Ha fatto scandalo l’omelia di oggi di Papa Francesco a Santa Marta che parla dei cattolici che fanno scandalo. Ha fatto scandalo perché il Papa, fedele a quanto scrive in Evangelii Gaudium 38, al momento di esemplificare gli scandali dei cattolici non ha parlato, come avrebbero fatto molti, di sesso, di adulterio o di amanti. E neppure di aborto e di eutanasia. Ha parlato del lavoro e di quei cristiani che dicono “vado sempre a messa, appartengo a questa associazione e a un’altra” ma non danno lo stipendio all’operaio trovando però, allo stesso tempo, “il denaro per trascorre le vacanze d’inverno su una spiaggia in Medio Oriente”.
Dopo essere stato durissimo contro la pedofilia dei preti, guarda ad un male più “banale” ma non per questo meno grave visto che si nasconde sotto le spoglie della quotidianità, della routine, del “e io che faccio di male?”.
Chi non dà la giusta paga all’operaio non può dirsi cristiano perché ha un dio che non è Dio ma si chiama denaro, potere, sete di successo. Chi è ingiusto sul lavoro, non custodisce il proprio prossimo: perché il lavoro e lo stipendio non sono solo la possibilità di andare avanti ma radice di dignità spirituale, umana e civile. Il Papa si scaglia contro il cristiano che dà scandalo come imprenditore perché chi non si interessa di sicurezza sul lavoro o di cura dell’ambiente sta distruggendo l’opera del creatore e derubando risorse alla natura e alla gente: uccide e ruba. Se cattolico vuol dire universale, essere corrotti significa pensare solo a sé senza un atteggiamento ecologico verso sé stessi e i fratelli.
Il Papa si è scagliato tante volte contro la mormorazione perché le parole uccidono e dividono mentre Dio è amore che unisce; il Papa si è scagliato tante volte contro i legalisti perché è troppo facile mettere sulle spalle delle vite altrui “valori ” senza, come invece ha fatto Gesù, dare anche forza ed energie a quelle vite. Oggi, con la stessa forza, si scaglia contro imprenditori che si dicono cristiani ma riciclano il denaro o non pagano le tasse.
Con le sue omelie a Santa Marta, il papa sta chiamando la Chiesa ad un grande esame di coscienza. A testimoniare con le opere la sequela di Cristo: sequela che significa amore gratuito e totale. Spinge ad una donazione che parte dalla quotidianità, dall’apertura, dall’accoglienza. Dalla voglia di fare un cammino insieme dove il senso di filiazione divina – e quindi di unità – sia la leva più forte dell’agire di ciascuno.
Di Don Mauro Leonardi
Articolo tratto da IlFaroDiRoma