Nel pomeriggio, padre Michelini ha tenuto la sua sesta meditazione sul processo subito da Gesù e la moglie di Pilato (Mt 27,11-26). Una meditazione scritta a più mani, con una coppia di sposi, i coniugi Mariateresa Zattoni e Gilberto Gillini, coi quali il religioso collabora da diversi anni predicando esercizi spirituali alle famiglie e per altri incontri di formazione, e coi quali ha scritto diversi libri che presentano una doppia forma di lettura del testo biblico, esegetica e contestuale familiare. Padre Michelini ha detto che la lettura e l’esegesi della Scrittura non sono prerogativa dei consacrati o degli addetti ai lavori, e che le coppie e le famiglie devono essere aiutate a praticarla, cosa – ha detto – che finora non sembra essere stata fatta in modo convinto nella Chiesa.
In un primo punto il predicatore si è soffermato sulla scelta fatta da Ponzio Pilato, tra Gesù e Barabba, e ha ricordato l’interpretazione riportata da Benedetto XVI riguardante una variante testuale registrata da Origene, sul nome di Barabba, lo stesso di “Gesù”. Ha poi spiegato come questo sia importante per capire il complesso sistema con il quale l’evangelista Matteo vede l’efficacia del sangue di Gesù per il perdono dei peccati. Questo sistema teologico messo in atto da Matteo però non ci deve far perdere di vista la dimensione umana di un fatto apparentemente scontato e che è di una gravità inaudita: due uomini – e non semplicemente due capri (come quelli che Matteo avrebbe immaginato, ricostruendo la scena dello Yom Kippur per illustrare la morte del Messia) – sono l’uno di fronte all’altro, e solo uno sopravvivrà.
È stato così evocato il romanzo di William Styron, Sophie’s Choice, nel quale si racconta di una giovane madre costretta da un ufficiale nazista a scegliere tra quale dei due suoi figli mettere a morte. Padre Michelini ha concluso che purtroppo il popolo ebraico è stato, per secoli, accusato di deicidio dai cristiani. Finalmente, questa assurda accusa è stata smontata a tutti i livelli. Ma non dobbiamo dimenticare – ha aggiunto – che secondo la passione di Matteo questa accusa non avrebbe mai dovuto aver presa, nemmeno da un punto di vista semplicemente logico: perché, come nel caso di Sophie, che è costretta a mandare a morte la propria bambina, la responsabilità di questa terribile decisione viene da chi ha messo in condizione la folla di scegliere, ovvero il prefetto romano.
Nel secondo punto Michelini ha letto il contributo dei due coniugi Gillini-Zattoni. Questi notano come nel gioco di potere maschile, la complicità tra un sommo sacerdote e Pilato, irrompa la voce tenue di una donna, ma solo attraverso un messaggero, perché «mentre gli uomini giocano la loro partita non le è permesso accostarsi». La moglie di Pilato può però legittimarsi di fronte a questi uomini perché, dice, «ha sofferto molto» (Mt 27,19) a causa di quel “giusto”, Gesù.
Infine, sono stati presi in esame i cinque sogni del Vangelo dell’infanzia secondo Matteo, e il sogno della moglie di Pilato. Questi sogni vanno visti nel loro insieme, perché rappresentano quello che potremmo chiamare il “sogno di Dio”: la salvezza del figlio (che tramite i sogni dell’inizio del Vangelo sfugge a chi lo vuole uccidere). Ma se Giuseppe e i Magi capiscono quello che devono fare, e nonostante la debolezza di quanto ricevuto lo mettono in pratica (il sogno è solo “un sessantesimo” della profezia, secondo il midrash); Pilato, invece, non ascolta la voce della moglie, non ascolta i sogni, è solo interessato – come già Erode – a conservare il potere.
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Consultare anche: Introduzione, prima meditazione, seconda meditazione,terza meditazione , quarta meditazione , quinta meditazione
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Fonte: it.radiovaticana.va