Sono complessivamente poco più di 50 milioni gli italiani chiamati questa domenica a dire Sì o No alla riforma costituzionale approvata definitivamente dalla Camera lo scorso aprile, dopo sei passaggi parlamentari. I seggi saranno aperti dalle 7 alle 23. Quattro milioni gli elettori residenti all’estero, che hanno già espresso il loro voto.
Non serve il quorum
Il referendum sulle modifiche alla legge costituzionale è confermativo: non serve dunque il quorum, l’esito è valido qualunque sarà la percentuale dei votanti. Fino all’ultimo perciò le forze politiche hanno puntato sui tanti indecisi, con forti appelli a recarsi alle urne. Un approccio che ha unito il fronte del Sì e quello del No, profondamente divisi invece sul merito della riforma. Riforma che tocca la seconda parte della Costituzione italiana, peraltro già modificata 15 volte da quando fu approvata nel 1947. Negli ultimi anni molti i progetti non decollati, che hanno però costituito la base della riforma messa a punto dal governo Renzi, anche con la spinta dell’ex presidente della Repubblica Napolitano nei nove anni del suo doppio mandato.
Fine del bicameralismo paritario
Tra i punti cardine: la fine del cosiddetto bicameralismo paritario. Camera e Senato hanno finora avuto gli stessi compiti; se vince il Sì soltanto la Camera voterà la fiducia e avrà potere legislativo. Il Senato avrà competenza legislativa piena solo su una decina di materie, tra le quali le modifiche costituzionali e le politiche europee. Palazzo Madama passerà da 315 a 100 membri: 74 consiglieri regionali, 21 sindaci e cinque senatori a vita.
Cambia modalità di elezione dei senatori
Uno dei punti più forti di scontro riguarda le modalità di elezione dei senatori: in base a disposizioni transitorie, saranno nominati dai Consigli regionali in modo proporzionale tra le forze politiche. Ma c’è un impegno della maggioranza per adottare una legge elettorale ad hoc che restituisca ai cittadini un ruolo di indicazione.
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Voto a tempi certi
Da parte sua il governo, per quanto riguarda l’iter legislativo, ha un nuovo strumento: il voto a tempi certi. La Camera dovrà entro 70 giorni approvare o respingere un provvedimento considerato importante.
Tornano allo Stato numerose materie affidate alle Regioni
Altro cardine controverso della riforma è l’abolizione della legislazione concorrente tra Stato e Regioni: tornano allo Stato materie come sanità, energia, infrastrutture, turismo e politiche del lavoro.
Taglio dei costi della politica
Un obiettivo dichiarato della riforma è il taglio dei costi della politica. In questo senso oltre ai possibili risparmi su spese per Senato e Consigli regionali, sono previste la cancellazione delle Province e del Cnel, il Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro. Il taglio dei costi è condiviso da tutte le forze politiche, ancora una volte però divise sulle concrete misure da adottare.
Le ragioni del Sì e quelle del No
In sostanza i sostenitori del Sì, a partire dal premier Renzi, sono convinti che la riforma renderà l’Italia più semplice e più forte in Europa. I sostenitori del No, da Grillo a Berlusconi a Salvini, parlano di riforma pasticciata che mette a rischio la democrazia in Italia.
Il servizio è di Giampiero Guadagni perla Radio Vaticana