Sei incinta? Nasce un figlio? Meglio convivere che fare un matrimonio riparatore. Hanno fatto discutere queste parole di Papa Francesco pronunciate qualche giorno fa a Roma. Ma il Papa parla della realtà e lo fa perché la vive. Non voleva andare nell’appartamento del Papa proprio per evitare l’effetto imbuto, filtro. Lui vuole stare nella realtà, con noi, tra di noi. Lo ha sempre fatto.
Se c’è un figlio in arrivo, non c’è bisogno di sbrigarsi a tagliare il traguardo del matrimonio. Non c’è bisogno di riparare. Il figlio non è una malattia. Non c’è da curare ma da accogliere. Il matrimonio non è un traguardo e nemmeno un inizio ma una vocazione. Esige una risposta che si chiama vita. Non basta un sì, ci vuole un Amen. È la fede che ti porta davanti all’altare non un bambino. I giovani che non si sposano e che convivono non sono sbandati senza valori. Sono persone che decidono così. Spesso è una scelta di vita. Non sono i figli che fanno adatti al matrimonio: i figli, in un matrimonio, possono anche non arrivare: sono i due coniugi i ministri di questo sacramento, il loro corpo è la materia e il sacramento non può essere mai un riparo, una zeppa sotto un tavolo per non farlo traballare. Il sacramento non può essere il riparatore sociale di una situazione imbarazzante. L’abito bianco non può essere la vernice imbiancante dei nostri sepolcri familiari. Il matrimonio è roba di Dio. Non scandalizziamoci quindi. Papa Francesco fa come il bambino della fiaba “re nudo”: dice solo che dobbiamo togliere il matrimonio da pranzi e feste per farlo tornare sacro.
Di Don Mauro Leonardi
Articolo tratto da Metro