La benedizione del Pontefice a Giulia Bottacin: nel 2014, a 26 anni, subì un gravissimo incidente stradale. Stette in coma 2 mesi. Le preghiere della famiglia e degli amici.
Aveva preparato il breve discorso da fare, in spagnolo, lingua che come l’inglese è stata l’oggetto di studio del suo corso universitario.
Ma quando si è trovata davanti papa Francesco non è riuscita a dire nulla. “Sono rimasta senza parole, è stata mamma a raccontargli che tre anni fa ho avuto un incidente molto grave”, confida Giulia Bottacin, 30 anni, che questa mattina in piazza san Pietro è stata benedetta dal pontefice. Finalmente di persona.
Tre anni fa erano stati il fratello Alberto e il papà Valerio a portare a Bergoglio la foto che la immortalava con Giovanni Paolo II. “È stato pazzesco, ho avuto la sensazione – rivela la ragazza – di incontrare una persona che mi conoscesse da sempre. Sono sicura che quello che volevo comunicargli lo ha capito dal mio sguardo”. Si considera “una miracolata, nei fatti e non per modo di dire”, Giulia.
A fine gennaio 2014 era ad Orlando, in Florida. Aveva terminato il contratto di lavoro alla Disney e aveva deciso di trascorrere due settimane di vacanza prima di tornare a casa, a Paese, a pochi chilometri da Treviso. Era al semaforo quando un’altra macchina è piombata sulla sua. Cinquantaquattro giorni di coma, il rientro in Italia a bordo di un volo di Stato e il risveglio.
“La strada è lunga, ma bisogna pensare positivo e trovare la forza in se stessi. Non conta quanto tempo impieghi per raggiungere un traguardo, l’importante è farcela. E io ce l’ho fatta”, dice Giulia che non si è mai data per vinta. “Cammino con le mie gambe, il mio cervello, nonostante il danno subito, è a posto, mi ricordo le lingue che ho imparato, parlo anche se ancora non benissimo”, elenca la ragazza che, con orgoglio, aggiunge: “Ho fatto dieci lezioni di guida e ho ripreso la patente”. Del resto, Giulia ha imparato “che la vita è molto più sottile di quello che si possa pensare e che per questo non bisogna dare nulla per scontato”. Così continua la riabilitazione e ad “affrontare tutto ciò che si deve”.
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“Se mi sono svegliata – sorride – è perché la mia famiglia e tanti amici hanno pregato per me. Migliorare è il mio modo per ringraziare tutti quelli che hanno creduto in me e per il dono di questa seconda vita”. “Nella nostra storia, c’è un ‘prima’ e c’è un ‘dopo’, con obiettivi e parametri diversi, ma non ci arrenderemo mai e andiamo avanti, facendo tutto il possibile perché Giulia possa migliorare sempre di più”, osserva mamma Daniela che insieme al marito e al figlio è sempre stata accanto alla ragazza. “La fede – ammette – ha fatto la differenza, ci ha aiutato ad avere fiducia, a non abbatterci”.
Anche quando al telefono hanno ventilato l’ipotesi che avrebbero potuto non rivedere Giulia viva, anche quando i medici non si sbilanciavano sulla diagnosi. “Ci abbiamo creduto, non abbiamo mai perso la speranza: quando era in coma, le siamo stati vicino, fisicamente, le facevamo ascoltare i messaggi vocali che i suoi amici le inviavano via whatsapp e le canzoni contenute sul suo lettore musicale”, racconta Alberto. È stata una battaglia dura, ma ora Giulia vuole essere un esempio per gli altri. Perché la sua storia è un inno alla vita.
Fonte: www.avvenire.it