Nel 1225, Gialal Ed-Din, scià di Chorezm, devastata Tbilisi, la capitale della Georgia, massacrò centomila cristiani. Il tragico è descritto in una cronaca georgiana del sec. XIV, nota con il nome di Zhamthaagmzereli [Il descrittore dei tempi], edita nell’antologia La vita della Georgia.
Il katholikòs e noto storico della Chiesa georgiana Antonio I, basandosi su tale cronaca, compose nel 1768 l’opera agiografica Lode e narrazione (…), dedicata alle centomila vittime del massacro, e la incluse nella raccolta Martirika, che conteneva altri diciannove racconti di santi martiri georgiani.
Per non stupire il lettore con un numero così elevato di vittime, Antonio I concluse la Cronaca dicendo che, assieme ai cittadini di Tbilisi, erano periti anche gli abitanti dei villaggi, rifugiatisi nelle fortezze della capitale a causa dell’invasione. Difatti, per ordine di Giala Ed-Din, chiunque non avesse rinunciato al cristianesimo, profanando oggetti sacri quali icone e croci, sarebbe stato condannato a morte per decapitazione.
La cronaca attesta: “Molti fecero vedere la splendida vittoria e non rinunciarono alla religione, né profanarono le sante icone”. Tuttavia, Antonio I ritiene che molti nel testo della Cronaca non significhi tutti, e aggiunge che alcuni dei prigionieri “rimasero privi della corona”.
Il giorno della commemorazione dei Centomila Martiri della Chiesa georgiana è il 31 agosto.
Autore: Enrico Gabidzashvili