Riconosciuto il legame tra due gemelli nati negli Usa da maternità surrogata, il loro padre genetico e il suo compagno. È la prima volta che accade in Italia. Roccella: così si legalizza la surrogata.
Tre leggi calpestate in nome della “comune aspirazione alla genitorialità” di due uomini omosessuali. In un colpo solo la Corte d’appello di Trento ha sdoganato l’utero in affitto in salsa gay – e questo non era mai capitato – l’adozione omosessuale e ignorato i divieti della legge 40. Se l’obiettivo era quello di permettere al partner di un omosessuale di essere iscritto all’anagrafe come “secondo padre” di una coppia di bambini nati con l’utero in affitto, i giudici trentini l’hanno centrato in modo perfetto. Tutto da dimostrare invece che la scelta sia stata fatta, come scrivono gli stessi giudici, in nome del “superiore interesse del minore”.
Un luogo comune ormai stucchevole a cui si ricorre quando mancano altri argomenti. Chi può stabilire che il fatto di avere due “padri” possa davvero rappresentare per un bambino una condizione favorevole? O, al contrario chi può accertare, come scrivono i giudici, che il mancato riconoscimento dello “status filiationis” finirebbe per determinare “un evidente pregiudizio per i minori” a causa della mancanza del secondo “padre”?
Non solo la tesi della “nessuna differenza” tra genitori eterosessuali e coppie omosessuali non ha alcun fondamento né scientifico né esperienziale, ma soprattutto si ignora il fatto che in questo “status filiationis” è risultata determinante una madre poi cancellata, grazie a un cospicuo assegno, dall’egoismo di due uomini. Come verrà raccontato questo fatto ai due bambini coinvolti loro malgrado in questa vicenda? Per questi e per tanti altri motivi, tutti ugualmente inquietanti, la sentenza rappresenta una pericolosa fuga in avanti rispetto a quella già molto problematica pronunciata dalla Cassazione lo scorso anno – richiamata nel testo – a proposito di una figlia concepita in Spagna da due donne con la fecondazione eterologa.
Il fatto
La prima sezione della Corte d’Appello di Trento ha deliberato il 23 febbraio di dare «efficacia nell’ordinamento giuridico italiano del provvedimento emesso dalla “Superior Court of Justice” del Canada con il quale veniva riconosciuto il legame tra due gemelli nati nel Paese (e dunque cittadini canadesi in base al principio regnante dello jus soli) da maternità surrogata, il loro padre genetico e il suo compagno. È la prima volta che una coppia di persone omosessuali si vede riconoscere da un tribunale italiano un rapporto che affianca al genitore anche il suo partner, anche se si parla impropriamente di “due papà”. La notizia è stata diffusa dal sito www.articolo29.it che si dedica a informazioni e approfondimenti su «famiglia, orientamento sessuale, identità di genere».
L’ordinanza del tribunale trentino, si legge, ha riconosciuto efficacia «al provvedimento straniero che stabiliva la sussistenza di un legame genitoriale tra due minori nati grazie alla gestazione per altri e il loro padre non genetico», dove il concetto di genitorialità viene qui esteso dove la legge non è arrivata. Non ancora, almeno.
Precedentemente l’ufficiale di stato civile di un Comune trentino aveva respinto la richiesta di aggiungere all’atto di nascita dei bambini (che oggi hanno più di sei anni) il secondo componente della coppia come padre, ritenendo contrario all’ordine pubblico l’atto emesso in Canada, poiché per la legge italiana i genitori devono necessariamente essere di sesso diverso. La Corte d’Appello ha dato torto all’ufficiale di Stato civile.
Una ordinanza che ha fatto sobbalzare molti commentatori, perché il Tribunale di Trento fa entrare dalla finestra ciò che era rimasto chiuso fuori dalla porta nella legge sulle unioni civili, cioè la stepchild adoption. Si introduce un principio di “oggettiva gravità”, dice il Centro studi Rosario Livatino, «secondo cui il “superiore interesse del minore” consiste nel caso specifico nell’avere due “genitori” dello stesso sesso. Ciò consegue come effetto alla continuità giuridica in Italia di una situazione di diritto determinata in un ordinamento che riconosce l’“utero in affitto”».
«Logica conseguenza della legge sulle unioni civili tanto voluta da Renzi e Alfano”, sintetizza in una nota Eugenia Roccella, parlamentare di Idea. “Il tribunale – prosegue – ha semplicemente riconosciuto il certificato di nascita di uno Stato estero, con cui si attestava la doppia paternità dei bimbi nati con l’utero in affitto. Nessuna procedura di adozione, dunque, ma la legalizzazione di fatto di una pratica, la gestazione a pagamento, che in Italia sarebbe tuttora illegale. Questo risultato era però prevedibile, e probabilmente previsto, – attacca la parlamentare – nel momento in cui è stata approvata la legge sulle unioni civili. Con il comma 20, infatti, è stato dato un chiaro messaggio ai giudici, confermandone la possibilità di legiferare nella direzione della genitorialità gay. L’opposizione all’utero in affitto è stata solo formale, da parte delle forze di maggioranza, che non hanno mai intrapreso alcuna iniziativa per perseguire il reato all’estero, come invece il nostro codice penale permetterebbe, se solo ci fosse la volontà politica”.
Di giurisprudenza che supera la legge parla anche Alberto Gambino, presidente di Scienza e vita, in una intervista a Tg2000, il telegiornale di Tv2000. La sentenza, ha aggiunto Gambino, può essere letta come un caso di ‘stepchild adoption’. «Ciò che si è voluto scongiurare con la legge sulle unioni civili sta rientrando dalla finestra con le sentenze dei giudici cioè la possibilità di ritenere padre un signore che è convivente del padre biologico. In Italia la legge sulle adozioni non lo consente neanche alle persone di sesso diverso. Quindi è un’evidente forzatura. La nostra legge sull’adozione lo consente soltanto nel caso in cui due persone siano sposate. In più in questo caso abbiamo saputo sullo sfondo che c’è una surrogazione di maternità. Quindi addirittura abbiamo di fronte la nascita di un bambino attraverso l’affitto dell’utero da parte di una donna. È uno sfruttamento aberrante”.
Le conseguenze
Ma, utero in affitto a parte, va considerata con grande preoccupazione anche questa nuova apertura all’omogenitorialità. Negli ultimi dodici mesi, sono almeno una decina le sentenze favorevoli all’adozione da parte di coppie omosessuali. Anche in questo caso, appare evidente come i giudici abbiamo considerato ammissibile la pretesa adultocentrica espressa da due omosessuali, superando il dettato dell’ex articolo 44 sulle adozioni. Perchè questa è ormai evidentemente la posta in palio. Arrivare cioè alla discussione per la riforma della legge 184 – il cammino è stato avviato con la pubblicazione del Documento conclusivo dell’indagine realizzata dalla Commissione giustizia della Camera – con un carniere ben nutrito di sentenze favorevoli all’omogenitorialità così da costituire un alibi insuperabile. Ma le emergenze evocate dai giudici di Trento – a partire dal presunto rischio di pregiudicare la perdita dell’identità familiare con conseguente danno per i bambini – non possono essere condensate e risolte in una sentenza. E neppure affrontate solo da un giudice.
Fonte: www.avvenire.it