Tutto è partito da una «pallina» nel collo. Da quel piccolo sintomo, due anni fa, Alessandro Maraner, oggi diciannovenne, ha capito che nel suo corpo c’era qualcosa che non andava. In pochi giorni la diagnosi è precipitata: linfoma non Hodgkin, un tumore maligno.
Alessandro è riuscito a sconfiggere la malattia e a fine giugno ha tagliato un traguardo importantissimo: la maturità. Un diploma da geometra che, quando era in un letto di ospedale, con le difese immunitarie azzerate, gli era sembrato un miraggio, così come la patente, la fidanzata e le serate con gli amici.
Grazie a una straordinaria forza di volontà, all’affetto di mamma Rita e a una comunità, quella trentina, che si è stretta attorno alla famiglia Maraner, ora il diciannovenne di Rovereto può continuare a progettare il suo futuro.
Scoprire di avere il cancro a sedici anni è una batosta che difficilmente si dimentica. «Le palline nel collo si sono moltiplicate, facevo fatica a respirare. Il 6 marzo del 2013 mi hanno ricoverato a Bolzano e lì ho sentito per la prima volta la parola leucemia», ricorda con voce calma Alessandro. «Non sapevo nemmeno cosa fosse un linfoma e per questo non immaginavo cosa mi sarebbe accaduto».
Di lì a poco l’odissea che lo attendeva si è palesata: almeno quattro cicli di chemioterapia, sperando che il tumore si ritirasse e con il rischio di dover affrontare anche un trapianto di midollo. Alessandro frequentava la terza geometri dell’Itcg Fontana e l’idea di dover saltare le lezioni lo faceva inorridire. I successivi sei mesi però li ha trascorsi fuori e dentro dall’Istituto europeo di oncologia a Milano e prendere in mano un libro di estimo o costruzioni era impossibile.
La prima terapia è stata sopportabile, ma già il secondo ciclo ha segnato profondamente il corpo in crescita del ragazzo. «Prima del tumore pesavo 70 chili, la mia statura stava aumentando. Nel giro di pochi mesi ne pesavo 55. Non riuscivo a mangiare, la nausea era fortissima. Ogni singolo microbo per me poteva essere letale».
Con molta fatica «Mera», come lo chiamano gli amici, è stato ammesso in quarta superiore e a settembre è riuscito a recuperare due dei tre debiti formativi che le assenze avevano causato. Con la chemio appena lasciata alle spalle, Alessandro era molto cagionevole di salute e anche quell’anno scolastico è stato segnato da molti giorni trascorsi a letto. Nonostante questo è riuscito a scalare l’ultima montagna e ad approdare in quinta.
Accanto ad Alessandro c’è sempre stata mamma Rita, che ha lottato come una leonessa per dare coraggio al figlio. «Sono andata a parlare con gli insegnanti e nella dirigente scolastica ho trovato tanta comprensione. Per questo devo ringraziare tutta la scuola», spiega la donna, che si è anche rivolta anche al Comune dove le è stato garantito il sostegno di un’assistente sociale.
Quello che il ragazzo non riusciva ad apprendere in classe, lo studiava a casa, durante le ripetizioni private e con l’aiuto degli educatori dell’associazione Ubalda Bettini Girella. «Ancora adesso a volte mi sento terribilmente stanco, ho dei vuoti di memoria – spiega Alessandro -. I medici dicono che la terapia avrà conseguenze ancora per qualche anno, ma non voglio usare la malattia come alibi».
Quando, il 25 giugno, il giovane ha discusso agli orali la sua tesina finale sul progetto di una casa bifamiliare, e quando ha visto appeso il suo 67 fuori da scuola, una gioia immensa ha travolto la famiglia. «Avrei molte persone da ringraziare, dalle bariste che in ospedale mi regalavano i cioccolatini, ai miei colleghi che sono stati splendidi durante questo calvario», dice mamma Rita.
Alessandro non è ancora completamente fuori pericolo, ma il tumore al momento è stato debellato e lui può finalmente avere una vita da teen-ager normale. «Il nostro segreto è stato la positività. Durante le infinite giornate all’ospedale, trascorse guardando film comici e giocando a scala quaranta, mi sono sempre immaginata mio figlio come se fosse già guarito e questo mi ha aiutato. Lui è stato un vero combattente. Con fiducia e tanta buona volontà ha superato la sua prova più difficile, lasciando un messaggio a tutti coloro che si trovano nel disagio: se intorno a noi troviamo amore e impegno, ce la si può fare».
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