Lo sguardo dei vescovi italiani è sempre fisso sulla “cronaca pesante e perdurante” di questi mesi e che sta interessando il Centro Italia dove alle “continue scosse” di terremoto, dal 18 gennaio, si sono aggiunte eccezionali nevicate, con un altro pesante carico di morti, di feriti e di distruzione. Una nuova emergenza che va a sommarsi a quella del sisma ma che ha trovato – ancora una volta – pronte tutte le Chiese delle zone colpite.
Una “vicinanza solidale” ribadita nel comunicato finale del Consiglio episcopale permanente svoltosi a Roma dal 23 al 25 gennaio. Come detto nella prolusione dal presidente della Cei, cardinale Angelo Bagnasco, la Chiesa italiana “continuerà a offrire un contributo concreto ed efficace al cammino del Paese” come testimonia la destinazione dei fondi raccolti, 21,6 milioni di euro, nella Colletta del 18 settembre scorso
Lo sguardo dei vescovi italiani è sempre fisso sulla “cronaca pesante e perdurante” di questi mesi e che sta interessando il Centro Italia dove alle “continue scosse” di terremoto, dal 18 gennaio, si sono aggiunte eccezionali nevicate, con un altro pesante carico di morti, feriti e distruzione. Una nuova emergenza che va a sommarsi a quella del sisma ma che ha trovato – ancora una volta – pronte tutte le Chiese delle zone colpite. Una “vicinanza solidale” ribadita dal Consiglio episcopale permanente svoltosi a Roma dal 23 al 25 gennaio e riproposta nel comunicato finale diffuso oggi nel corso di una conferenza stampa tenuta dal segretario generale della Cei, monsignor Nunzio Galantino. Nel testo si legge che
“i vescovi si sono fatti interpreti del dolore d’intere comunità, lacerate negli affetti e nei luoghi di riferimento principali, a partire dalle abitazioni”.
Nel comunicato si esprime “preoccupazione per le centinaia di chiese pesantemente danneggiate, con un impoverimento significativo di beni culturali e identitari” ma anche “stima e ammirazione per la grande dignità con cui la gente sta affrontando la situazione; una gratitudine particolare è stata espressa nei confronti dei presbiteri e dei vescovi, che anche in questa circostanza hanno saputo rivelarsi padri e pastori”. Importante per il Consiglio permanente che
“su queste terre – una volta passata la prima emergenza – non si spengano i riflettori”.
Destinazione della colletta del 18 settembre. Va in questa direzione l’impegno della Chiesa italiana, a partire dalla valorizzazione della generosità delle parrocchie, che hanno risposto alla colletta indetta dalla Cei, il 18 settembre scorso, devolvendo circa 22 milioni di euro. Questa la destinazione dei fondi, secondo quanto riportato dalla nota Cei “Terremoto Centro Italia – L’impegno della Chiesa italiana”, diffusa durante la conferenza stampa di mons. Galantino. Un milione, devoluto dalla Cei subito dopo il sisma del 24 agosto, è già stato destinato all’emergenza e al primo aiuto. Tredici milioni serviranno, invece, per “la realizzazione di strutture socio-pastorali denominati ‘Centri di comunità’ – il primo inaugurato ad Amatrice il 24 novembre scorso e dopo le ultime scosse usato come centro di primo soccorso – caratterizzate da saloni multifunzionali e spazi di servizio, pensati come luoghi di aggregazione e di promozione delle attività pastorali, sociali, culturali e ricreative”. Sette milioni circa andranno per “il sostegno alle attività economiche attraverso microcredito alla produzione, alla valorizzazione del prodotto, delle risorse umane e strutturali, all’abbattimento dei costi di produzione; per il supporto strutturato ai bisogni delle famiglie e allo sviluppo delle competenze e capacità che favoriscano il reinserimento lavorativo e la valorizzazione delle attività commerciali”. Le risorse, fa sapere la Cei, “verranno utilizzate attraverso l’implementazione di specifici programmi con una distribuzione territoriale nelle varie diocesi proporzionale ai danni subiti, al numero delle vittime/sfollati, alle situazioni di maggiore criticità. Si terranno in considerazione anche le eventuali risorse ecclesiali presenti/raccolte direttamente dalle diocesi colpite”.
Rete di prossimità. Nel frattempo sono già attivi i gemellaggi di tutte le Caritas, da Nord a Sud, con la diocesi di Rieti, le sei diocesi delle Marche colpite dal sisma – Ascoli Piceno, Camerino-San Severino Marche, Fabriano-Matelica, Fermo, Macerata-Tolentino-Recanati-Cingoli-Treia, San Benedetto del Tronto-Ripatransone-Montalto – la diocesi di Spoleto-Norcia, le diocesi de L’Aquila e Teramo-Atri, che dopo le ultime scosse e le nevicate hanno visto un’ulteriore aggravamento della situazione. A fianco di un monitoraggio dei bisogni a carattere sociale ed economico e di interventi mirati per favorire la ripresa delle attività produttive, stanno nascendo piccole strutture a Scai, Sant’Angelo (frazioni di Amatrice) e Grisciano (Frazione di Accumoli). Nella diocesi di Spoleto-Norcia si stanno attuando le prassi amministrative per poter avviare quanto prima la realizzazione di strutture a Norcia, Cascia e ad Avendita (frazione di Cascia), mentre nella diocesi di Ascoli Piceno a breve dovrebbe iniziare la realizzazione di un centro comunitario ad Arquata del Tronto. Si sono già svolti incontri con le altre diocesi marchigiane per progettare analoghi interventi strutturali a Camerino, Visso, La Maddalena, Fermo (S. Angelo in Pontano, Amandola, Francavilla), Macerata (Tolentino e Macerata), San Benedetto del Tronto (Cossignano e Force). Particolare attenzione viene rivolta alle famiglie delle vittime che risiedono in altri comuni. La Cei ha, inoltre, messo a disposizione di ogni diocesi interessata 300mila euro per interventi su edifici ecclesiastici, destinati al culto e alla pastorale.
Lavoro congiunto. La presenza della Chiesa nelle zone colpite va di pari passo con quella delle Istituzioni, a partire dalla Protezione Civile, impegnate nella ricostruzione. Il lavoro congiunto e costante di questi mesi con il commissario straordinario per la ricostruzione, Vasco Errani, e il ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo ha portato la Cei alla firma di un Protocollo d’Intesa, alla costituzione di un Tavolo tecnico e all’istituzione di una Consulta per i beni culturali di interesse religioso. Lo scopo è anche quello di mantenere salda l’identità delle comunità terremotate che hanno nella fede e nel legame con le loro Chiese uno dei punti di forza da cui ripartire.
Fonte agensir.it/Daniele Rocchi