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Il Natale visto con gli occhi, e con il cuore, di Santa Teresina del Bambin Gesù

Il Natale è l’evento più importante della storia della salvezza in quanto si fa memoria dell’incarnazione del Verbo di Dio. Con la sua venuta nel mondo, il Figlio di Dio ha realizzato il “misterioso scambio” tra la divinità e l’umanità: Egli ha assunto, infatti, la natura umana perché l’uomo fosse reso partecipe di quella divina.

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Sant’Ireneo, contemplando questo mistero, affermava: «Se l’uomo riceverà senza vana superbia l’autentica gloria che viene da Dio e se resterà nel suo amore in rispettosa sottomissione e in continuo rendimento di grazie, riceverà ancora gloria maggiore e progredirà sempre più in questa via fino a divenire simile a colui che per salvarlo scese “in una carne simile a quella del peccato” (Rom 8,3). Il Verbo di Dio pose la sua abitazione tra gli uomini e divenendo figlio dell’uomo chiamò l’uomo dandogli in dono il Padre».

Questa è stata anche l’esperienza di Teresa di Lisieux nel Natale del 1886.
Accogliendo nel suo cuore il Dio fattosi uomo, Teresa ha sperimentato il “cambiamento” della sua vita. «In un istante l’opera che non ero riuscita a fare in 10 anni, Gesù la fece accontentandosi della mia buona volontà» (Ms A, 134).

Ma cosa è avvenuto, in quella notte, di così importante in Teresa, sì da essere da lei ricordato come l’inizio della sua «completa conversione»?
Teresa, ultima figlia della coppia Martin, «coccolata dalle sorelle», non era abituata a fare nessun lavoro di casa. A stento, qualche volta, rifaceva il suo letto e la sera, quando Celina – con la quale, dopo la partenza della sorella Maria per il Carmelo, condivideva la stanza – non tornava a casa, «portava dentro i suoi vasi di fiori».
Anche se Teresa faceva questo «per fare piacere a Dio», tuttavia se Celina, rientrando, «non aveva l’aria di essere felice e sorpresa per i miei piccoli servizi, io non ero contenta e glielo dimostravo con le mie lacrime» (Ms A, 132).

Teresa era considerata da tutti una fanciulla troppo sensibile poiché piangeva per un nonnulla. «Piangevo come una Maddalena; quando cominciavo a consolarmi della cosa in sé, piangevo per aver pianto» (Ms A, 133).

Inoltre, la piccola Teresa voleva – come ogni bambino – attirare su di sé le attenzione di tutti. Quando ciò non accadeva, reagiva con il broncio.
Un giorno, trovandosi in vacanza a Trouville in casa degli zii Guérin, vedendo che la zia accarezzava la cugina Maria – «sempre malaticcia e che piagnucolava spesso» – e «le dava i nomi più teneri, e la cara cuginetta continuava, nonostante ciò a lacrimare», Teresa volle imitarla. La zia, però, invece di coccolarla le parlò «come a una persona grande; insomma fui pagata a mie spese, e capii la favola “dell’asino e del canino”» (Ms A, 127).
Un giovedì mattina, recatasi insieme ai suoi al Carmelo per fare visita alla sorella Paolina (la sorella che lei aveva scelto come “mamma”), accorgendosi di non essere da lei coccolata portò il broncio e pianse a dirotto.

«Ero veramente insopportabile per la mia eccessiva sensibilità» (Ms A, 132).
Teresa era cosciente di questo suo atteggiamento. «Tutti i ragionamenti erano inutili e non riuscivo a correggermi. Non so come mi cullassi al dolce pensiero di entrare al Carmelo, visto che ero ancora nella “fasce dell’infanzia”» (Ms A, 133).

Questa era Teresa, prima di quel Natale.
Dopo la Messa di mezzanotte, nella quale aveva «avuto la felicità di ricevere il Dio forte e potente», Teresa ritornò a casa con il papà e Celina. Lungo il tragitto pensava alla gioia che avrebbe provato nel tirare fuori i regali dalle «scarpe incantate», poste accanto camino.

«Mi piaceva ogni anno deporre
la scarpina sul caminetto;
non appena svegliata accorrevo,
e cantavo la festa celeste del Natale» (Poesia 18, 7).

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Giunta a casa, però, la gioia si tramutò ben presto in sofferenza. Mentre saliva, infatti, le scale, per recarsi in camera per posare il suo cappello, sentì suo padre dire a Celina: «Meno male che è l’ultimo anno!».
Questa frase ferì profondamente Teresa che scoppiò subito in lacrime. Celina comprese subito che il cenone di Natale era stato compromesso; raggiunta la sorella, le consigliò di non scendere giù subito.
È proprio in quel momento che qualcosa è scattato nell’animo di Teresa, un qualcosa di misterioso che ha trasformato per sempre la sua vita.
La “principessa” – appellativo datole dal padre – subito si riprese; si asciugò le lacrime; discese rapidamente la scala e, prese le scarpe, tirò fuori i regali «con l’aria felice di una regina». Suo padre, contento, partecipò a questa gioia; Celina, guardando la scena, credeva di sognare: non aveva più davanti a sé una “piccola bambina”.
Teresa, infatti, aveva ritrovato, finalmente, la forza d’animo che aveva perso con la morte della madre. Erano già trascorsi nove anni!
«Gesù, il Bambino piccolo e dolce trasformò la notte dell’anima mia in torrenti di luce» (Ms A, 133).

«Mio Amato, la tua dolce voce mi chiama:
Vieni, mi dici, l’inverno è già finito,
una stagione nuova inizia per te
la notte al giorno cede finalmente» (Poesia 16, 4).

«La sorgente delle mie lacrime fu asciugata e non si aprì se non rarissimamente e difficilmente» (Ms A, 133); la sua ipersensibilità scomparve.
Da quella notte di luce e di grazia, per Teresa cominciò il terzo periodo della sua vita, «il più bello di tutti».
Ripensando a quel momento, Teresa scrisse: «in quella notte nella quale Gesù si fece debole e sofferente per mio amore, Egli mi rese forte e coraggiosa» (Ms A, 133).

Da quella notte Teresa camminò nella via del Signore con più lena e si sentì più sicura.
«Dopo quella notte benedetta, non sono stata vinta in nessuna battaglia, ma ho camminato di vittoria in vittoria e ho iniziato, per così dire, una “corsa da gigante”» (Ms A, 133).

Ricca di questa esperienza, Teresa poteva esortare le sue consorelle:

«Ardete d’amore, anime accese,
un Dio s’è fatto mortale per voi.
Oh! Stupendo mistero;
chi vien mendicando
è il Verbo eterno!» (Pie ricreazioni, 5).

di Don Fortunato Malaspina




Redazione Papaboys

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