La sua casa di Norcia è agibile, ma don Antonio Diotallevi (87 anni, parroco dal 1954) ha scelto di seguire la sua gente in riva al lago Trasimeno mettendosi al pari e al servizio dei 250 sfollati del dopo-sisma che hanno trovato ospitalità in tre strutture ricettive di Magione.
“Non potevo lasciarli soli – racconta l’anziano sacerdote – quando li ho visti salire sui pullman la domenica della grande scossa non me la sono sentita di abbandonarli” e così “ho chiesto al vescovo Renato Boccardo di poter andare con loro”.
Don Antonio dal 1996 al 2002 è stato parroco di Norcia, ma lui si è sempre sentito un prete di frontiera, uno di quelli che girano e animano le frazioni sperdute, quelle che spesso non si trovano nemmeno sulle cartine geografiche. Una di queste è Savelli, nove chilometri dalla città di San Benedetto, 120 anime prima del terremoto: qui don Antonio è stato parroco per quasi 40 anni, dal 1958 al 1996 ed era a Savelli la mattina del 30 ottobre.
“Stavo rimettendo l’orologio del campanile visto che nella notte c’era stato il cambio d’orario – ricorda – lo avevo appena programmato e attendevo che le lancette si posizionassero sulla giusta posizione. Poco dopo il disastro e il campanile è crollato”. Ma lui, malgrado l’età avanzata, non si arrende ed è in prima linea per la ricostruzione. “Ho vissuto il sisma del 1979 e del 1997 – racconta – allora ce l’abbiamo fatta a ripartire e ce la faremo anche oggi e io sono pronto a dare tutto quello che ho, starò accanto alla mia gente e l’aiuterò perchè Norcia e le sue frazioni ancora una volta si possano risollevare”, dice con orgoglio e determinazione.
E la dimostrazione di quanto ci creda è il fatto che questa mattina è di nuovo salito a Norcia per partecipare a una riunione in cui si è discusso proprio di programmazione e ricostruzione futura. “Ma stasera tornerò a Magione – spiega il parroco – perchè lì ancora c’è bisogno di stare accanto alle persone, anche se presto credo di ritornare a Norcia: l’esperienza di dice che nei piccoli centri sperduti di questa terra ci sarà bisogno di una figura di riferimento e di raccordo. L’ho fatto nel passato e lo rifarò anche adesso”.
Instancabile e con la forza di un gigante, don Antonio, malgrado il suo fisico minuto: proprio per via della sua corporatura così esile “quando venni ordinato prete e mi mandarono nella parrocchia di Agriano – racconta divertito – qualcuno nell’accogliermi disse all’allora vescovo: ‘che c’avete mandato un acconto di prete?'”. Ma non sapevano che cuore grande avrebbe dimostrato di avere, in oltre 60 anni di sacerdozio.
Redazione Papaboys (Fonte ilcentro.gelocal.it)