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Nuova tragedia, decine di morti in mare

Ancora barconi e gommoni stracarichi. Uomini che si sbracciano quando vedono le navi della marina. Disperati, affamati e disidratati che hanno solo un desiderio: arrivare sani e salvi in Europa. Ma per il terzo giorno consecutivo, per decine di loro ieri il sogno si è fermato in mezzo al mare. Nel naufragio oltre 45 cadaveri sono stati recuperati dai soccorritori della Marina militare che ha assistito all’inabissamento del barcone nel Canale di Sicilia.

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Vi sarebbero decine di dispersi, ma il loro numero non è al momento quantificabile. Circa 135 le persone salvate. Anche ieri la centrale operativa della guardia costiera italiana che coordina i soccorsi in mare della missione europea Eunavfor Med ha mobilitato tutte le navi a sua disposizione per le 16 operazioni di soccorso nel Canale di Sicilia. Anche due rimorchiatori e un mercantile che navigavano in zona sono stati dirottati sui luogo dei soccorsi. Oltre 1.900 le persone salvate che, sommate a quelle degli ultimi tre giorni, diventano quasi 12mila. «Non c’è emergenza, ma di certo c’è una situazione di difficoltà» getta acqua sul fuoco degli allarmismi il prefetto Mario Morcone, a capo del Dipartimento immigrazione del ministero dell’Interno.

Da inizio anno, sottolinea il Viminale, sono arrivate in Italia 40.660 persone, il 2 per cento in meno rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, quando furono salvate al largo delle nostre coste 41.485 persone. Ma se i dati diffusi dal ministero dell’Interno tendono a smentire l’allarme sugli arrivi, per Don Mosè Zerai, fondatore e presidente dell’agenzia Habeshia tra i candidati al Premio Nobel per la Pace – si stanno invece intensificando le partenze di profughi dall’Egitto verso l’Europa.

«Soprattutto eritrei ed etiopi hanno scelto la via egiziana per paura della presenza dell’Isis in Libia – ha detto don Mosè – I cristiani in particolare hanno il timore di essere presi di mira dall’Isis». «È necessario dare un segnale di speranza a queste per- sone – aggiunge il aacerdote – con canali d’accesso legali e corridoi umanitari. E questo l’Unione europea non lo sta facendo. Servono corridoi per sottrarre i profughi dalle mani dei trafficanti. Se non risolviamo il problema alla radice è come svuotare il Mediterraneo con un cucchiaio ». Nel 2016 sono già 1.400 i migranti morti nel Mediterraneo. Una strage senza fine.

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E il numero potrebbe salire ancora già dalle prossime ore. Per fermare questa tragedia infinita, incalza anche Giancarlo Perego, direttore generale della Fondazione Migrantes, è necessario che l’Europa assuma quegli «atti di reponsabilità» che ancora mancano. «Lampedusa, Pozzallo, Augusta e tutti i porti devono diventare una ‘porta aperta’ e non un luogo chiuso (hotspot) per salvare, accogliere e tutelare le vittime di conflitti, di disastri ambientali, di tratta e violenza» conclude Perego.





Redazione Papaboys (Fonte www.avvenire.it/Daniele Fassini)

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