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Con il cuore a Gerusalemme: pensieri nella grotta della Vergine

La Chiesa di Sant’Anna custodisce la “grotta della natività della Vergine” e si trova accanto al luogo della piscina Probatica del Tempio di Gerusalemme. Numerosi e interessanti sono i collegamenti spirituali offerti alla nostra meditazione da questo felice accostamento tra la miracolosa piscina del racconto evangelico e la figura della Santissima Madre di Dio.

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Santa Maria alla Probatica – I crociati cristiani che giunsero a Gerusalemme nel 1099 – avendo trovato sul luogo della probatica solo rovine della distruzione operata dai musulmani – ricostruirono questi luoghi sacri distinguendo la memoria della Natività della Vergine, da quello del miracolo operato da Gesù, affidato a una piccola ma singolare cappella a tre piani, che permetteva di scendere nella piscina sino ad attingere la poca acqua che ancora si trovava. Invece in epoca bizantina, sotto il Pontificato di Giovenale (V secolo), effettivamente il luogo della Nascita della Vergine e l’episodio evangelico della guarigione furono quasi unificati in un unico memoriale, tanto che divenne comune parlare di “Santa Maria alla Probatica”. Potremmo chiederci se questo nome voglia indicare una mera contiguità spaziale (Santa Maria nel luogo della piscina probatica) oppure anche un collegamento spirituale tra la piscina del racconto evangelico e la figura della Santissima Madre di Dio. Per quanto il nome non dica più che la prima, non è ardito pensare che la Provvidenza divina abbia voluto accomunare queste due memorie proprio per suggerirci una comprensione più profonda di entrambe.
Innanzitutto la storia ci trasmette il ricordo di questa piscina a cinque portici come “piscina probatica”, ovvero la piscina in cui le pecore (in greco probaton) venivano portate ad essere lavate prima di essere sacrificate sull’altare del vicino Tempio di Gerusalemme, attività legata quindi in qualche modo a san Gioacchino che era appunto un allevatore. In secondo luogo viene il racconto evangelico di Giovanni: un uomo, da trentotto anni malato, giaceva un sabato con un gran numero di infermi presso la piscina di Bethesda (1), quando Gesù, arrivato a Gerusalemme, gli chiese se avesse voluto guarire. La risposta del malato è una delle pagine più curiose del Vangelo: «Signore, non ho nessuno che m’immerga nella piscina quando l’acqua si agita. Mentre infatti sto per andarvi, un altro scende prima di me». Infatti – come chiosa l’Evangelista – ogni tanto un Angelo scendeva ad agitare l’acqua della piscina, e il primo che vi fosse entrato sarebbe guarito, ma purtroppo ciò era impossibile al povero storpio. Per questo Gesù stesso lo guarì direttamente, nonostante fosse sabato: «Alzati, prendi la tua barella e cammina» (Gv 5,1-9).

La piscina di Bethesda: il Grembo di Maria

Sant’Agostino, commentando questo testo, pone molta attenzione all’aspetto numerico: i cinque portici della piscina rappresenterebbero la Legge mosaica (i cinque libri del Pentateuco), che raccoglieva gli infermi ma non era in grado di sanarli dal peccato; mentre i 38 anni del paralitico, con un calcolo abbastanza raffinato (2), rappresenterebbero la condizione dell’umanità peccatrice in attesa del Cristo. La piscina, dunque, che con la sola legge ebraica non riusciva a sanare tutti ma solo pochi privilegiati, ora con l’arrivo del Cristo e della legge della Grazia e della Carità, diviene mezzo universale di salvezza e guarigione dal peccato per tutti gli uomini sulla faccia della Terra. L’acqua curativa e miracolosa della piscina di Bethesda è dunque il simbolo migliore per rappresentare quel Battesimo che apre a tutti le vie di salvezza, e non solo ai giudei. L’umanità peccatrice, in attesa del Messia, si raduna proprio in quel luogo dove Maria Santissima ebbe a nascere, come se l’anelito e il desiderio trepidante di un Salvatore trovassero ristoro e speranza nella nascita della Vergine, Madre del Redentore e causa della nostra salvezza, come afferma sant’Ireneo. Maria Santissima poi, come molti Padri ci trasmettono (sopra tutti san Leone Magno), è ben simboleggiata dall’acqua battesimale, nella quale l’anima viene purificata e rinasce nella forma di Cristo. Come la piscina di Bethesda serviva a mondare gli agnelli destinati ai sacrifici del Tempio, rendendoli del tutto simili all’“agnello senza macchia” – capro espiatorio per le infedeltà d’Israele – così il Grembo di Maria, nel quale rinasciamo spiritualmente, ci toglie il peccato originale e tutti gli altri peccati, configurandoci a Cristo, vittima pura e innocente per la salvezza del mondo. Aggiungiamo poi che il nome Bethesda, significa appunto “casa della misericordia”, un bel titolo da collegare a Colei che la pietà cristiana chiama da secoli “Madre di misericordia”.
Non a caso quindi i Cristiani decisero di edificare, in maniera spettacolare – basti pensare che gli archi affondavano le loro basi nella piscina profonda 50 m –, una Basilica bizantina nel luogo di questa piscina, bella e significativa immagine della Redenzione dal peccato, e di legarla alla memoria di Maria Santissima e della sua Natività: è nel Grembo di Maria che dobbiamo «rinascere di nuovo» (Gv 3,7), come disse Gesù a Nicodemo, perché lì la nostra anima viene purificata e rinasce secondo la forma di Cristo. A giusto titolo quindi san Sofronio, patriarca di Gerusalemme, poteva scrivere: «Un tempo qui l’angelo della guarigione scendeva a risanare un infermo; oggi molti risanati lodano con noi la Madre di Dio, loro benefattrice».






Il Tempio di Dio e il Tempio di Gerusalemme

Altre singolari circostanze della Provvidenza divina meritano di essere segnalate: non è difficile calcolare come l’anno della nascita di Maria coincida all’incirca con quello della fine della costruzione del Tempio di Erode (3). Mentre dunque il Tempio di Gerusalemme, unico centro del culto giudaico e luogo della “presenza divina”, prendeva la sua forma definitiva e meravigliosamente ricca, a poche centinaia di metri di distanza, al di là della fenditura (che dava il nome al quartiere di Betzata), ecco che Maria Santissima, nell’umiltà e nascondimento della casa di Gioacchino, nasceva al mondo.
Mentre il Tempio di Gerusalemme era ancora veramente il Tempio di Jahvè, il luogo scelto da Dio per abitarvi, ecco che vedeva la luce Colei che sarebbe divenuta in senso ancor più perfetto Tempio di Dio, sua dimora e sua abitazione. Maria Santissima fu scelta infatti dall’Onnipotente per portare in grembo per nove mesi il Verbo Incarnato, per essere il “paradiso terrestre” della Seconda Persona della Santissima Trinità, che avrebbe compiuto la riconciliazione perfetta tra Dio e gli uomini. Come san Gioacchino dava al Tempio gli agnelli da sacrificare, che dovevano però essere prima purificati nella piscina, così Maria Santissima, pura da ogni macchia del peccato, diede alla luce l’Agnello senza difetto e senza macchia, tenendolo prima per nove mesi nel suo purissimo Grembo. Con la venuta al mondo di Gesù e con la pienezza della Rivelazione infatti il culto giudaico cessava la sua funzione: la figura e l’immagine, cioè gli antichi riti giudaici (come il sacrificio degli agnelli), infatti cedevano il posto alla realtà di Cristo, l’agnello immolato, e dei Sacramenti affidati alla Chiesa. Lo squarcio del velo del Tempio, alla morte di Gesù, indicò chiaramente a tutti gli ebrei che il Tempio di Gerusalemme – egemonizzato proprio da coloro che avevano condannato Gesù non riconoscendolo come Messia – aveva cessato la sua funzione di mediazione tra Dio e gli uomini, e la distruzione definitiva del Tempio nel 70 d.C., ad opera di Tito, impedì persino di ripetere materialmente quei riti ormai divenuti vani agli occhi di Dio. Non così per Maria Santissima che, dopo aver ospitato il Verbo Incarnato per nove mesi, continuò a essere un Tempio di Dio vivente, in quanto la “Piena di Grazia” ospitava permanentemente e in maniera perfetta quella presenza della Santissima Trinità che è concessa a tutte le anime in Grazia. Maria pertanto ha meritato dalla Tradizione di essere detta “tabernacolo di Dio” e “casa di Dio”, sia per la sua Maternità Divina, sia per la perfezione della sua anima, che mai cessava di essere inabitata dalla divinità e dalle sue santissime operazioni.
Forse proprio per sottolineare la perpetuità di Maria nell’essere Tempio di Dio, la Provvidenza ha fatto sì che, mentre il Tempio di Gerusalemme, distrutto nel 70 d.C., non sarebbe stato mai più riedificato (anzi sulle sue rovine sarebbero sorti prima templi pagani, poi una Basilica cristiana e infine due moschee), la semplice e umile grotta della Natività di Maria si sarebbe conservata nel tempo, persino nella turbinosa storia gerosolimitana. Dopo la riconquista musulmana di Gerusalemme nel 1187 infatti la Chiesa di Sant’Anna fu tra i pochi edifici di culto che sopravvissero alla barbarie islamica: Saladino anziché distruggerla la convertì in una madrasa (una scuola di diritto islamica), nella quale sempre la grotta della Natività di Maria fu conservata con venerazione. Anzi ai pellegrini cristiani, dietro pagamento di un tributo, fu concesso nei secoli di visitarla, per quanto calandosi da una piccolissima finestrella esterna, e ai Francescani di celebrarvi la Santa Messa nelle feste dell’Immacolata e della Natività di Maria. Per completare questo quadro in cui l’opera provvidenziale di Dio, Signore della storia, emerge prepotentemente è bello segnalare un’altra circostanza: la Chiesa di Sant’Anna, e così la grotta della Natività di Maria, ritornarono cristiane nel 1856 quando furono cedute dal sultano Abdul Megid alla Francia di Napoleone III, che l’affidò ai Padri bianchi del Cardinal Lavigerie, un Ordine religioso missionario francese. Ciò rientrava nelle trattative della Conferenza di pace di Parigi, in seguito alla guerra di Crimea, che aveva visto il definitivo trionfo della Francia sul sultano nella battaglia di Malakoff (Sebastopoli). Volete sapere in che data si tenne questa battaglia? Nemmeno da chiederlo. La risposta è scontata: proprio l’8 settembre!

NOTE

1) Il nome ebraico della piscina s’incontra con varianti nei vari manoscritti del Vangelo di Giovanni: Betzetà (dal nome del quartiere), Bethsaida (come una città della Giudea) o, più probabile, Bethesda, letteralmente “casa della misericordia”.

2) Per sant’Agostino il 38 deriva dalla sottrazione 40-2, ove 40 rappresenta la perfezione dell’osservanza della legge ebraica (i 10 Comandamenti moltiplicati per i quattro punti cardinali) mentre 2 costituiscono i due precetti della carità, che mancano appunto alla legge ebraica.

3) Dal Vangelo di Giovanni sappiamo che quando Gesù iniziò la sua missione il Tempio di Erode era stato costruito da 46 anni, quindi circa 16 anni prima della nascita di Gesù, cioè all’incirca quando Maria Santissima nasceva, dato che secondo le tradizioni ebraiche le fanciulle si sposavano verso i 14 o 15 anni.




Fonte www.settimanaleppio.it

 

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