Nell’agosto del 1993 un incidente stradale le ha segnato «corpo, cuore e anima». Le sfigurò il primo, ruppe il secondo, ma salvò la terza. 22 anni dopo Paola Turci racconta quell’esperienza nel libro «Mi amerò lo stesso» (Mondadori).
L’INCIDENTE, UNA SVOLTA DI VITA
Il trauma è stata un’occasione di rinascita per Paola. «L’incidente – racconta al settimanale Vanity Fair del 10 maggio – mi ha aperto un lato nuovo, ho ritrovato ad esempio l’aspetto ironico che avevo dentro e che non esprimevo a pieno, ereditato da mio padre», racconta. «E quindi quando mi sono ritrovata con questa macchina capovolta, mi è venuto paradossalmente da ridere per la felicità delle mie paure di prima e che sembravano adesso così lontane».
IL BAGNO NELL’ACQUA DI LOURDES
L’ironia è riuscita a fargli scoprire anche una cosa che non aveva: cioè la fede. Perché Paola Turci prima di quell’episodio era una non credente. «Mi sono ritrovata a Lourdes, da atea, profondamente atea. Quando mi hanno detto di andare a messa ho detto lasciate perdere, non fa per me. E invece lì è cominciato qualcosa di inspiegabile: non ho avuto visioni, ma mi sono bagnata nell’acqua e ho sentito qualcosa. Questo è un altro di quei temi che ho fatto sempre difficoltà a confessare: oggi io credo, anche se non vado a messa, non pratico, ma credo».
“PRIMA NON RIUSCIVO A VEDERE DIO”
Prima, evidenzia la cantautrice, «credevo che il Vangelo fosse una cosa creata dagli uomini, ero convinta che Dio non esistesse. Però allo stesso tempo invidiavo le persone che avevano fede per la loro gioia, la serenità. Ero così ignorante, avevo qualcosa sugli occhi che mi impediva di vedere anche la verità. Avevo dato le spalle alla fede, ma mi mancava anche la conoscenza, la cultura religiosa». Tant’è che a Lourdes «sono andata senza convinzione, trascinata da un’amica» (La Luce di Maria, 9 maggio).
Le difficoltà ricominciarono proprio al ritorno di quel viaggio. «Ho avuto un momento di cecità, che è durato quasi un mese – confida ancora a Vanity Fair – Poi mi sono informata e ho saputo della storia di San Paolo: ho fantasticato su possibili similitudini – ovviamente con le dovute distanze – con l’illuminazione di Paolo. E io mi chiamo Paola. Insomma, da quel momento ho sentito di credere».
L’incontro con un’umanità sofferente in cerca della guarigione dell’anima ancor prima di quella del corpo, lì a Lourdes, il terremoto di Haiti poi. Pagine intense e crude, dove emerge la sua sensibilità ed allo stesso tempo la sua forza di carattere. E poi l’impegno solidale con la Fondazione Francesca Rava ed Emergency. In prima linea come testimonial per supportare queste due autorevoli voci che fanno del volontariato e dell’aiuto ai poveri e bisognosi una ragiona di esistenza. La stessa ragionando che ora per Paola è una bandiera di vita.
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Fonte: www.medjugorje-italia.com