercoledì delle ceneri, era lecito irridere tutti i potenti di questa terra, papi compresi, perché il potere è solo vanità e tutti gli uomini sono destinati ad essere cibo per vermi. Analogamente, durante la celebre “danza macabra” (che nella Francia tardo medioevale veniva inscenata durante i festeggiamenti del 2 novembre) figuranti vestiti da re, imperatori, cavalieri, dame, contadini eccetera erano condotti alla tomba da un figurante mascherato da morte. E dopo essersi presi gioco dei potenti di questo mondo, i fedeli si potevano prendere gioco anche del Principe di questo mondo. Ad esempio, la maschera di Arlecchino discende direttamente dal diavolo Alichino delle Malebolge dantesche: egli è “servitore di due padroni” come chi pretende di servire Dio e Mammona.
E quel Sole Invitto, che i romani avrebbero festeggiato proprio il 25 dicembre? I papi non hanno forse deciso di festeggiare il Natale al 25 dicembre proprio allo scopo di oscurare e cristianizzare quella festa pagana? In realtà, da studi più recenti sembra che sia successo esattamente il contrario: i romani hanno spostato la festa del Sole Invitto dal 19 al 25 dicembre per oscurare la festa cristiana del Natale. Secondo le fonti documentarie, la suddetta festa pagana cominciò ad essere festeggiata il 25 dicembre solo a partire dal 354 d. C., mentre i cristiani festeggiavano il Natale ogni 25 dicembre almeno dal 204 d. C. (vedi “La festa del Natale precede quella pagana del Sole Invitto” di Michele Loconsole). Il fatto che i primi cristiani celebrassero il Natale in una data che non era legata a nessuna precedente divinità e che non aveva neppure nessun significato astronomico particolare (considerando che il solstizio d’inverno cade il 21 dicembre), fa pensare che… quella data fosse stata suggerita direttamente dagli apostoli e che poi sia stata tramandata oralmente di generazione in generazione. Insomma, c’è la possibilità che Cristo sia nato veramente il 25 dicembre.
E adesso vediamo che cosa c’entra esattamente Ishtar con la Pasqua: niente, non c’entra niente. In primo luogo, la dea Ishtar appare in un pregevole bassorilievo assiro-babilonese, conservato al British Museum, che risale al 2000 a. C.: è difficile pensare che il culto di Ishtar si fosse mantenuto intatto dal 2000 a. C. ai tempi di Costantino e che per giunta fosse uscito dalla Mesopotamia e si fosse diffuso in tutti i territori dell’impero romano. In secondo luogo, i simboli di Ishtar erano il leone, la porta, e la stella a otto punte, non l’uovo o il coniglio. In terzo luogo, la somiglianza fonetica fra due parole non prova che esse abbiano una comune radice etimologica. A mettersi d’impegno, anche nella lingua giapponese è possibile trovare qualche parola che foneticamente somiglia a qualche parola italiana, ma questo non prova che le parole somiglianti abbiano una origine comune (a meno che qualcuno non voglia provare che italiani e giapponesi avrebbero avuto dei contatti in epoche remote). In quarto luogo, Costantino non era inglese e non sapeva l’inglese, dal momento che ai suoi tempi la lingua inglese non esisteva neppure. Il grande imperatore romano non avrebbe mai trasformato la festa di Ishtar nella festa cristiana di “Easter” per la semplice ragione che lui non diceva “Easter” ma “Pascha”, parola latina da cui derivano l’italiano Pasqua, il francese Pâques, il tedesco Paisken, lo spagnolo Pascua e gli altri termini che indicano la festa della risurrezione di Cristo.
Dal momento che è l’unico che non deriva da “Pascha”, il termine “Easter” appare avvolto dal mistero. Secondo san Beda (morto nel 735 d. C.), la parola “Easter” deriva dalla parola “Eoster”, che è il nome di una dea teutonica che le genti pagane festeggiavano nello stesso periodo dell’anno in cui, secoli dopo, i cristiani avrebbero festeggiato la Pasqua. Secondo un’ipotesi formulata di recente, la parola “Easter” ha la stessa radice della parola “east” (oriente in inglese): “eostarun”, antica parola teutonica che significa “alba” al plurale (e che ha qualche evidente legame con “Eoster”, dea alla della luce del giorno e della primavera). Si ipotizza che l’espressione latina “hebdomada alba” (che letteralmente significa “settimana bianca” e che in origine indicava la settimana di Pasqua) sia stata tradotta male da qualcuno come “l’alba splendente”: per questo il termine “Easter” ha a che fare con l’alba (“eostarun”) e con l’oriente (“east”). Ma in fondo, anche se all’origine della parola “Easter” ci fosse stato veramente un errore di traduzione, si tratta di un errore felice. Infatti, il sole che sorge anzi risorge ogni mattina da oriente, disperdendo le tenebre della notte, fa pensare a Cristo che risorge dai morti, sconfiggendo la morte.
In conclusione, l’ipotesi più probabile è che “Easter” abbia la stessa radice della parola “east”. Ma anche se “Easter” derivasse veramente da “Eoster”, in ogni caso la festa di Pasqua non ha nulla di pagano. La Pasqua non è la festa del sesso e della fertilità o della primavera: è la festa della Risurrezione di Cristo. Il prosaico uovo di cioccolato, l’infantile coniglio pasquale e perfino l’agnello di zucchero non sono né simboli pagani né semplici “articoli da regalo” inventati dai negozianti per fare affari a Pasqua: sono simboli cristiani. Quell’agnello di mandorle e zucchero, che compare sulla tavola da pranzo il giorno Pasqua, ci ricorda che Dio ha offerto in sacrificio suo Figlio, come agnello sacrificale, per salvarci. Va bene l’agnello, ma il coniglio? Ebbene, fin dai primi secoli l’immagine di quel simpatico animaletto, noto per la capacità di mettere al mondo tanti cuccioli, appare nell’arte cristiana come simbolo di fertilità e quindi di vita nuova. E l’uovo? Che può avere di cristiano l’uovo? In realtà, prima dell’uovo viene la gallina anzi la Fenice, quell’uccello mitologico che muore e rinasce continuamente dalle sue ceneri. Se l’immagine della Fenice, che allude chiaramente a Cristo morto e risorto, appare in molte pietre funerarie, dipinti e bassorilievi di epoca paleocristiana, più tardi le uova di Fenice fanno la loro comparsa fra i simboli legati ai riti pasquali della tradizione ortodossa e della tradizione cattolica di rito orientale. Ancora oggi, i sacerdoti dell’Europa orientale, al termine della veglia pasquale, benedicono delle uova tinte di rosso e le distribuiscono ai fedeli. Se il colore rosso allude alla Passione, il guscio dell’uovo rappresenta la tomba sigillata di Cristo e la rottura del guscio, che avviene il giorno di Pasqua, rappresenta l’apertura del sepolcro, da cui esce Gesù risorto. Se in Europa orientale le uova vengono colorate di rosso, in Austria vengono finemente decorate a mano (i mercatini di Vienna ne sono pieni in questo periodo).
E in fondo, poco male se l’uovo qui da noi è diventato di cioccolato e contiene pure qualche sorpresina di poco prezzo, che tuttavia ai bambini può appare come un piccolo tesoro. Almeno ci ricordiamo che da quel sepolcro è uscita una “sorpresa” di valore infinito. Anche una statuina di zucchero a forma di agnello, un pezzo di cioccolato a forma di coniglietto e un pezzo di cioccolato a forma di uovo ci devono costringere a pensare a Cristo.
Redazione Papaboys (Fonte “Happy Easter”, non “Happy Ishtar” | Tempi.it)
La pasqua ebraica si collega anch’essa, seppur alla lontana, con gli archetipi della “festa della primavera”, allorquando la terrificante leggenda del dio che annuncia la punizione dei presunti oppressori (cit: “In questa notte io passerò attraverso l’Egitto e colpirò a morte ogni primogenito egiziano, sia fra le genti che tra il bestiame”) è comunque il simbolo della “rinascita” di un popolo. Poiché ai romani e verosimilmente allo stesso presunto Gesù, questa scena violenta in cui dio aveva bisogno di “vedere il sangue di agnello (notare l’elemento totemico)” per passare oltre, non gli stava bene, si cercò di ricollegare i rituali pasquali con quelli tradizionali dell’uovo (simbolo della nascita) e del coniglio (simbolo di prolificità) nonché (ovviamente) della resurrezione della carne (antichissima speranza con ampi riferimenti cultuali legata alla guarigione dalle malattie).