“Offro questa Messa per tutti i cinesi, per questo grande Paese, perché il Signore benedica la Cina”. Sono le parole con cui Papa Francesco ha introdotto l’omelia della Messa di questa mattina in Casa S. Marta. Il 24 maggio è la Giornata di preghiera per la Chiesa in Cina, in coincidenza con la memoria della Beata Vergine Maria “Aiuto dei Cristiani”, che vede numerosi pellegrini recarsi al Santuario di Sheshan, a Shanghai. Anche all’Angelus di domenica scorsa, Francesco aveva pregato perché nell’Anno Santo della Misericordia i cattolici cinesi possano “divenire segno concreto di carità e riconciliazione”. Parole che il missionario del Pime, padre Antonio Sergianni, per 24 anni in Cina, commenta nell’intervista di Alessandro De Carolis:
R. – La prima impressione, il primo sentimento che mi hanno provocato le parole del Santo Padre sono dovuti al riferimento alla preghiera. Il Papa parla di discernere, in ogni situazione, i segni della presenza amorosa di Dio. Questo è molto bello, perché sappiamo quanto stia a cuore al Papa scoprire l’azione di Dio nella storia, anche nei momenti più bui. Questo mi ha fatto venire in mente le parole di Papa Benedetto, che diceva che guardando la Cina non ci si può limitare ad essere pessimisti o ottimisti. Il cristiano ha la speranza: quello che non è possibile oggi può essere facile e aperto domani. Nella lettera di Papa Benedetto, questo guardare alla storia della Cina con speranza è molto, molto importante.
D. – Papa Francesco, in questa sua preghiera, fa anche una sottolineatura su due aspetti: suggerisce ai cristiani di promuovere la “cultura dell’incontro” e di promuovere “l’armonia”…
R. – Questo è molto bello, perché mi sembra che Papa Francesco lo metta come conseguenza di qualcosa di più profondo, di una vita nella carità. Lui praticamente ha presente la lettera di Papa Benedetto in cui si dice che la Chiesa in Cina oggi è chiamata a dare i segni della carità, dell’amore, e questo passa attraverso la riconciliazione. Da lì nasce la cultura dell’incontro. Diceva Papa Benedetto, parlando proprio della preghiera per la Cina: “Con la preghiera si può aiutare in maniera concreta la Cina”.
D. – La Chiesa universale sta vivendo l’Anno Santo incentrato sulla riscoperta del valore della misericordia. In particolare, come sta vivendo il Giubileo la Chiesa cinese?
R. – La Chiesa ha accolto l’annuncio del Giubileo con grande festa, con grande gioia, grande speranza. I fedeli cristiani, infatti, lo sentono come la necessità più grande, perché ci sono tanti altri nodi – a livello diplomatico, a livello politico – ma c’è una realtà di Chiesa molto più grande, con una serie di iniziative bellissime. Si è parlato di miracoli per l’apertura dell’Anno della Misericordia, con 10 mila fedeli dalle regioni del nord e del sud, che hanno celebrato insieme anche ad altre denominazioni cristiane… Più Porte Sante aperte nelle diocesi e pellegrinaggi ai Santuari, che sono diventati il centro… C’è stato veramente un entusiasmo e una festa, che continua ancora. Per me questo è il segno che l’Anno della Misericordia aiuta questo processo di riconciliazione, che sarà lungo, sarà anche lento, ma senza il quale non si va da nessuna parte. E’ lì che deve avvenire una maturazione più profonda e sarà quella ad indicare poi la soluzione per quei nodi che preoccupano a livello diplomatico, a livello politico e così via.
D. – Secondo lei, quale cammino ha compiuto in questi nove anni la Chiesa cinese dalla pubblicazione della lettera di Benedetto XVI? Cosa è rimasto nel cuore dei cattolici cinesi di quel documento?
R. – Penso che sia iniziata una chiara volontà di dialogo e che questa volontà si sia chiarita maggiormente. Come dicevo prima, però, è emersa anche la necessità di una visione più larga della realtà della Chiesa cinese, che non si fermi solo alle difficoltà, ma guardi alla realtà di Chiesa più grande e quindi di un cammino più rispettoso per l’importanza del vissuto di fede nel quotidiano. Questa è una linea che sta molto a cuore anche a Papa Francesco. Io penso sia emerso questo. La realtà di questi ultimi anni ha confermato che le indicazioni della lettera erano validissime e che Papa Benedetto aveva toccato i punti chiave, aveva toccato i punti fondamentali. E poi è emersa anche, secondo me, una maggiore attenzione alla realtà della Chiesa in Cina. Tanti vescovi stanno scrivendo e incoraggiando il Papa al dialogo, ad andare avanti, ad avere pazienza, a non scoraggiarsi e, però, anche a rispettare i tempi. Non si possono risolvere situazioni esistenziali così diverse da noi, così lontane, a tavolino, in quattro e quattr’otto.
Redazione Papaboys (Fonte it.radiovaticana.va/Alessandro De Carolis)