Sono diventata cristiana il 7 luglio 2015, dopo una piacevole vita adulta di risoluto ateismo. In realtà avevo già ammorbidito un po’ la mia posizione negli ultimi due o tre anni, nel corso dei quali scrivevo per un popolare sito web femminista.
Come molti atei ero irriverente nei confronti della religione, anche se pensavo che probabilmente era bello per le persone di fede avere la fede. Ma ritenevo una ovvia sciocchezza l’idea di una divinità benigna che ci ha creato e ci ha amati, ho incontrato più volte persone di fede ed era affascinante la loro dolce illusione. Ma io non credevo, non avevo aneliti senza risposta, tutto andava bene nello stato della Danimarca.
Ci sono due diversi punti di partenza per la mia conversione, il primo è una storia semplice: stavo attraversando un momento difficile. Ero preoccupata per il mio bambino, una volta da sola in una stanza, ho detto: “Stai con me”. E’ stato imbarazzante, non so perché l’ho detto o a chi lo dicevo. Mi sono trasferita, la situazione difficile si è risolta e non ho più pensato di nuovo a questo. So come la gente ascolta questa storia: “Oh, certo, Nicole, eri affaticata e avevi bisogno di un quadro più ampio per la sua vita!”. Questa è una parte della verità, ma non è tutta la verità.
Il secondo punto di partenza è stato mentre navigando su Internet, ho trovato il necrologio che John CT Ortberg ha scritto al filosofo Dallas Willard. Le figlie di John sono care amiche e ho sempre avuto un rapporto meraviglioso con i loro genitori, anche se mi sono sempre sembrate illuse nella loro fede cristiana. Comunque, ho cliccato sull’articolo e ho letto: «Qualcuno una volta ha chiesto a Dallas se credeva nella totale depravazione. “Credo nella depravazione sufficiente”, ha risposto immediatamente. “Cosa significa?”. Risposta: “Credo che ogni essere umano è sufficientemente depravato che quando saremo accolti in paradiso, nessuno potrà dire: “Io l’ho meritato”». A pochi minuti dall’inizio della lettura dell’articolo, sono scoppiata in lacrime. Più tardi quel giorno, sono scoppiata nuovamente in lacrime. E il giorno dopo, mentre lavavo i denti, mentre mi addormentavo, mentre ero sotto la doccia, mentre davo da mangiare ai miei figli, sarei scoppiata ancora in lacrime.
E’ stato molto inquietante sentirsi improvvisamente come una barca che viene gettata sulle onde. Non ero triste, non avevo paura, avevo solo sperimentato troppi sentimenti. Ho deciso di comprare un libro di Dallas Willard, come lettura antropologica, naturalmente. Ho letto “Hearing God” e ho pianto. Ho comprato “My God and I” di Lewis Smedes. Ho pianto. Ho comprato “Take This Bread” di Sara Miles. Ho pianto. Qualcosa stava sfuggendo di mano, non si può andare avanti a piangere tutto il tempo.
A questo punto ho raggiunto un bivio. Mi sono seduta e ho detto: “va bene, Nicole, hai due scelte. Opzione uno: smetti di leggere i libri su Gesù. Opzione due: cominci a pensare perché sei sopraffatta dalle tue emozioni”. Ho pensato che se l’opzione due si dimostrava infruttuosa, potevo sempre tornare all’opzione uno. Così, ho scritto ad un amico cristiano e gli ho chiesto se potevamo parlare di Gesù. Mi sono subito pentita appena ho inviato l’e-mail, ma lui ha risposto che era felice di parlare con me di Gesù, probabilmente sapete già che i cristiani amano parlare di Gesù. Ho trascorso i giorni prima del nostro incontro sentendomi un’idiota, chiedendomi cosa avrei dovuto chiedergli. Circa un’ora prima del nostro incontro io credevo già in Dio. Peggio ancora, ero una cristiana.
E poi ho capito: piangevo continuamente pensando a Gesù perché avevo cominciato a credere che Gesù era davvero chi diceva di essere, e questa idea da inconsapevole è diventata cosciente, come se fosse sempre stato così. Così, quando il mio amico è arrivato, gli ho detto, goffamente, che volevo avere un rapporto con Dio. Abbiamo pregato, ridacchiato un po’, pianto un po’ e poi mi ha regalato una pila di libri di Henri Nouwen.
E siamo arrivati a oggi, vado in chiesa, prego. Le mie idee politiche non sono cambiate ma è aumentato il fervore con cui cerco di vivere. Mio marito è stupefatto di me, ma mi sostiene amorevolmente. Dio non mi ha parlato, piuttosto, come il protagonista di Memento mette il suo passato su una Polaroid, ho capito quello che già sapevo: quello che è successo durante quell’ora è stato il culmine naturale della mia venuta alla fede: mi sono aperta al divino. La mia conversione cristiana non mi ha concesso alcuna semplicità, anzi ha complicato tutte le mie relazioni, ha cambiato l’uso dei soldi, ha incasinato il mio personaggio pubblico. Ovviamente, è stato molto bello.
Redazione Papaboys (Fonte www.uccronline.it)